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Eco di Maria Regina della Pace 184 (Novembre-Dicembre 2005)

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Messaggio del 25 settembre 2005:
Cari figli, anche se siete lontani dal
mio cuore vi chiamo nell’ amore: conver-
titevi. Non dimenticate: Io sono vostra
madre e sento dolore per ognuno di voi
che è lontano dal mio cuore, ma Io non vi
abbandono. Credo che potete lasciare la
via del peccato e decidervi per la santità.
Grazie per aver risposto alla mia chia-
mata.
Lasciate
la via del peccato
Due vie ci stanno davanti: la vita ed il
bene, oppure la morte ed il male (Dt 30,15).
Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la
benedizione e la maledizione; scegli dun-
que la vita, perché viva tu e la tua discen-
denza, amando il Signore tuo Dio, obbe-
dendo alla sua voce e tenendoti unito a Lui,
poiché è Lui la tua vita
(Dt 30,19b-20a).
Siamo liberi di scegliere e ad ogni istan-
te effettivamente scegliamo. Sono innume-
revoli le occasioni concrete nelle quali
giornalmente operiamo le nostre scelte e
talvolta ne sottovalutiamo l’importanza;
eppure ogni scelta è un passo sulla via del-
la benedizione o su quella della maledizio-
ne. Non è possibile infatti relegare Dio in
uno spazio a Lui riservato o dedicargli un
tempo suo proprio.
Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il
cuore, con tutta l’anima e con tutte le tue
forze
(Dt 6,5). A Dio si dà tutto o si rischia
di non dargli niente. Dio non è un idolo,
non è un talismano, non è una polizza di
assicurazione da tirare fuori al momento
del bisogno; non è un’idea, né un concetto;
non è una ideologia e neanche un’etica e
nemmeno una religione. Dio è il VIVEN-
TE, è il Signore della vita, è la nostra vita e
solo in Lui noi siamo realmente vivi!
Spesso crediamo di vivere, di gestire la
vita nostra ed anche quella degli altri, e for-
se siamo solo ciechi e guide di ciechi (Mt
15,14). Cari figli, con amore vi chiamo:
convertitevi; anche se siete lontani dal
mio cuore
. È chiamata accorata alla conver-
sione, a scegliere la via della benedizione e
della vita. È un appello carico d’amore
materno e di dolore. Non dimenticate: Io
sono vostra madre e sento dolore per
ognuno di voi che è lontano dal mio cuore
.
Non c’è minaccia ma solo amore e sof-
ferenza per i figli che si tengono lontani dal
suo Cuore. Non c’è risentimento per la
nostra ingratitudine. Lei, l’umilissima, non
cerca riconoscimenti umani, né platee osan-
nanti, né trionfi mondani. Lei desidera solo
condurci al Padre e non ci abbandona.
Siamone certi. La Mamma non si arresta
davanti al nostro peccato e se la invochia-
mo, anche solo in punto di morte, lei inter-
cede per noi e ci ottiene il perdono divino.
Solo il nostro consapevole e ostinato rifiuto
può frenarla nella sua determinazione ad
ottenerci perdono e salvezza.
Non occorrono grandi preghiere, basta
desiderare con animo sincero il suo inter-
vento; eppure l’uomo insensato non intende
e lo stolto non capisce
(Sal 91,7). Ma lei
non ci abbandona ed anzi manifesta anco-
ra fiducia in noi: Credo che potete lascia-
re la via del peccato e decidervi per la
santità
. Noi, usi a dar credito anche a chi
non ne merita, come mai siamo così restii a
credere a lei? Pur così lontani dal suo
cuore
potremmo almeno provare a darle
credito, provare a sperimentare i suoi sug-
gerimenti; se lo faremo senza malizia ma
con sincerità ed onestà, con umiltà, proprio
come i bambini, ci ritroveremo sulla via
della santità, dove conosceremo non solo il
perdono ma anche la dolcezza della benedi-
zione di Dio e la stupenda bellezza della
vita in Cristo Gesù.
