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Eco di Maria Regina della Pace 214 (Marzo-Aprile 2011)

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Di null’altro mai ci glorieremo
se non della Croce
di Gesù Cristo, nostro Signore:
egli è la nostra salvezza,
vita e risurrezione;
per mezzo di lui
siamo stati salvati e liberati.
(Gal 6,14)
Messaggio del 25 gennaio 2011:
“Cari figli! Anche oggi sono con voi e
vi guardo, vi benedico e non perdo la
speranza che questo mondo cambierà in
bene e che la pace regnerà nei cuori degli
uomini. La gioia regnerà nel mondo per-
ché vi siete aperti alla mia chiamata e
all’amore di Dio. Lo Spirito Santo cam-
bia la moltitudine di coloro che hanno
detto sì. Perciò desidero dirvi: grazie per
aver risposto alla mia chiamata”.
Sotto lo sguardo di Maria
Sento lo sguardo di Maria su di me, su
tutti noi, sul mondo intero. Lei ci guarda,
ci benedice e nutre la speranza che que-
sto mondo cambierà in bene e che la pace
regnerà nei cuori degli uomini
. Il Suo
sguardo su di noi si adagia compiaciuto, ci
dona la Sua benedizione e ci trasmette la
Sua speranza. Le Sue parole ci consolano,
ma sembrano contenere qualcosa di non
detto, di velato anche se non celato; è come
se la Madre stesse parlando di missione
conclusa.
La speranza sull’evoluzione del mondo
verso il bene, la pace che regnerà nei cuori
degli uomini, la gioia che regnerà nel
mondo perché ci siamo aperti alla Sua
chiamata ed all’amore di Dio
, tutto parla
del trionfo del Regno e sembra che si tratti
di un trionfo ormai vicino.
Tutto questo dovrebbe pienamente ral-
legrarci, eppure c’è qualcosa che mitiga
questa gioia. Forse è il commiato di Maria
che, pur velatamente, sembra emergere dal-
le Sue parole; forse è la paura per l’appros-
simarsi del tempo della mietitura (Mt
13,30); forse è anche solo il turbamento per
novità che trascendono le nostre previsioni
e soprattutto il nostro diretto controllo; non
sappiamo cosa sia ma forse non è su questo
che dobbiamo riflettere perché questo esula
dalla nostra competenza e sorpassa la
nostra scienza.
Ciò che a noi compete, ciò che dobbia-
mo fare, è manifestare pubblicamente quel-
lo che abbiamo ricevuto e imparato da Lei.
Anche Gesù ha iniziato la Sua opera pub-
blica circa dopo gli stessi anni. Questa
similitudine di tempi è una semplice coinci-
denza o un ulteriore segno che ormai è
giunto il tempo della rivelazione dei figli di
Dio
(cfr Rm 8,19)? Certo, se fossimo stati
più attenti, più umili, più solerti avremmo
potuto rendere più brevi i giorni che manca-
no al ritorno di Cristo, ma ora non perdia-
mo ulteriore tempo a recriminare. Maria dà
un giudizio positivo, forse più positivo di
quello che molti di noi meritiamo, ma ora
rimbocchiamoci le maniche e prepariamoci
in fretta per non essere colti di sorpresa.
“Il tempo è ormai vicino”, sembra dirci
tutto il Messaggio ed un ulteriore segno ci
sembra contenuto nelle ultime due frasi:
quella sull’azione dello Spirito e quella che
conclude il Messaggio. Lo Spirito Santo
cambia la moltitudine di coloro che han-
no detto sì
. Fra questi ci sono certamente
coloro che si sono aperti alla Sua chiama-
ta e all’amore di Dio,
cioè che hanno
accolto Maria e Gesù, i Messaggi di Lei, e
il Figlio amato, l’Amore incarnato. Lo Spi-
rito Santo raccoglierà il loro e lo inneste-
rà nel Fiat di Maria «Ecco la serva del
Signore: avvenga per me secondo la tua
parola» (Lc 1, 38) e nel di Gesù, «Ecco,
Io vengo per fare, o Dio, la Tua volontà»
(Eb 10,7).
Questo intervento dello Spirito non ci
ricorda quello promesso da Gesù a consola-
zione dei discepoli smarriti e tristi per il
commiato da Lui annunziato (Gv 16,1-11)?
Non è la stessa cosa che oggi Maria sembra
fare con noi? Ed ancora: il ringraziamento
per aver risposto alla Sua chiamata
, pre-
ceduto da quel “Perciò desidero dirvi”
non suona più un “addio” che un “arrive-
derci”?
In ogni caso, sia che cesseranno i Suoi
Messaggi da Medjugorje sia che continue-
ranno, noi tutti saremo sempre sotto il Suo
sguardo benevolo e materno che ci accom-
pagnerà fino alla fine dei tempi e per l’eter-
nità! Pace e gioia in Gesù e Maria.
Nuccio Quattrocchi
Messaggio del 25 febbraio 2011:
“Cari figli, la natura si risveglia e
sugli alberi si vedono le prime gemme
che porteranno un bellissimo fiore e frut-
to. Desidero che anche voi, figlioli, lavo-
riate sulla vostra conversione e che siate
coloro che testimoniano con la propria
vita, così che il vostro esempio sia il
segno e l’esortazione alla conversione
per gli altri. Io sono con voi e davanti a
mio Figlio Gesù intercedo per la vostra
conversione. Grazie per aver risposto
alla mia chiamata”.
Testimoniare con la vita
Dio, nella sua bontà e sapienza, si rive-
la all’uomo. Con eventi e parole rivela Se
stesso e il suo disegno di benevolenza, che
ha prestabilito dall’eternità in Cristo a
favore dell’umanità. Tale disegno consiste
nel far partecipare, per la grazia dello Spi-
rito Santo, tutti gli uomini alla vita divina,
quali suoi figli adottivi nel suo unico Figlio
(Compendio al Catechismo della Chiesa
Cattolica, tesi 6). Creati ad immagine di
Dio, Adamo ed Eva vivono nell’Eden al
Suo cospetto, possono dialogare con Lui.
La separazione è conseguenza del primo
peccato, della lusinga di potersi fare come
Lui, senza di Lui, anzi contro di Lui
, ascol-
tando ben altra voce che la Sua.
Il peccato originale esprime la volontà
dell’uomo, abilmente solleticata dal serpen-
te, di fare a meno di Dio e la conseguenza è
la cacciata dell’uomo dall’Eden: l’uomo
non può più coabitare con Dio. Ma Dio non
rinuncia al Suo Progetto e poiché l’uomo
non può elevarsi a Dio è Dio che si fa
uomo! Ora non è più l’uomo che si fa come
Lui ma è Lui, Dio, che in Cristo ci innalza
a Sé, se l’uomo accoglie questa azione di
grazia, se si lascia convertire a Lui.
A questa conversione ci chiama Maria,
esprimendo il desiderio che fiorisca la
nostra conversione, similmente alla fioritu-
ra delle gemme che già spuntano sugli albe-
ri. È questa conversione che porterà un bel-
lissimo fiore e frutto: la vita di Gesù nel-
l’uomo. L’Albero della vita, negato all’uo-
mo perché non viva in eterno (Gen 3,22-
24), è ora Gesù che a noi si offre Cibo di
Vita eterna
: non è questo che avviene nella
S.S. Eucaristia?
Desidero che anche voi, figlioli, lavo-
riate sulla vostra conversione e che siate
coloro che testimoniano con la propria
vita
. Maria ci esorta anzitutto alla conver-
sione e quindi alla testimonianza di vita.
Non si tratta di cambiare qualcosa nella pro-
pria vita, non basta fare qualche “opera buo-
na”, non è sufficiente correggere qualche
particolare. Non basta neanche cambiare
radicalmente vita se questo cambiamento è
solo opera nostra che non lascia spazio
Marzo - Aprile 2011 - Edito da Eco di Maria,Via Cremona, 28 - 46100 Mantova - TEL. 0039/338.6708931
A. 27, n. 3 - 4 "Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 2, DCB Mantova
214
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S
EGNI DEI
T
EMPI
(Verità e menzogna)
Ciò che oggi viviamo non è il trionfo
del male. Ciò che accade nelle nostre fami-
glie, nelle nostre città, nel mondo, non è
solo male, non indica il trionfo del male, ma
piuttosto svela e rivela la lotta fra bene e
male, fra Dio e mammona, fra Verità e men-
zogna. Una lotta sempre più aperta, sempre
più “globale” e perciò stesso sempre più
vicina al suo epilogo, alla sua fine che per
noi cristiani non può avere incognite.
Noi sappiamo che il Regno di Dio
trionferà e questa certezza illumina le
nostre menti ed i nostri cuori e questa fede
ci consente di schierarci senza paura: «Non
abbiate paura di quelli che uccidono il cor-
po, ma non hanno il potere di uccidere l’a-
nima; abbiate paura piuttosto di colui che
ha il potere di far perire nella Geènna e l’a-
nima e il corpo» ci dice Gesù (Mt 10, 28) e
queste parole ci convocano ad appellarci a
tutti gli “uomini di buona volontà”, cioè a
tutte le persone la cui volontà è orientata
alla verità, alla pace, alla giustizia, insom-
ma al rispetto di tutti quei valori che sono
alla base della convivenza civile, a fonda-
mento del bene comune.