Questa mia certezza non è fondata sulle
nostre umane forze o capacità ma sulla
potenza della misericordia divina, sull’ar-
dente amore materno di Maria, sulla parola
di Gesù venuto a chiamare non i giusti ma
i peccatori
(Mt 9,13b).
Nuccio Quattrocchi
Messaggio del 25 ottobre 2005:
Figlioli, credete, pregate e amate e
Dio vi sarà vicino. Vi donerà tutte le gra-
zie che da Lui cercate. Io sono per voi
dono, poiché Dio mi permette di essere
con voi di giorno in giorno e amare ognu-
no di voi con amore infinito. Perciò,
figlioli, nella preghiera e nell’umiltà
aprite i vostri cuori e siate testimoni del-
la mia presenza. Grazie per aver risposto
alla mia chiamata.
Credete, pregate e amate
Viene in mente la preghiera che
l’Angelo ha insegnato ai tre pastorelli di
Fatima nella prima apparizione: Mio Dio,
io credo, adoro, spero e Ti amo. Io Ti chie-
do perdono per quelli che non credono, non
adorano, non sperano e non Ti amano.
Da
quella lontana primavera del 1916 ad oggi
quante cose sono cambiate nel mondo!
Eppure ciò che veramente conta, ciò che è
decisivo per la sorte degli individui e delle
nazioni, rimane immutato.
Creato ad immagine di Dio, l’uomo non
può cancellare questa immagine e non può
prescindere da essa senza perdere la propria
identità. Creati a Sua immagine per diven-
tare, nella pienezza dei tempi, cioè a com-
pimento del disegno d’amore di Dio, Suoi
figli in Cristo Gesù. Oggi viviamo il giorno
ultimo, il giorno in cui è in atto la ricapito-
lazione in Cristo di tutte le cose
(Ef 1, 10),
di tutto il creato.
Questo è il giorno del Signore, ed anche
se per il metro con cui noi misuriamo il
tempo questo giorno conta già 2000 anni,
ben sappiamo che davanti al Signore un
giorno è come mille anni e mille anni come
un giorno solo
(2 Pt 3, 8). Questo è il gior-
no in cui dobbiamo scegliere, prendere una
decisione perché il Signore verrà per cia-
scuno di noi e non tarderà. Vegliate, dun-
que, perché non sapete in quale giorno il
Signore vostro verrà
(Mt 24, 42) e siate
pronti perché, nell’ora che non immagina-
te, il Figlio dell’uomo verrà
(Mt 24, 44).
Figlioli, credete, pregate e amate e Dio vi
sarà vicino
: questo è il modo di vegliare.
Allora la Sua venuta non ci sorprenderà
come un ladro (cfr 2 Pt 3, 10) anzi corone-
rà l’attesa dell’incontro sponsale dell’ani-
ma con il suo Signore.
Credere è accogliere il dono della fede;
è la nostra risposta positiva alla chiamata di
Dio. Credere è lasciarsi rapire nello Spirito
Santo per conoscere ed accogliere ciò che è
nascosto ai dotti ed ai sapienti (Lc 10, 21).
Credere è vivere il magistero della Chiesa.
Pregare è stare al cospetto di Dio con
cuore aperto, è respirare Cristo, è palpitare
dei palpiti di Gesù e Maria, è lasciarsi vive-
re da Loro, scomparire in Loro. Amare è
T
EMPO DI
A
VVENTO
:
tempo di silenzio,
tempo di attesa...
Novembre - dicembre 2005 - Edito da Eco di Maria, C.P.