La Verità non è appannaggio perso-
nale di qualche uomo, né di questo o quel-
lo schieramento politico: nell’uno e nell’al-
tro caso sarebbe una verità di parte e dun-
que non sarebbe la Verità. Noi credenti in
Cristo Gesù dovremmo ben sapere che la
Verità è Lui e solo Lui, Gesù il Cristo e che
in Lui possiamo orientarci verso di essa
mentre fuori di Lui ci perdiamo nelle nostre
piccole, comode ma insignificanti verità.
Ma il mio appello non si rivolge solo
ai Cristiani, perché anche chi non ricono-
sce Gesù come Figlio di Dio, anche chi
addirittura non crede in Dio ha in sé qual-
cosa che lo chiama alla Verità e che lo
induce ad interrogarsi su di essa. Ricordate
il drammatico colloquio fra Gesù e Pilato
(Gv 18, 37-38) nel quale il procuratore
romano si trova ad un passo dalla verità ma
ad essa rinuncia per il suo scetticismo? La
sua domanda “Che cos’è la verità?” risuo-
na ancora oggi, ed ancora oggi induce a
“lavarsi le mani”, a tirarsi indietro, a scelte
di comodo!
La Verità interpella tutti, convoca
ogni persona, qualunque sia il suo ruolo
nella società. Ogni uomo, dal più piccolo
al più grande, è chiamato a scegliere fra
Verità e menzogna; non può rimanere neu-
trale o indifferente, non può limitarsi a
guardare, deve schierarsi; non per dare
giudizi senza averne competenza, non per
imporre una propria verità, ma per servire
la Verità, e questo deve fare a prescindere
da ogni interesse o tornaconto personale. È
proprio nel superamento degli interessi dei
singoli che si costruisce la strada per il
Bene comune, cioè per il bene di tutti e di
ciascuno; questo è un dovere per ogni
uomo e, particolarmente, quando si riveste
una carica pubblica!
La Verità non è un manifesto; non può
essere solo annunciata e neanche propagan-
data. La Verità va desiderata, cercata, ama-
ta ed onorata. La Verità non è una bandiera,
non un principio; non è una caratteristica
della vita ma una necessità fondamentale
per la Vita: «Per questo io sono nato e per
questo sono venuto nel mondo: per dare
testimonianza alla verità» dice Gesù. E san
Giuseppe Moscati gli fa eco in una lettera
del 17 ottobre 1922: “Ama la verità,
mostrati qual sei, e senza infingimenti e
senza paure e senza riguardi. E se la verità
ti costa la persecuzione, e tu accettala; e se
il tormento, e tu sopportalo. E se per la
verità dovessi sacrificare te stesso e la tua
vita, e tu sii forte nel sacrificio”.
Nuccio Quattrocchi
Perché il male?
di Francesco Cavagna
In molti, anzi moltissimi si chiedono:
“Perché esiste il male nel mondo?”. Una
domanda più che legittima che da sempre
ha sollevato discussioni tra atei e credenti;
come può un Dio buono e onnipotente cau-
sare
o non impedire l’ingiusta sofferenza di
tanti innocenti?
Gli atei sembrano essere forti nelle loro
ragioni e spesso per chi ha conosciuto l’a-
more di Dio non è facile trovare argomenti
ben fondati. È vero che il problema del
male è e rimane un mistero, ma è doveroso
cercare delle risposte alla sete di giustizia e
di verità che ognuno si porta dentro.
Distinguiamo innanzitutto il male
dalla sofferenza. Il male è causa, la soffe-
renza è conseguenza. È un dato di fatto che
alcuni uomini scelgano deliberatamente di
compiere ciò che è male danneggiando se
stessi e gli altri. Ora, per non cadere nella
tentazione di dividere il mondo in buoni e
cattivi, ognuno potrà riconoscere che alle
volte è portato a fare scelte negative e pur-
troppo qualche volta compie ciò di cui poi
si pente. Penso sia necessario chiamare
questo “male” con il suo nome, condannar-
lo e prenderne le distanze, poiché cercando
continue giustificazioni si rischia di cadere
in un relativismo che ignora il peso reale di
ogni nostra azione davanti a Dio.
Ora la sofferenza è sempre causata
dal male e il male è causato dall’uomo. Dio
non ha creato la sofferenza, non la vuole, ma
proprio qui sta la chiave di volta,
perché Dio l’ha comunque
ricondotta al bene, l’ha consa-
crata rendendola strumento di
espiazione e di salvezza. Sì,
Gesù Cristo ha deciso di scon-
figgere il male “dal di dentro”,
lo ha vinto tramite la sua morte
in croce e la sua Resurrezione.
In molti dei nostri
ambienti è presente un croci-
fisso
tanto che ormai è diventa-
ta per noi un’immagine abitua-
le che ci passa sotto gli occhi
senza toccarci. Eppure, se ritor-
nassimo a riflettere scopriremmo
come proprio quell’immagine dell’Uomo
Dio che pende dal legno della croce è una
risposta eloquente alla questione sul male!
Ma solo se crediamo fermamente che Egli
è Risorto e portiamo nella nostra vita i
segni di questa speranza che è realtà! E
quindi davvero è grande l’annuncio di spe-
ranza affidato a noi cristiani: chi ha incon-
trato Cristo è proprio colui che può dare
una risposta di luce agli interrogativi del
mondo.
Non si tratta di trovare chissà quali
ragioni filosofiche sull’origine del male (il
male non ha senso, non è logico, non è
razionale), ma di saper guardare oltre. E
questo passo interiore va affrontato innume-
revoli volte, poiché la sofferenza ci riguarda
sempre.
La chiave sta dentro di noi. La soffe-
renza, può portarci alla ribellione, ad accu-
sare Dio di essere ingiusto, oppure può
diventare strumento di bene, di un bene che
va ben oltre la morte.
La chiave sta dentro di noi, tutto
dipende dalla risposta della nostra anima; e
tutto si fa chiaro per chi entra nella logica
di Dio, dell’amore gratuito pronto a rischia-
re, pronto a perdere ogni cosa, a perdere
anche l’amato pur di lasciarlo libero. Sì,
amare rispettando la libertà dell’altro…
solo nell’amore si trova risposta, solo chi
ama può comprendere fino in fondo.
Dio nella sua onnipotenza potrebbe
cancellare ogni male, potrebbe costringe-
re
ogni uomo ad essere buono, ma il Signo-
re continua a permettere che ogni uomo
scelga liberamente la vita o la morte. Se
ogni risposta negativa ha una sua triste
ripercussione, crediamo che ogni detto a
detto a Dio ha un valore inesti-
mabile, è come un nuovo ini-
zio della storia di salvezza!
L’amore cambia il nostro
sguardo. E dunque le do-
mande rimangono. Perché
Dio non usa la propria onni-
potenza per ristabilire in un
attimo la giustizia in questo
mondo? Perché si ostina a
lasciarci liberi? Non possia-
mo sbriciolare delle facili
risposte teoriche. Ma chi
vive nell’amore comprende
nell’anima che è retto l’agire di
Dio-Amore che attende la libera
collaborazione degli uomini per realizzare
il suo progetto di salvezza.
all’azione dello Spirito Santo. Non dobbia-
mo cadere nella tentazione antica e replica-
re il primo peccato. Dobbiamo fare spazio a
Gesù in noi, lasciarci inabitare da Lui, per-
ché è questa inabitazione che genera la vera
conversione e rende santa la nostra vita e
dunque avvalora la nostra testimonianza; è
così che possiamo essere segno ed esorta-
zione alla conversione per gli altri
. «Come
tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’es-
si in noi, perché il mondo creda che tu mi
hai mandato… Io in loro e tu in me, perché
siano perfetti nell’unità e il mondo conosca
che tu mi hai mandato e che li hai amati
come hai amato me» (Gv 17, 21b.23). «Vi
do un comandamento nuovo: che vi amiate
gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così
amatevi anche voi gli uni gli altri», dice
Gesù, ed aggiunge: «Da questo tutti sapran-
no che siete miei discepoli: se avete amore
gli uni per gli altri» (Gv 13, 34-35).
È certamente difficile, anzi impossibile,
vivere questo amore, ma ciò che è impossi-
bile all’uomo è possibile a Dio. Maria è
con noi e davanti a Suo Figlio Gesù inter-
cede per la nostra conversione
; chi ci
impedisce di sperare e di provare ad abban-
donarci all’Amore?
N.Q.
2
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Tutte le generazioni
lo chiameranno
Beato!
“Santo subito!” scrive-
vano gli striscioni in piaz-
za San Pietro il giorno del
funerale di Giovanni Pao-
lo II. Santo subito, perché un uomo così, un
sacerdote così, un Papa così, la nostra gene-
razione lo ha conosciuto, amato, apprezza-
to e ammirato per una santità di vita che
non ha bisogno di proclamazioni ufficiali
per essere tale.
Giovanni Paolo II era già santo men-
tre viveva ancora sulla terra. Ma Dio ha
voluto che non soltanto la nostra generazio-
ne, ma tutte le generazioni possano chia-
marlo beato
(cfr Lc 1,48). Per questo la
Chiesa il 1° maggio celebrerà la beatifica-
zione di Karol Wojtyla
ad appena sei anni
dalla morte, facendo coincidere la data con
la seconda domenica di Pasqua, intitolata
alla Divina Misericordia proprio dal ponte-
fice polacco e nella cui vigilia egli terminò
la sua vita terrena.
Ha dovuto lavorare moltissimo la com-
missione vaticana per esaminare una mole
immensa di documenti ed ascoltare tantissi-
mi testimoni, per analizzare un pontificato
di quasi 27 anni e l’intera vita di un perso-
naggio che ha segnato la storia ecclesiale e
non solo del Novecento - riportano le agen-
zie di stampa. Tra le altre cose è stato
comunicato che la bara di Giovanni Paolo
II sarà traslata dalle Grotte Vaticane alla
superiore Basilica di San Pietro e collocata
in uno degli altari laterali.
Le procedure umane sanno di burocra-
zia, ma sono necessarie qui sulla terra per
dare corpo a quello che lo Spirito Santo
compie negli uomini che si consegnano in
modo tutto speciale alla Sua opera, lascian-
do ogni egoismo e ripiegamento su se stessi
per donarsi in sacrificio vivente, santo e
gradito a Dio
(Rm 12,1). Se per avviare un
processo di beatificazione serve la testimo-
nianza di un miracolo avvenuto per inter-
cessione un uomo, dovremmo tuttavia tene-
re sempre presente che il miracolo è l’inte-
ra esistenza di chi ha accettato la croce
stessa di Cristo
, così come gli si presentava
giorno dopo giorno. Giovanni Paolo II ha
fatto questo. Non ha rifiutato il peso di una
Chiesa da rinnovare e da ringiovanire; non
ha temuto di porre al centro degli sguardi la
Vergine Maria e con Lei la donna che colla-
bora con la redenzione; non ha avuto sogge-
zione dei pre-potenti e dei totalitarismi poli-
tici; non ha negato a Dio la sofferenza fisica
che lo ha consumato fino a morire - come
agnello a Pasqua - unito al suo Cristo.
Tutte le generazioni lo chiameranno
beato, perché grandi cose ha fatto in lui
l’Onnipotente.
Questo ha fatto il Signore in
Giovanni Paolo II. Grandi cose. Le parole
in più non servono. Se ne diranno tante.
Nella preghiera, però, potremmo unirci
intimamente a quel Papa che ha scritto
pagine importanti della nostra storia, anche
personale. Preghiamo perché ottenga per
ognuno di noi la stessa determinazione a
compiere la volontà di Dio, così come ogni
giorno si presenta a noi, con umile ubbi-
dienza e generosità. Saremo allora beati,
come lui, perché l’Onnipotente saprà fare
grandi cose in noi, se ci doniamo.
S.C.
Contemplativi
in pieno mondo
di Redazione
La vita frenetica, i ritmi che la società ci
impone, le cose da fare e da pensare occu-
pano spesso non solo le giornate ma anche i
discorsi della gente. Si ha voglia di avere
più tempo, per sé e per i propri affetti, per
gli interessi o per un maggiore contatto con
la creazione... Ma il cristiano ha un’esigen-
za in più degli altri: avere il tempo necessa-
rio per coltivare un contatto vivo con il
Signore attraverso spazi di preghiera che gli
garantiscano il dialogo con la Fonte del suo
stesso bene. Da questo non può assoluta-
mente prescindere, perché il giusto rapporto
con la propria vita spirituale è la condizione
essenziale per vivere ogni cosa serenamen-
te, partendo dalla giusta ottica, quella di
Dio.
Ma come fare concretamente? È giu-
sto e ragionevole chiederselo, visto che
oltre agli “agenti esterni” che danno l’assal-
to al nostro tempo, ci sono anche dei “nemi-
ci” interiori - la distrazione, la pigrizia, la
superficialità - che attirano la nostra atten-
zione e ci distolgono dal nostro intento.
Un bellissimo testo di Jean Lafrance,
Imparare a pregare con suor Elisabetta
della Trinità
, ci può aiutare a comprendere
cosa fare per riuscire a vivere in continuo
raccoglimento interiore
e rimanere
costantemente uniti a Dio anche quando sia-
mo occupati in altro. Riprendiamo insieme
alcuni brani.
Un movimento che ci porta al cuore
“C’è un movimento interiore nella spiri-
tualità di Elisabetta, monaca carmelitana
del primo novecento, che fa aderire perfet-
tamente le anime a Dio; è un movimento di
ritorno al centro di se stesso. Bisogna ridi-
scendere nel proprio cuore e raccogliersi…
Scrive Elisabetta: «Occorre fare l’unità
di tutto il proprio essere con il silenzio inte-
riore, raccogliere tutte le potenze per occu-
parle nel solo esercizio dell’amore, e avere
quell’occhio semplice che permette alla
luce di Dio di irradiarci. Un’anima che dis-
cute con il proprio io, che si occupa delle
proprie sensibilità, che segue un pensiero
inutile o un desiderio qualunque, quest’ani-
ma disperde le sue forze… Quant’è indi-
spensabile questa bella unità all’anima che
vuol vivere quaggiù la vita dei beati, cioè
degli esseri semplici, degli spiriti!».
I veicoli del viaggio interiore
Come raggiungere un simile raccogli-
mento quando il dovere del nostro stato ci
obbliga ad essere dispersi, a far fronte a tan-
ti problemi e situazioni concrete diverse; e
come attuare l’unità in mezzo a tutto ciò che
nella vita quotidiana ci combatte o ci porta
a vivere alla superficie di noi stessi?
Diciamo subito che la vita contemplati-
va può essere vissuta in pieno mondo, in
piena pasta umana… Ma vi sono dei mezzi
da cui non si può prescindere, se si desidera
vivere nell’intimità con Dio al centro dei
nostri cuori.
Il ‘raccoglimento’ nel senso in cui l’ha
inteso suor Elisabetta è uno dei mezzi indi-
spensabili per l’unione con Dio. Esso non
comporta che ci si ritiri necessariamente in
fondo ad una cella o che si parli il meno
possibile: è infatti un atteggiamento fonda-
mentale per cui il cuore dell’uomo trova
ormai riposo in Dio solo, poiché i rumori
esterni, e quelli interni della sensibilità, non
giungono più a sottrarre l’uomo da questa
unità del suo essere con Dio. Così è possibi-
le vedere uomini che hanno numerosi con-
tatti con i loro fratelli e che sostengono mol-
ti impegni, ma restano sempre rivolti a Dio,
e la loro azione è talmente purificata che
non li distrae più da Dio. Questi uomini
conoscono il valore del silenzio esteriore
perché è condizione del silenzio interiore.
«Non si tratta di una separazione esterna
dalle cose esteriori, ma di una solitudine
dello spirito» scrive la carmelitana. Bisogna
evitare l’opposizione tra esteriorità ed inte-
riorità. I nostri contemporanei sono assai
diffidenti di fronte all’espressione ‘vita
interiore’, ed hanno ragione, perché essa è
spesso sinonimo di fuga, per questo è prefe-
ribile parlare di ‘vita spirituale’ (…).
Il silenzio che purifica l’amore
Questo silenzio interiore deve estender-
si all’essere intero, esso riguarda innanzitut-
to lo spirito, nel senso che fa tacere i pensie-
ri inutili, i ragionamenti sottili che infiac-
chiscono la volontà e disseccano l’amore.
Esso calma l’immaginazione attenuando le
emozioni, le tristezze e il vano rumore dei
pensieri; purifica la memoria imponendo il
silenzio al passato con i suoi rimpianti e le
sue amarezze… Silenzio nelle angosce del
cuore, nei dolori dell’anima, silenzio del-
l’abbandono. L’uomo che si stabilizza in
questo silenzio interiore dimentica se stes-
so, non si lamenta più, non si consola più: è
distaccato da se stesso (…).
Il ‘movimento di raccoglimento’, dun-
que, è decisivo per la preghiera, perché
stabilisce l’anima nell’intimità con Dio,
semplificandola al punto che essa tace
anche mentre prega. In un solo atto che
molte volte fa a meno delle parole, essa
adora, si offre a Dio e riposa in lui. È il
silenzio dell’eternità…”.