27 31030 Bessica (TV)
(Italia) - Tel / fax 0423. 470331
A. 21, n. 11-12; Sped.a.p. art.2,com.20/c, leg.662/96 filiale di MN-Autor.tribun.MN: 8.11.86, ccp 14124226
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contemplare l’Amore incarnato, crocifisso
e risorto in Gesù ed in ogni creatura in cui
Egli ha posto la Sua dimora. Amare è vive-
re alla scuola di Maria. Se crediamo, pre-
ghiamo ed amiamo in verità e non a parole,
se fede, preghiera ed amore sono le caratte-
ristiche salienti della nostra vita allora sen-
tiremo la vicinanza di Dio e nulla ci sepa-
rerà da Cristo
. Dio vi donerà tutte le gra-
zie che da Lui cercate
: quali grazie se non
quelle che alimentano la nostra vita di fede?
Se veramente crediamo, preghiamo ed
amiamo in modo tale da attirare Dio vicino
a noi di quali altre grazie abbiamo bisogno
se non di quelle che ci confermino nella
comunione con Gesù e Maria? Questo è un
tempo di grazia
ci ha ricordato tante volte
Maria e come tale va vissuto.
Oggi, ancor più esplicitamente, ci dice
Io sono per voi dono, poiché Dio mi per-
mette di essere con voi di giorno in gior-
no e amare ognuno di voi con amore infi-
nito
. Quel che noi abbiamo veduto, quel
che abbiamo udito noi lo annunciamo a voi
perché anche voi possiate farne tesoro.
Nella preghiera e nell’umiltà aprite i
vostri cuori e siate testimoni della mia
presenza
.
Preghiera, umiltà e cuore aperto a Dio
sono caratteristiche di Maria, nostra Madre;
Lei ce le offre in eredità; accettiamole e la
conversione che opereranno in noi ci costi-
tuirà testimoni attendibili, eco fedele, della
Sua presenza a Medjugorje.
N.Q.
Pontefice ha fatto risuonare nel cuore dei
Confratelli. Tuttavia, consapevole delle
imperfezioni di ogni uomo, il Santo Padre
ha ricordato che per raggiungere l’ideale di
perfezione bisogna continuamente riparare
se stessi: “In uno strumento musicale a cor-
de che ha una corda rotta la musica non può
essere suonata come dovrebbe. Così la
nostra anima appare come uno strumento
musicale nel quale purtroppo qualche corda
è rotta, e quindi la musica di Dio che
dovrebbe suonare dal profondo della nostra
anima non può echeggiare bene. Rifare
questo strumento, conoscere le lacerazioni,
le distruzioni, le negligenze, quanto è tra-
scurato, e cercare che questo strumento sia
perfetto, sia completo perché serva a ciò
per cui è creato dal Signore”.
Siamo qui per correggerci
Paterno e rassicurante il tono, ma anche
chiaro ed eloquente: “Nessuno di noi vede
bene se stesso e le sue mancanze. La corre-
zione fraterna è un’opera di misericordia.
Penso che proprio una delle funzioni della
collegialità è quella di aiutarci perché diven-
tiamo più aperti e conoscere le lacune che
noi stessi non vogliamo vedere”.
Ma poi aggiunge con fermezza: “Solo se
viene da un cuore umile che non si pone al
di sopra dell’altro, non si considera meglio
dell’altro!”.
Bellezza nella diversità
La varietà degli interventi, seppur
incentrati sulla stessa tematica, ha reso evi-
dente la diversità presente nella Chiesa di
Cristo. Una ricchezza da valorizzare sem-
pre più in un mondo globalizzato, che ten-
de a standardizzare ogni cosa, appiattendo
così l’opera scaturita dalla straordinaria
creatività di Dio: “Proviamo una gioia pro-
fonda nel constatare l’unità della nostra
fede eucaristica pur all’interno di una gran-
de diversità di riti, di culture e di situazioni
pastorali” – scrivono nel Messaggio finale.
“La presenza di tanti Fratelli vescovi ci ha
permesso di sperimentare in maniera anco-
ra più diretta la ricchezza delle nostre diver-
se tradizioni liturgiche che fa risplendere la
profondità dell’unico mistero eucaristico”.