La vera pace è un valore che si conqui-
sta non con la lotta, ma con la preghiera. È
un dono dell’amore di Dio e dal suo Cuore
arriva direttamente all’uomo. Attraverso
diverse iniziative, la Communità Regina del-
la Pace
(un’associazione polacca nata da
qualche anno) si prefigge di creare una cate-
na di cuori che abbracci tutta la Terra trami-
te la preghiera di adorazione per riportare la
pace in tutto il mondo. Per tale ragione è sta-
to creato a Gerusalemme un centro di pre-
ghiera che va oltre qualsiasi divisione reli-
giosa. E proprio qui, a Gerusalemme, nello
stesso spirito è nata l’idea di formare dodici
luoghi di preghiera
(di Adorazione Perpe-
tua) con l’intenzione per la pace in tutto il
mondo. Dodici, come le stelle della corona
della Vergine Santissima…
Più avanti è nato un’altro centro in
Kazakistan: sulla scia delle parole di Papa
Giovanni Paolo II che diceva: “L’Asia è il
nostro compito comune per il terzo millen-
nio”,
abbiamo accolto con grande gioia ed
interesse l’invito del metropolita dell’arci-
diocesi di Maria Santissima in Astana, che
ci ha aperto con grande ospitalità la porta
Una corona di dodici Stelle
3
Eco 214
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Maria genera
un popolo nuovo
di Antonio Gacioppo
Come tutti sappiamo, quest’anno
ricorre il trentesimo anniversario delle
apparizioni della Regina della Pace a
Medjugorje. In questo lungo tempo il
Signore ci ha dato sua Madre per vivere
con Lei, e attraverso di Lei, un rapporto
nuovo e vivo con Dio Trino. Non saremo
mai abbastanza grati e consapevoli del
dono di essere rigenerati nella fede da una
Madre che è perfetta e integra nella grazia
e nella natura. Attraverso questa perfezio-
ne scorre tutta l’onnipotenza di Dio, capa-
ce di farci passare dalla morte alla vita.
L’E
VENTO CHE TI CAMBIA LA
V
ITA
Tutto l’evento Medjugorje se accolto
con sincerità di cuore e di mente porta a un
cambiamento radicale, perché accogliere
Maria nel proprio cuore significa accoglie-
re anche la vita di Dio che pulsa nel proprio
spirito. Infatti, l’esperienza di molte perso-
ne che a Medjugorje si sono viste rinascere
interiormente, testimonia che l’uomo nasce
veramente quando sente Dio, quando speri-
menta il suo amore infinito.
L’A
ZIONE DELLO
S
PIRITO
L’occasione di questo anniversario ci
offre la possibilità di avere uno sguardo più
profondo sull’azione dello Spirito Santo in
questo tempo. In realtà quello che si sta
generando attraverso la Vergine Maria è un
popolo nuovo che le profezie bibliche defi-
niscono il «piccolo resto», così si esprime il
profeta Sofonia: «Farò restare in mezzo a
te, Israele, un popolo umile e povero;
confiderà nel nome del Signore il resto
d’Israele
. Non commetteranno più iniquità
e non proferiranno menzogna; non si trove-
rà più nella loro bocca una lingua fraudo-
lenta. Potranno pascolare e riposare senza
che alcuno li molesti» (Sof 3,12).
Secondo il profeta, chi confida vera-
mente nel nome del Signore è colui che
cammina con una fede viva. Tutto il resto è
una falsa fede ben camuffata sotto un sotti-
le devozionalismo composto di pratiche di
pietà senza spirito.
La Vergine Maria sa che il rischio per
noi cristiani è proprio questo, infatti, attra-
verso il messaggio a Mirjana del 2 feb-
braio 2011
, la Vergine ci mette in guardia
da un tale atteggiamento: “…le vostre lab-
bra pronunciano parole senza numero, ma
il vostro spirito non prova nulla”
.
Di solito chi è vuoto nel proprio spirito,
sente il bisogno di moltiplicare le parole
nella preghiera, quasi un tentativo di forza-
re Dio con la preghiera. Chi invece nel pro-
prio spirito percepisce la vita di Dio, cerca
sempre di più il silenzio per cogliere quella
vita e viverla in pienezza.
C
I
I
NSEGNA A
P
REGARE
La Regina della Pace non è venuta per
guidare i suoi figli in un sistema di preghie-
re, ma per preparare un popolo di redenti
che “conosca ed ami” il vero Dio. Un popo-
lo pronto a scegliere Dio al di sopra di tut-
to, lavando le sue vesti nel sangue dell’A-
gnello
.
Se vogliamo essere membra vive del
popolo nuovo, dobbiamo imparare a prega-
re lo Spirito Santo affinché ci aiuti a rico-
noscere ogni forma di menzogna che alber-
ga nella nostra anima. Pregare per questo
significa anche essere pronti a passare
attraverso il crogiuolo della prova.
Dalla lettura biblica sappiamo che
quando Dio vuole rinnovare un popolo o
un’anima lo mette alla prova. Lo spoglia di
tutto. Gli deve togliere tutto! In questa
nudità Dio permette che crolli ogni falsa
sicurezza, ma anche ogni falsa fede costrui-
ta su forme di religiosità.
U
N
’I
MMAGINE
F
ALSA DI
D
IO
Maria è l’Immacolata che vuole portar-
ci ad una profonda pulizia su tutti i livelli,
a partire dal nostro rapporto con Dio e
quindi dall’immagine sbagliata che ci sia-
mo fatti di Lui. Sempre nel messaggio dato
a Mirjana, la Madonna ci apre gli occhi su
un atteggiamento che spesso abbiamo nei
confronti di Dio: “Vagando nelle tenebre,
immaginate anche Dio stesso secondo il
vostro modo di pensare e non quale è vera-
mente nel suo Amore”.
Questo ci porta ad adorare l’immagine
di Dio che ci siamo costruiti e a sostituire
l’immagine del Dio vivente. È una sottile
idolatria che tutti i profeti hanno denuncia-
to. Dobbiamo invece avere il coraggio di
denunciare nel nostro spirito tale idolatria e
riscoprire il vero volto di Dio attraverso la
croce di Cristo. Finché l’uomo adora l’im-
magine di Dio che si è creato nel suo spiri-
to, non “proverà” nulla se non il vuoto, e
Dio sarà l’eterno lontano.
T
RASFORMARE LE
C
ROCI IN
R
ESURREZIONE
Quand’è che vaghiamo nelle tenebre
dentro di noi? Quando manca la fede, inte-
sa come rapporto vivo e fiducioso con Dio.
Se come anime abbiamo offerto la nostra
vita a Dio attraverso Maria donandogli tut-
to, allora le prove che Dio permetterà
saranno in funzione della rinascita come
creature nuove.
Attraverso la mia offerta, sincera e
incondizionata, Dio prende in mano le
situazioni, i problemi, i passaggi nella fede
e mi conduce nel suo riposo; che non è
assenza di sofferenza, ma è quella capacità
di trasformare ogni croce in Resurrezione.
Gesù sulla croce anche se soffre riposa nel-
l’amore del Padre e, in quel riposo, trasfor-
ma la stoltezza in sapienza, la debolezza in
fortezza. Cristo ha voluto che questa espe-
rienza fosse accessibile ad ogni uomo, per-
ciò è importante consegnargli la nostra vita
attraverso Maria, affinché non viviamo di
teorie ma di verità.
U
N
P
OPOLO
R
INNOVATO
Penso che ognuno di noi voglia vivere
un rinnovamento interiore, una rinascita
dal profondo per correre come san Paolo
verso la meta, verso l’amore infinito di Dio
e in quell’amore immergere tutta l’umanità
perché si salvi e diventi il popolo di Dio,
che regna con Cristo in tutto l’universo. La
meta però per san Paolo non è un’idea e
tanto meno un ideale, ma l’incontro vivo
con il Dio vivente!
della curia vescovile ed il suo cuore sacer-
dotale. Lasciamo alla Divina Provvidenza il
compito di decidere quali saranno gli altri
posti che entreranno a far parte della Coro-
na
, mettendoci in vigile ascolto per sapere
cosa desidera da noi il Signore.
Il primo posto c’è già: Gerusa-
lemme
, dove è stata offerta tutta
la pala dell’altare - il cosiddetto
Trittico - e non solo l’Ostensorio
(la storia di questo evento è stata
pubblicata sull’Eco 204).
Il secondo posto è Oziornoje, la
Piccola Medjugorje Asiatica,
dove è tutt’ora in corso l’Anno
Mariano annunciato il 12 settem-
bre 2010.
E adesso è la volta di… Medjugorje!
Sì, tocca a Medjugorje, poiché proprio qui
il giorno del 25 anniversario delle Appa-
rizioni,
durante l'adorazione nell'Oasi della
Pace, lo Spirito Santo ispirò al fondatore
dell'Associazione l'idea dell’Adorazione
Perpetua per la pace in tutto il mondo
; e
l’occasione sembra suggerita dal Cielo
stesso: trentesimo anniversario della pre-
senza di Maria tra noi!
Nel desiderio di onorare e ringraziare
Dio Padre in modo concreto e visibile per
questa presenza, e perché rimanga un segno
da parte nostra, faremo forgiare un ostenso-
rio della Donna vestita di... ambra e dia-
manti, Donna di Gerusalemme, Regina del-
la Pace…
Desideriamo che questo sia un
dono da parte dei pellegrini di tutto il mon-
do, non soltanto dei polacchi, perché Maria
è venuta per tutti!
Sicuramente le diverse strutture che
compongono la Parrocchia di Medjugorje
saranno ampliate e il futuro mostrerà quale
sarà il luogo più adatto nel quale esporre
permanentemente l’ostensorio. Per ora ci
rallegriamo della disponibilità dei padri
Francescani ad accogliere il Voto, e para-
frasando le parole di Abramo, confidiamo
che: «Dio stesso provvederà il luogo» (Gn
22, 8). Come è stato a suo tempo per il Trit-
tico di Gerusalemme, chiediamo a tutti di
pregare per quest’opera affinché si possa
portare a Medjugorje ed anche in altri posti,
non soltanto l’opera materiale (sebbene sia
bellissima), ma soprattutto la preghiera di
un numero ancora maggiore di persone.
L’opera della Corona avrà come ele-
mento principale un ostensorio identico a
quello che si trova a Gerusalemme. Per i
singoli luoghi ai quali sarà destinato, si pro-
pone di prendere in considerazione qualche
elemento caratteristico di ogni posto. Nel
caso di Oziornoje è una rete con i pesci, per
Medjugorje si sta ancora pensando.
Tutte le persone legate a Medjugorje
sono invitate ad unirsi per costruire quest’O-
pera spiritualmente attraverso la preghiera, e
materialmente versando la propria offerta al
numero del conto dell’Associazione:
Communità Regina della Pace
ul. Kaszubska 6 lok 1, 26-600 Radom;
Per PLN: 80 9115 0002 0010 0006 4060 0001
Per EUR: PL 53 9115 0002 0010 0006 4060
0002
SWIFT CODE: POLUPLPR
Per USD: PL 26 9115 0002 0010 0006 4060 0003
SWIFT CODE: POLUPLPR
Per maggiori informazioni:
www.tryptykjerozolimski.pl
A tutti diciamo di cuore: Dio vi ricompensi!
Ewa Jurasz (responsabile dell’Eco in Polonia)
4
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riflessi di luce
dalla
Terra
di
Maria
di Stefania Consoli
Quale
è
il
mio posto?
Fervono i preparativi. Medjugorje si
appresta a festeggiare un evento importan-
te: il trentennale delle apparizioni. Un muc-
chio di anni se si pensa alla durata delle
apparizioni mariane nei secoli passati. Un
evento quindi senza precedenti che coin-
volge tutti, quelli che dovranno accogliere
nelle proprie strutture l’enorme afflusso di
pellegrini previsti e quelli che da ogni par-
te del mondo pianificano il loro viaggio, e
forse già cominciano a partire.
Ci sarà il “pienone” a Medjugorje.
Ma se ognuno di noi sarà responsabile del
proprio comportamento e tratterà quel luo-
go benedetto come un grande santuario a
cielo aperto, senza far
differenze tra i vari luo-
ghi e impegnandosi a
rispettare la sacralità
della grazia presente a
Medjugorje ovunque si
trovi, ci potrà essere un
clima più raccolto,
meno chiassoso e dis-
persivo. E sarà un bene
per tutti.
È fondamentale, non è accessorio.
Perché la voce di Dio si ascolta nel silen-
zio. Perché la preghiera è un sussurro del-
l’anima. Perché l’immersione nel cuore di
Maria è un movimento intimo, discreto e
non può avvenire se viviamo il nostro pel-
legrinaggio correndo da un posto all’altro
e, se invece di tacere per poter meglio
ascoltare, continuiamo a riempire l’aria
con i nostri discorsi e con chiacchiere.
Spesso con futilità.
È un dono grande poter vivere questo
tempo di grazia con Maria, che ha già
riservato per chi andrà a Medjugorje un
posto preparato apposta per lui. Come in un
banchetto, quando in attesa degli invitati si
predispone sulla tavola il nome degli ospiti
vicino al piatto… “Quale è il mio posto?”,
dovremmo chiederLe non appena arrivia-
mo da Lei. E poi rimanere in silenzio per
comprendere interiormente la risposta.
Quale è il mio posto nel tuo piano,
Maria? Perché mi chiami qui, cosa hai
pensato per me? Sono questi gli interroga-
tivi che dovremmo portarci nel bagaglio a
Medjugorje.
Non andiamo lì per assistere a qual-
cosa che accade all’esterno. Non andia-
mo lì per fare delle cose o entusiasmarci
perché in quel luogo ci si sente bene. Non
andiamo lì neanche perché ci servono dei
favori da parte di Dio o delle grazie che
risolvano i problemi che ci siamo portati
da casa. Andiamo a Medjugorje per indivi-
duare meglio il nostro posto nel progetto di
Dio: “Cari figli, vi invito ad aprirvi a Dio
attraverso la preghiera: …ognuno di voi è
importante nel mio piano di salvezza…
pregate e fate ciò che lo Spirito Santo vi
ispira
” (Mess. 25 maggio 1993)
…Voi dimenticate, cari figli, che siete
tutti importanti… vi supplico: cominciate a
cambiare voi stessi mediante la preghiera e
vi sarà chiaro ciò che dovete fare
” (Mess.
24 aprile 1986).
Sono parole molto elo-
quenti
della Madre che
ci ha invitato a Medju-
gorje. L’unica cosa
allora che dovremmo
veramente fare una vol-
ta arrivati da Lei, è pre-
gare lo Spirito Santo,
che ci comunicherà il
compito che il Cielo ha
assegnato ad ognuno di
noi, così come accadde a Nazareth quando
Maria ascoltò le parole dell’Angelo che Le
raccontavano la sua missione.
Non sono solo gli altri a “fare la Sto-
ria”. Ogni uomo è creato da Dio perché sia
un protagonista originale di fatti e situazio-
ni che incidono sulla vita di tutti e rimango-
no come un’impronta sul terreno del tempo
che passa e si fa storia, che si fa vita vissu-
ta a beneficio di ogni generazione. Non
sono solo gli altri a dover diventare santi. È
un destino comune; è una chiamata scritta
nel nostro battesimo. Perché la santità non
è un optional da prendere o scartare; la san-
tità è la condizione essenziale per entrare in
Paradiso! E allora, non conviene sciupare
la grazia che Medjugorje ci offre e che ci
aiuta a comprendere la strada che conduce
alla nostra santità personale. Prepariamo
con cura il nostro viaggio; non solo le vali-
gie, non solo gli appuntamenti e il pro-
gramma del pellegrinaggio, ma soprattutto
i nostri cuori perché siano pronti a com-
prendere cosa vuole il Signore da noi e
rispondere con Maria: “Eccomi, sia fatto di
me secondo la tua parola”.
Cristalli,
davanti
a
te
Stare davanti a te Signore, come cri-
stalli ancora offuscati da ombre della colpa,
lasciandosi purificare nei pensieri e nelle
attese, nei desideri e nei programmi, nelle
paure e nelle incertezze, nella sfiducia ma
anche nella volontà di fede e di amore. Per-
mettere Signore che la tua presenza penetri
gli strati ispessiti del nostro uomo vecchio,
per infrangere la caparbietà e l’orgoglio che
fanno da schermo alla grazia, al punto che
spesso in noi “rimbalza”.
Stare davanti a te Signore, per con-
sentire alla potenza del tuo amore e ai rag-
gi del tuo calore di sciogliere il ghiaccio
della nostra ribellione, delle difese e delle
resistenze per farti spazio e lasciarti ripuli-
re le fondamenta della nostra esistenza.
Stare davanti a te Signore, immobili in
adorazione, liberati da ogni scoria di umanità
ferita, di umanità malata. Solo così saremo in
grado di riflettere la tua luce, lontano, come
fari posti sulla cima di un monte.
Il monte della fede e della fedeltà, sicuri
che nella nostra immobilità offerta a te,
aperti alla tua azione, noi possiamo essere
apostoli efficaci, annunciatori del tuo
Regno, strumenti di conversione per i lonta-
ni e conforto per i vicini.
Stare davanti a te, Signore, con il cuo-
re di agnelli per scacciare i lupi del nostro
efficientismo, del nostro bisogno di fare al
posto tuo perché in fondo non crediamo che
sei Tu a muovere ogni cosa, se ti lasciamo
fare. Come cristalli, fermi davanti a te per
riflettere la tua onnipotenza e la tua gloria.
Solo così potremo raggiungere gli estremi
confini dell’universo che attende di vedere
il tuo Volto salvatore.
Tu passi Signore attraverso di noi,
attraverso le nostre membra donate, attra-
verso la nostra vita offerta. Usi noi, Signo-
re senza di noi… che paradosso! Ma è pro-
prio questa la stoltezza di una croce che
sempre salva: inutilità apparente, follia per
gli uomini, fallimento ai nostri occhi e con-
temporaneamente misteriosa opera di Dio
che si sprigiona all’infinito.
Tienici fermi davanti a te, Signore
ubbidienti e calmi perché come cristalli tu
ci purifichi e ci usi, apostoli in contempla-
zione della tua azione, nel mondo che ti
attende. Così sia.
Un
desiderio
,
una
proposta
,
una
promessa
Si insinua nella tua vita quando forse
meno te l’aspetti, come un seme che caden-
do sulla terra arata inizia il suo processo
nascosto di germinazione. È il seme del
desiderio di una vita più vera e più pulita,
di una vita che non sia soggetta solo alle
ferree leggi della precarietà e sia libera di
attingere direttamente dal Cielo l’acqua che
la disseti, il cibo che l’alimenti, l’aria che la
faccia respirare: «Non conformatevi alla
mentalità di questo secolo, ma trasformate-
vi rinnovando la vostra mente, per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buo-
no, a lui gradito e perfetto» (Rm 12, 2).
Entra nei tuoi pensieri e li feconda,
spingendoti a immaginare possibile un
viaggio verso quella terra visitata da milio-
ni di persone in pochi anni e che immanca-
bilmente ha prodotto pace, serenità, voglia
di bene. È il desiderio di un incontro con
Chi può confermarci nell’amore, facendoci
sentire figli desiderati e attesi.