Dobbiamo aver coraggio
È un impegno che coinvolge tutti noi
cristiani inseriti in contesti diversi - nella
famiglia, nel lavoro, nelle comunità religio-
se: non bisogna mai temere la diversità, ma
promuoverla a tutti costi, sapendo che in
questo modo anche la nostra originalità ver-
rà preservata, insieme a quella degli altri.
Ci unisce la fede nell’unico Dio, Padre
di Gesù Cristo; ed è l’Eucaristia che ci ren-
de uno, che ci “ricapitola” in Lui. Per que-
sto concludiamo con le stesse parole del
Papa: “Laddove l’uomo si fa unico padrone
del mondo e proprietario di se stesso, non
può esistere la giustizia. Là può dominare
solo l’arbitrio del potere e degli interes-
si…Se rimaniamo uniti a Lui, allora porte-
remo frutto anche noi, allora anche da noi
non verrà più l’aceto dell’autosufficienza,
della scontentezza di Dio e della sua crea-
zione, ma il vino buono della gioia in Dio e
dell’amore verso il prossimo”.
Stefania Consoli
Il Sinodo
dei vescovi:
Un pane di comunione
Ha segnato le ultime battute dell’anno
dedicato all’Eucaristia; una conclusione
che tuttavia intende essere una nuova par-
tenza, oltre che la prosecuzione del cammi-
no millenario della Chiesa. Il Sinodo dei
vescovi dal tema: “L’Eucaristia: fonte e
culmine della vita e della missione della
Chiesa”,
è stato dunque l’atto finale di un
lungo anno di riflessioni, interventi, pagine
scritte in varie forme, su quello che costi-
tuisce il mistero centrale della vita cristia-
na. L’Eucaristia, per l’appunto. Il Santo
Padre ne ha suggellato il termine con la
celebrazione della S. Messa domenica 23
ottobre
- Giornata Missionaria Mondiale e
giorno in cui sono stati canonizzati cinque
nuovi santi.
Ma cos’è un Sinodo?
Leggiamo dal dizionario: “Nel cattoli-
cesimo il Sinodo è un organo collegiale
perpetuo istituito nel 1965 e costituito da
circa 200 Vescovi, rappresentanti di tutto
l’episcopato cattolico, che coadiuva l’atti-
vità pastorale del Pontefice”.
Ed è quello che è avvenuto nelle prime
tre settimane di ottobre, in cui 256 Padri
sinodali eletti dalle proprie Conferenze epi-
scopali o dallo stesso Papa, insieme ad alcu-
ni uditori esterni, si sono riuniti intorno a
Benedetto XVI per riflettere sulle proble-
matiche che interpellano la Chiesa di oggi.
Generalmente il Santo Padre consulta i
Vescovi per decidere il tema (ma in questo
caso è stato Giovanni Paolo II a scegliere il
tema dell’Eucaristia). Poi si inviano alle
Conferenze Episcopali i ‘Lineamenta’ pre-
parati dalla Segreteria Generale del Sinodo,
con lunghi questionari. In seguito si elabo-
ra il documento ‘Instrumentum Laboris’
(strumento di lavoro, ndr), inviato ai
Vescovi che parteciperanno al Sinodo affin-
ché ognuno di loro possa gettare luce sulla
problematica.
Il Sinodo ha una dimensione solo con-
sultiva; presenta al Papa proposizioni, e
questi le riceve e prende quelle che ritiene
opportune. Infine si emana un documento.
Il Papa del Sinodo
Voleva essere ricordato così; lo aveva
espresso più volte, sostenendo che la sua
formazione deve molto a questa esperienza.
Giovanni Paolo II, infatti, è stato membro
di tutte le assisi sinodali (dal 1967 fino al
2001). Era proverbiale la sua partecipazio-
ne attenta. Scrivono fonti vaticane: “Solo le
Udienze Generali del mercoledì gli impedi-
vano di stare con i confratelli, di conoscer-
li meglio, di condividere le loro preoccupa-
zioni, di rafforzarli nell’urgente impegno
della nuova evangelizzazione”.