La proposta prima o poi arriva come
pioggia sul seme annidato tra le zolle, e lo
fa aprire. Il desiderio prende corpo e si tra-
sforma in un vero e proprio invito: “Vieni
a trovarmi a Medjugorje, vieni da me!”
.
Come si faccia strada in noi questa pro-
posta è un segreto conosciuto a ognuno, ma
ciò che veramente conta è se l’invito viene
seriamente accolto…
Si prenota il viaggio e Medjugorje
diventa una tappa ormai decisa, un appun-
tamento che lascia immaginare molto, per-
ché numerosi ed ammirati i racconti di chi
ci ha preceduto, ma soprattutto perché nel-
l’anima si comincia a creare un’attesa tre-
pida che non riusciamo neanche a definire,
perché è solo frutto dello spirito che inte-
riormente ci spinge ad avviarci.
Il seme ormai ha raggiunto gli strati più
profondi del nostro essere, ha affondato in
loro le radici ed ora è pronto a venir fuori...
5
background image
L
A
Q
UARESIMA
per conoscere se stessi
nella verità
Se a Medjugorje l’invito al digiuno è
costante (a cadenza settimanale), dalla
Chiesa generalmente è previsto e consiglia-
to soprattutto in tempo di Quaresima, un
tempo forte in particolare per la nostra ani-
ma, che digiunando ha la possibilità di
essere meno soffocata dalla materia e di
conseguenza ha più tempo per “ripulirsi” e
prepararsi al grande evento della Pasqua.
In una relazione ai sacerdoti nel 1988,
Padre Slavko aveva affrontato in modo
molto concreto l’argomento del digiuno,
evidenziandone gli effetti benefici per la
vita interiore e per una conoscenza sempre
più vera di se stessi in vista di un sano rap-
porto con Dio.
Ci mette a nudo
‘Siate sobri e vigilate per dedicarvi
alla preghiera’(1 Pt 4,7). Quando si comin-
cia a digiunare si comincia anche a pregare
bene, e viceversa. Se la nostra preghiera
diventa un incontro personale con il Signo-
re, molte cose si risolvono. A quelli che
dicono di essere più nervosi quando digiu-
nano darei una risposta ironica: tu non sei
nervoso perché digiuni, ma il digiuno ti
mostra che sei nervoso! Molte volte noi
mangiamo, beviamo, fumiamo per soffoca-
re, per nascondere; quando si digiuna e si
prega tutto viene fuori.
Siamo totalmente condizionati dal cibo
al punto che il privarcene scopre il disordi-
ne latente o le passioni che sono in noi. Il
cibo, tanto cibo, fa droga, cioè camuffa la
nostra debolezza. Dunque il digiuno fa
emergere i nostri difetti, ci mette a nudo, e
questo è positivo. Digiunando mi scopro
per quel che sono. Di fronte ad una piccola
difficoltà divento critico, aggredisco, impa-
ziente: è già un buon passo scoprire quello
che sono. Così è facile scoprire che siamo
dipendenti dal mangiare più che il mangia-
re dipenda da noi.
Per la vita spirituale digiuno e preghie-
ra sono come due gambe. Dopo aver man-
giato abbondantemente c’è il rischio di dor-
mire, o di essere almeno appesantiti e intor-
piditi, le idee non sono più chiare; ma con
il digiuno la fede si risveglia, e cominciamo
a vivere questo ‘aspettare il Signore’. La
nostra anima con l’aiuto di un corpo legge-
ro può vegliare e sentire il Signore”.
IL DIGIUNO
un toccasana per lo spirito
di Redazione
Parole, parole, parole. Spesso chiacchie-
re vuote e superficiali. Questo fa sentire
grandi gli uomini in una società che punta
sull’apparenza, sull’affermazione persona-
le, sull’essere vincenti a tutti i costi.
Ma ai discorsi ostentati e ben articolati
che mirano a soddisfare la nostra vanità e
l’orgoglio, la Madonna a Medjugorje con-
trappone una strada molto diversa: il digiu-
no. Digiuno dall’eccesso di parole attraver-
so il silenzio, digiuno dall’autosufficienza,
attraverso una preghiera che ci metta nel
giusto rapporto di dipendenza da Dio e dal-
la sua grazia; digiuno dal cibo per purifica-
re quegli eccessi che spesso le passioni ci
spingono a scegliere per colmare il senso di
vuoto e di inutilità che aleggia nell’aria.
A questo scopo ormai da anni si orga-
nizza a Medjugorje una settimana di
digiuno, silenzio e preghiera
per aiutare le
persone a rientrare in se stesse e a ritrovare
uno spazio adatto per incontrare Dio, uno
spazio riordinato, armonioso e soprattutto
silenzioso, affinché la Parola incarnata pos-
sa comunicare all’anima il suo discorso di
salvezza e di pace.
“Il regno di Dio si stabilisce in un cuo-
re che sa vivere il nascondimento”, dice
Anna Fasano, organizzatrice della settima-
na di digiuno a Medjugorje per gli italiani.
“Solo chi è in grado di tacere può testimo-
niare la presenza viva di Gesù nella propria
vita, così come ha fatto Maria, senza gran-
Una volta arrivati a Medjugorje improv-
visamente comincia a germogliare e si tra-
sforma, come per incanto, in un’autentica
promessa. Promessa di pace e di perdono.
Promessa di verità e di giustizia. Promessa
di guarigione. Promessa che presto si tradu-
ce in vita per chi, pellegrino, sa aprire le sue
mani e accogliere quello che la Regina del-
la Pace ha deciso di donargli perché la sua
vita sia completamente trasformata:
…non siete consapevoli del grande
amore con cui Dio vi ama: è per questo che
mi permette di essere con voi, per istruirvi
ed aiutarvi a trovare la strada della pace...
lasciate tutto e dedicate il tempo a Dio, e
Dio vi ricompenserà e vi benedirà.
Non dimenticate che la nostra vita pas-
sa come un fiorellino di primavera, che
oggi è meraviglioso e domani non se ne tro-
va traccia. Per questo pregate in modo tale
che la vostra preghiera e il vostro abban-
dono diventino un indicatore di strada.
Così la vostra testimonianza non sarà solo
un valore per voi attualmente, ma per tutta
l’eternità”
(mess. 25 marzo 1988).
«A che cosa è simile il regno di Dio, e a
che cosa lo rassomiglierò? È simile a un
granellino di senapa, che un uomo ha preso
e gettato nell’orto; poi è cresciuto e diven-
tato un arbusto, e gli uccelli del cielo si
sono posati tra i suoi rami» (Luca 13,18-
19)... Questo lo fa la grazia. Sta a noi però
diventare un albero possente nella volontà e
nella fede dove molti altri potranno trovare
riparo e nutrimento. Dipende solo da noi e
dal nostro sì.
di proclami, senza troppi clamori. Per que-
sto ritengo che l’appuntamento a Medju-
gorje, che ci permette di sperimentare insie-
me il dono del digiuno, ci aiuta a riprende-
re contatto con le nostre profondità, e a
rimanere lì come adoratori del Verbo in
Spirito e verità”.
“Cari figli, digiunate e pregate con il
cuore!”, invitava Maria a Medjugorje (20
settembre 1984), e in questi anni lo ha ripe-
tuto molte altre volte. Noi però siamo debo-
li e incostanti. All’inizio molti sono “parti-
ti in quarta” ma poi, si sa, l’entusiasmo si
affievolisce e velocemente si abbandonano
i buoni propositi. Ecco perché l’iniziativa,
guidata ora da fra Danko Perutina, mira a
creare un’atmosfera di comunione tra i par-
tecipanti, così che ognuno possa essere di
esempio e sprone all’altro. Condividendo lo
stesso impegno, infatti, ci si trasmette reci-
procamente la forza di volontà per affronta-
re la fatica della rinuncia e vivere con
coerenza la scelta del digiuno.
“Maria ci chiede di vivere la nostra ade-
sione ai suoi messaggi con i fatti, non con
le parole” continua Anna Fasano, “se dopo
trent’anni Medjugorje comincia finalmente
a far notizia attraverso i Mass media (c’è
sempre, tuttavia, il rischio di enfatizzarla
troppo e generalizzare così il vero senso
delle apparizioni), la testimonianza più
attendibile saranno le persone capaci di
pregare in silenzio e sobrietà di vita così da
rendere visibile la Buona Notizia”.
A questo riguardo padre Slavko, che
aveva dato inizio a questo genere di semi-
nari, commentava: “Maria ci invita a prega-
re e a digiunare con amore. L’amore verso
Dio e gli uomini è l’unica vera motivazione
alla preghiera e al digiuno. Da un punto di
vista biblico, nessun altra motivazione è
soddisfacente…”.
Per amore e con amore, quindi, dal 1° al
5 maggio si terrà l’incontro che avrà per
titolo: «L’anima mia languisce e brama le
tue dimore, un giorno nei tuoi atri è più di
mille altrove» (Salmo 83). Un titolo e insie-
me un’invocazione, che esprime il profon-
do desiderio di appartenere a Dio per sem-
pre, preferendo la sua casa a mille altri rifu-
gi che il mondo ci propone. Una settimana
nei suoi atri per scoprire la potenza del
digiuno, immerso nel silenzio e scandito
dalla preghiera e vivere già oggi, sulla ter-
ra, la dimensione dell’eterno.