Il necessario aggiornamento
Non lascia mai incompiute le opere
avviate dal suo “venerato predecessore” –
come lo ama chiamare. Ma non manca
neanche di personalizzarle, di imprimere
cioè il suo stile: più sobrio e riservato, ma
estremamente incisivo ed attento.
Così Papa Ratzinger ha affrontato il
Sinodo con un ruolo da protagonista,
apportando però i frutti della sua lunga
esperienza sinodale. Non sorprende quindi
la volontà di Benedetto XVI di offrire un
nuovo slancio al Sinodo dei Vescovi, carat-
terizzato oggi da una continuità innovativa
nei lavori, in un ambiente di collegialità.
Tra le novità, la riduzione del tempo a dis-
posizione di ciascun partecipante per rita-
gliare uno spazio da destinare al libero
scambio di opinioni e agli approfondimen-
ti. In tal modo si è favorito un clima più
spontaneo di espressione e condivisione.
Un lungo treno
È nel suo discorso introduttivo che il
Papa ha tracciato i binari sui quali far scor-
rere il lungo treno del Sinodo, variopinto e
composito perché formato da vagoni prove-
nienti da ogni parte del mondo, ognuno
carico dei propri bagagli etnici e culturali.
Come primo “imperativo” Benedetto
XVI ha invitato tutti a: “non essere sordi a
Cristo, perché le orecchie dei nostri cuori
sono talmente piene di tanti rumori del
mondo che non possiamo sentire questa
silenziosa presenza che bussa alle nostre
porte”. Ma poi in modo più diretto ha inter-
pellato la coscienza dei presenti:
Riflettiamo se siamo realmente disponibili
ad aprire le porte del nostro cuore; o forse
questo cuore è pieno di tante altre cose che
non c’è spazio per il Signore. E così, insen-
sibili, sordi alla sua presenza non sentiamo
l’essenziale!”.
Siate perfetti come il Padre vostro
È questo il secondo richiamo che il
2
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I vescovi fanno eco
alle voci del mondo
Fame di Eucaristia!
È questo il grido che si leva nella testi-
monianza di molti prelati: le anime hanno
fame di Cristo, ma sono pochi i sacerdoti
disponibili per soddisfare la richiesta di
celebrazioni eucaristiche. L’esiguo nume-
ro di vocazioni sacerdotali
è una situazio-
ne che danneggia sia i sacerdoti che sono
costretti a correre da una parte all’altra per
sopperire alla mancan-
za di presbiteri, sia il
popolo di Dio che in
alcune zone è letteral-
mente costretto ad un
digiuno eucaristico
forzato
, come riporta
un Vescovo del Sud-
Africa: “per via della
carenza di sacerdoti, ci
sono molte comunità
che celebrano la Messa solo una volta al
mese o una volta ogni due mesi!”.
Diverse le cause evidenziate.
Sicuramente la secolarizzazione nelle aree
occidentali del Pianeta non favorisce l’au-
mento di “operai nella vigna del Signore”.
Ma è anche vero che in alcuni Paesi mentre
i seminari sono stracolmi, i fedeli da segui-
re sono pochi perché “la liturgia è noiosa e
monotona”, come testimonia il rappresen-
tante coreano.