Info: Anna Fasano
cell. 3355780090
e-mail: liveloveuniversal@libero.it
R
ICORDI
DI
V
IAGGIO
Pubblichiamo brevi frasi dei parteci-
panti alle precedenti edizioni del semi-
nario a Medjugorje, come testimonianza
che Dio fa grandi cose in chi si fida di
Lui:
Maria Rita: “Questo seminario per
me ha significato riuscire ad aprire final-
mente una fessura per Gesù nella portici-
na di pietra del mio cuore…”.
Francesco: “Qui dove le preghiere
sgorgano come fiumi, dove la solitudine
non esiste, il mio pensiero va a tutti i
potenti della terra con un grido: pace!”.
Anareja: “In questo seminario ho
capito che Dio mi ha fatto buona come
tutti gli altri uomini, perché l’uomo è
l’immagine di Dio. Ho capito che Gesù è
amore e che la cosa più importante è
diventare amore”.
Maria: “‘Perché sei venuta?’ mi chie-
se sei anni fa mia madre quando con mia
sorella andammo a cercarla in Canada.
Erano 50 anni che non la vedevamo.
Quando se ne andò io avevo sei anni e
mia sorella due. Siamo state con lei pochi
giorni, molto formali. “Non mi abbrac-
ciate” mi ha detto quando siamo partite –
volevo perdonarla. A Medjugorje sono
venuta a prendere quell’abbraccio. L’ho
avuto. Ho avuto tanto amore”.
6
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TESTIMONIANDO
Come
uno schianto
Cosa mi abbia spinto ad andare a
Medjugorje non lo so. Ma ricordo
bene cosa non volevo più vivere nel-
la vita, cosa mi ha portato ad accetta-
re un invito qualsiasi a recarmi in un
posto che poi ha cambiato radical-
mente il corso dei miei anni.
Il vuoto, il nonsenso, il grigio
freddo di un’esistenza votata alla
ricerca della felicità in luoghi e situa-
zioni dove in realtà l’egoismo impe-
ra, perché in certi ambienti la felicità
si cerca solo per stare un po’ meglio,
per appagare i propri bisogni e non
perché sia frutto di una vita sana,
autentica, radicata nella verità.
Lasciarsi alle spalle un baratro
per fare un salto nell’ignoto, nell’a-
bisso di una dimensione che prima
non conoscevi e che ora ti sta davan-
ti senza nemmeno averla cercata. Un
salto “alla cieca” fidandosi per intui-
to, o per disperazione.
Ci vai senza illusioni, perché te le
ha mangiate tutte la vita quelle volte
in cui hai creduto che dietro la
maschera di semplici conoscenti
potevano celarsi degli amici. Non era
così. Il tradimento o il basso torna-
conto il più delle volte avevano la
meglio.
Ci vai e basta. Quello che succe-
de, succede. Tanto non hai nulla da
perdere, ti dici. Poi arriva l’impatto.
Forte come uno schianto, nel cuore.
Medjugorje non è uno scherzo.
Medjugorje è la grazia allo stato
puro, che infrange ogni possibile bar-
riera e ti scoppia nell’anima. È la vita
stessa di Dio che passa attraverso le
vene di una Madre che ti accoglie e ti
cambia in un istante l’esistenza.
Perché la senti viva, aderente al petto
che batte forte, commosso, confuso,
forse imbarazzato perché Lei è puli-
ta, immacolata, e tu invece ti sei por-
tata appresso un mucchio di peccati
che ora pesano e ti fanno vergognare.
Ma a Medjugorje passa in fretta il
peso della colpa, perché senti che
qualcuno letteralmente ti spinge a
“vuotare il sacco” in
un confessionale
che sembra costruito
apposta per te, in
quel momento.
Gli occhi improv-
visamente comin-
ciano a perdere le
“squame” che li
ricoprivano e la
vista ritorna ad esse-
re innocente. Vedi cose per la prima
volta e le guardi con lo sguardo di un
bambino, senza pensieri, senza né
prima né dopo… Ti senti come
nascere di nuovo.
Una nuova chance. Una nuova
occasione. Tutto da ricominciare. Ma
adesso non più da sola. Adesso c’è
Lei, Maria. Entrata come il vento
nella mia vita impolverata, portando
aria di fresca primavera.
No, non so cosa mi abbia spinto
ad andare. Però ora so cosa devo fare.
Devo fiorire.
Tania di Bigio
Sono tua madre
Una testimonianza mia su Medjugorje
non può che presupporre uno svuotamento
totale di me stessa e dei miei pensieri per
far vivere una presenza materna che non
cerca di possederti, ma ti circonda amore-
volmente per donarsi e farsi conoscere.
Sono una mamma, avanti con gli anni, e
sono stata anche una figlia e so come a vol-
te nel chiamare i figli bisogna farsi sentire
insistentemente soprattutto quando un con-
siglio o un’esortazione possono indurli a
riflettere.
Per me la chiamata è avvenuta non per
aumentare la fede nella Madre di Gesù, già
tanto radicata nel cuore fin da bambina, ma
per un incontro vero, quasi fisico, avvol-
gente, di un amore in un primo momento
esclusivo, che poi vedo in realtà come un
abbraccio immenso per tutti i figli accorsi a
far esperienza in quella terra benedetta.
La prima chiamata nell’ottandadue: una
cartolina “Vuoi venire con noi a Medjugor-
je?”. Mi chiedo “Come si può invitare una
mamma di tanti figli a lasciare casa?” e poi
non sapevo cosa fosse. Ma venuta a cono-
scenza dell’evento, capisco che quella era
solo la prima chiamata, che si ripete nell’in-
vito a frequentare il gruppo romano della
Regina della Pace, guidato da Lilli e Don
Amorth.
Poi la partenza per il pellegrinaggio,
ripetuto in seguito tante volte, per una
conoscenza personale, vera, di Colei che
tutta la vita ti è stata accanto per inserirti in
silenzio nel progetto di Dio. Quanta resi-
stenza! Ma finalmente ti si rivela: “Sono
qui per te, per essere accettata al di là del-
la devozione, come persona, come la fan-
ciulla di Nazareth che ha concepito Gesù,
ma anche te. Sono tua madre e, se tu vuoi,
ti riporterò a Casa”
.
Leda Motta
La grazia ci precede
Questa frase, ascoltata durante un ritiro
spirituale qualche anno fa, ha scandito il
percorso della mia vita, del mio cammino
interiore e del mio matrimonio. In questi
anni, infatti, in cui il cancro era di casa nel
mio corpo, ripetermi queste parole mi ha
aiutato a capire che quando Dio permette la
sofferenza nella nostra vita Egli è presente,
anzi ci precede con la sua grazia, che si tra-
duce in sostegno morale, forza interiore,
speranza e fiducia. Ho anche compreso che
tale grazia agisce soprattutto quando la sof-
ferenza è offerta a Dio attraverso il sacrifi-
cio di Cristo nella Messa, e completata dal-
l’offerta della vita a Gesù per mezzo del
Cuore Immacolato di Maria.
Nel 1999 arrivò la prima diagnosi di
cancro al seno, seguita da un intervento
chirurgico e dalla radioterapia; un anno
dopo lo stesso iter per l’altro seno. Ma a
causa di una forte chemioterapia altri orga-
ni furono totalmente compromessi e quin-
di successivamente asportati. Insomma,
una battaglia contro il male che ancora
oggi mi impegna.
Ma ciò che mi preme sottolineare qui
non è tanto una successione di eventi clini-
ci, quanto quello che spiritualmente hanno
significato per me, a cominciare
dalla scoperta del valore autentico del
matrimonio in Dio, negli aspetti più alti di
questo sacramento.
Quello che prima era essere una carne
sola con mio marito - e che per ragioni
fisiologiche ora non è più possibile - si è
trasformato in unione in Dio. L’ho speri-
mentato soprattutto mentre ero su un tavo-
lo operatorio oppure durante quegli accer-
tamenti strumentali in sofisticate macchine
che leggono le tue cellule. Come quella
volta in cui mio marito attendeva in sala
d’aspetto pregando unito alla mia preghie-
ra, e io ho avuto la netta sensazione che
Maria fosse fisicamente accanto a me con
il suo abbraccio di amore e di conforto!
Essere trasformati dallo Spirito anche
nelle situazioni che umanamente non
lasciano scelta - soprattutto come sposi in
Cristo - credo significhi accogliere la
volontà di Dio così come ci si presenta
momento per momento, perché è precedu-
ta dalla sua grazia.
Allora faccio mia una preghiera:
“Dammi Spirito Santo il dono di un rap-
porto vitale con le tre Persone della San-
tissima Trinità e concedimi la grazia di
vivere con responsabilità questo rappor-
to…”.
Sono convinta, infatti, che entrare
in un rapporto sempre più vivo e concreto
con Dio sia l’unica strada per non dispera-
re mai; un rapporto che si nutre di una pre-
ghiera profonda, spontanea che raggiunga
il Cuore di Gesù e di sua Madre. Solo così
noi possiamo ripetere il nostro “eccomi”
nella stanchezza del quotidiano, mentre le
croci non potranno più schiacciarci, ma
saranno elevate al Padre.
Il cammino che Maria ci indica a
Medjugorje è quello della santità. Le
prove su questa strada sono quindi delle
“perle preziose”, perché se vissute con
fiducia ed abbandono aprono in noi degli
spazi interiori che solo Dio conosce e dove
Lui stesso vuole abitare.
Che ogni prova, ogni croce possano
essere per tutti un’occasione di grazia, a
vantaggio di tante anime che desiderano
essere trasformate in amore, per l’eternità.
Per questo prego, per questo mi offro. So
che il Signore di rado trasforma le cellule
malate in cellule sane, ma sono certa che
in continuo Dio ci trasformi in creature
nuove.
Maria R.
background image
Come comprendersi
«Tutta la terra aveva un’unica lingua»
(Gen 11,1)
Un tempo, gli uomini si capiva-
no perché parlavano un’unica lingua: usa-
vano il linguaggio di Dio che è uno solo,
poiché Dio parlava in loro. Le loro parole si
formavano in Dio e Dio le traduceva nella
Sua unica lingua, per la comprensione di
tutti. Ma poi si ribellarono a Dio e non
ascoltarono più la Sua parola, e così
costruirono la “torre” in Babilonia in oppo-
sizione al loro Signore. Non si capirono
più: ognuno parlava una lingua incompren-
sibile all’altro…
Anche oggi è così. Anche oggi non
sempre ci comprendiamo, senza magari
capirne il motivo, perché usiamo un nostro
linguaggio, diverso dal Suo. Anche oggi
Dio ci fa capire - con i fatti della vita - che
le nostre parole sono maggiormente com-
prensibili al fratello quanto più lasciamo
parlare Lui in noi. Anche oggi il nostro par-
lare rischia di diventare un parlare tra sor-
di, per non dire tra persone ostili.
Maria e Giuseppe ci sono di esempio.
Nel Vangelo non vengono riportati dialo-
ghi tra i due, ma unicamente i loro colloqui
con l’Angelo. E da questi colloqui con
l’Angelo, vale a dire con Dio, scaturisce
una perfetta comprensione tra gli sposi, che
non hanno nemmeno la necessità di parlar-
si; una comunione grande tra i due che fa
superare tutte le possibili incomprensioni,
tutte le prove. Allora sia il Signore il nostro
“interprete”. Parliamogli. Parliamo a Lui
degli altri e di noi; delle loro e nostre neces-
sità. Così le relazioni con il prossimo non
saranno una cosa nostra, ma Sua. E saran-
no relazioni comprensibili e meravigliose,
perché Dio ha un modo di relazionarsi
accessibile e meraviglioso! Proviamo. For-
se sperimenteremo un linguaggio nuovo
che capiremo insieme; una bellezza nuova
nel rapporto con gli altri, che prima proba-
bilmente non conoscevamo. Forse cadran-
no le incomprensioni, le divisioni.
Il metro di Dio
Sai dirmi quale è il metro che usa Dio
nel giudicare il comportamento degli uomi-
ni? Certamente quello che Gesù rivelò un
giorno alle persone che gli stavano accanto:
«con la misura con cui misurate sarà misu-
rato anche a voi» ( Lc 8,38). Questa misu-
ra di cui parla Gesù riguarda anche, e
soprattutto, le piccole cose che noi faccia-
mo, quelle meno appariscenti, quelle di tut-
ti i giorni, quelle che gli altri non sempre
vedono e forse nemmeno noi, perché lo
Spirito scruta le profondità, non trascura
ciò che è nascosto e piccolo.
Così dicendo Gesù non ci impone un
peso, ma ci offre un dono. Quella di Gesù,
infatti, non è una minaccia ma un incorag-
giamento che svela un segreto: per amore
dell’uomo il cuore di Dio valuta le nostre
azioni utilizzando il nostro stesso metro,
senza imporre il Suo.
Questo non rivela forse la Sua immensa
bontà? Non ci dice che la Sua umiltà arriva
al punto che il Creatore si abbassa fino ad
usare le stesse misure della creatura per sal-
varla? E così, se riceviamo uno sgarbo o
un’offesa da chi ci sta accanto e lo perdo-
niamo, se gli usiamo misericordia senza
riserve, Dio perdona a noi senza riserve, ci
usa misericordia senza riserve, anche per le
mancanze più grandi.
Ecco quanto Gesù ci rivela: se non
rifiutiamo le sofferenze che ci offre la vita,
e se usiamo misericordia con chi ce le pro-
cura, allora ogni nostra colpa è perdonata,
per la nostra gioia e degli altri, perché dove
c’è il perdono, lì la gioia costruisce la sua
casa. Diversamente la nostra mancanza
rimane…
Grazie Gesù perché ci hai rivelato il
metro di Dio, per la nostra salvezza. Grazie
perché ci hai insegnato ad usare il metro
della pietà e della misericordia, a somiglian-
za Tua. Grazie perché ci hai donato Maria,
Madre di Pietà e di Misericordia.
UN BENE CIRCOLARE
«Dio ama chi dona con gioia», scrive
san Paolo ai Corinzi
(2Cor 9,7).
È vero, il
Signore riempie di amore chi condivide i
propri beni con gli altri partendo dalla con-
sapevolezza che non mancherà mai di nulla
perché Dio stesso provvederà a riempire i
granai
della sua vita nei modi e nei tempi
che Egli conosce.
È questa pienezza di amore che invo-
chiamo su tutti quelli che in questo tempo
hanno donato all’Eco, perché solo attra-
verso le vostre offerte
questo giornale ha
potuto continuare ad esistere.
Il forte aumento delle tariffe postali che
lo scorso anno vi avevamo segnalato rima-
ne purtroppo in via definitiva e quindi la
spedizione ha dei costi quadruplicati rispet-
to agli anni passati. Questo ci spinge a
continuare a fare appello alla vostra
generosità
, anche perché in molte parti del
mondo, molto più povere dei nostri Paesi
occidentali, l’Eco rallegra la vita di tanta
gente che tuttavia non può sostenerlo eco-
nomicamente, per ovvie ragioni.
Questi lettori, però, sono sempre attenti
ad inviarci lettere di gradimento e soprat-
tutto a garantire la loro preghiera per tutti
quelli che si fanno strumento di Provviden-
za al posto loro. In questo modo il bene
diventa circolare
, nel senso che, chi è pri-
vo di mezzi economici offre il suo contribu-
to spirituale per quelli che hanno la possibi-
lità di inviare un’offerta all’Eco. In partico-
lare i missionari si dicono grati perché l’E-
co li aiuta nel loro apostolato, e quindi si
impegnano a celebrare l’Eucaristia per i
benefattori del giornale e ad inviare a tutti
la loro speciale benedizione.
Ricordiamo anche che l’Eco è pubbli-
cato su un sito internet dal quale si può
scaricare nella sua versione integrale
.
Invitiamo quindi chi può, a farlo; in questo
modo si potrà risparmiare nelle spese di
stampa e spedizione.
Non è sempre facile stendere la mano
per chiedere un aiuto economico, soprat-
tutto in questo periodo di crisi generale.
Ma lo facciamo con umiltà e semplicità,
come lo faceva san Francesco, nella consa-
pevolezza che da parte nostra ci deve esse-
re sempre un cuore responsabile nel servi-
zio al giornale, un cuore libero da qualsia-
si interesse, un cuore pronto al sacrificio
affinché l’Eco, voluto da Maria, possa con-
tinuare a circolare e a raggiungere i suoi
figli sparsi in tutto il mondo. A Lei affidia-
mo i passi futuri e tutte le necessità di que-
sto piccolo, ma sempre atteso, giornale.
Grazie ancora di vero cuore!
L’equipe dell’Eco
Villanova M., 1° marzo 2011
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ENSIERI SEMPLICI
di
Pietro Squassabia
B
UON CAMMINO VERSO
LA
P
ASQUA DI
R
ESURREZIONE
!
I lettori scrivono
Padre Stanislao da Pula (Croazia):
“La Regina della Pace Vi ricompensi
abbondantemente. In Eco trovo spesso
informazioni ed esempi edificanti. Corag-
gio!”.
Maria Calcagno dall’Uruguay: “Gra-
zie di cuore, l’Eco è come acqua fresca per
l’anima. Che il Signore vi colmi di benedi-
zioni”.
Carla Bucciarelli dall’Italia: “Grazie
per il vostro lavoro. L’Eco che scarico da
internet mi è di grande aiuto per restare a
Medjugorje… Quando lo leggo il mio cuo-
re si rinfranca e riprendo il cammino! Vi
invio nelle mie possibilità una piccola
offerta, non lasciateci mai. Grazie”.
R. Evans da Manjimup (Australia):
“Grazie per le copie dell’Eco che mi invia-
te. Vi mando una piccola offerta perché
possiate continuare!”.
Louise M. Dunn da Stanford
(U.S.A.): “I vostri scritti sono meravigliosi
e stimolanti dal punto di vista spirituale. Vi
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