“Bisogna insistere nella giusta redistri-
buzione dei sacerdoti nel mondo”, com-
menta il vescovo delegato del Mozambico;
mentre quello del Libano fa presente che:
“Inviare sacerdoti in un paese dove manca-
no da un paese che ne ha in numero suffi-
ciente, non è una soluzione ideale, quando
non si tiene conto delle tradizioni, delle abi-
tudini e della mentalità. Il problema resta
aperto”,
Se poche sono le vocazioni sacerdotali,
perché non ordinare uomini sposati, i
cosiddetti “viri probati” (uomini coniugati
che conducono vite esemplari e hanno una
solida conoscenza della dottrina cattolica)
come già in uso nelle Chiese Orientali? - si
sono chiesti i vescovi. Ma ancora una volta
si è ribadito con convinzione il celibato
come “dono senza prezzo”
nella vita del
sacerdote. “La Chiesa maronita ammette i
sacerdoti coniugati. Tuttavia, occorre rico-
noscere che il matrimonio dei sacerdoti, se
risolve un problema, ne crea altri molto
gravi. Un sacerdote sposato ha il dovere di
occuparsi della consorte e dei figli, deve
assicurare loro una buona educazione ed
una posizione sociale” - racconta il
Patriarca di Antiochia. A questo proposito il
Papa nell’omelia conclusiva ha detto: “Sul
mistero eucaristico, celebrato e adorato, si
fonda il celibato che i presbiteri hanno rice-
vuto quale dono prezioso e segno dell’a-
more indiviso verso Dio e il prossimo”.
Tra le altre, una problematica che inte-
ressa un sempre maggiore numero di perso-
ne: la comunione ai divorziati. Tema scot-
tante perché, come afferma un arcivescovo
della Nuova Zelanda: “Vi sono coloro il cui
primo matrimonio è finito in modo triste.
Non hanno mai abbandonato la Chiesa, ma
attualmente sono esclusi dall’Eucaristia.
Dobbiamo trovare modi per includere quan-
ti hanno fame del Pane di Vita”.
Nel messaggio finale i vescovi si dico-
no consapevoli della “tristezza di quanti
non possono accedere alla comunione
sacramentale per una situazione familiare
non conforme al comandamento del
Signore”, ma riconfermano il divieto esi-
stente. Sensibili però al problema, hanno
esortato i tribunali ecclesiastici che decido-
no sugli annullamenti dei matrimoni a fare
tutti “gli sforzi possibili” per lavorare in
modo più “corretto e veloce”.
Luci e ombre quindi in una Chiesa che
a 40 anni del Concilio si confronta con
l’Eucaristia “come una lente attraverso la
quale verificare continua-
mente il proprio volto e il
proprio cammino”. Ma
questo sguardo realistico
e obbiettivo era necessa-
rio ed auspicabile perché
la Sposa bella di Cristo
sia davvero una risposta
credibile alle sfide di un
mondo che fa di di tutto
per cancellare Dio. Per
questo Benedetto XVI ha raccomandato ai
Confratelli: “durante il Sinodo non soltanto
diciamo cose belle sull’Eucaristia, ma
soprattutto viviamo della sua forza”.
S.C.
Divieto ai cinesi
Quattro i vescovi ai quali è stato impe-
dito di partecipare al Sinodo. Mons. Wei,
uno di loro, racconta che da quando ha rice-
vuto la lettera-invito del Papa, è andato
ogni giorno a chiedere di ricevere il passa-
porto, ma gli è stato sempre negato.
Il vice presidente dell’Associazione
Patriottica ha dichiarato che il Vaticano era
stato “scortese” perché aveva invitato i
vescovi senza passare attraverso i canali
ufficiali che gestiscono gli affari della
Chiesa, e cioè l’Associazione Patriottica e
il consiglio dei vescovi cinesi.
L’Associazione Patriottica è un organismo
non ecclesiale, di cui fanno parte membri
atei legati al Partito comunista, il cui scopo
è il controllo della Chiesa – anche econo-
mico – e la crescita di una chiesa indipen-
dente dalla Santa Sede. Per chi non lo
sapesse, la Cina non consente al Vaticano
di nominare vescovi, dicendo che interferi-
rebbe con i suoi affari interni, e si rifiuta di
permettere ai cattolici di riconoscere l’au-
torità del Papa.
Nell’omelia, il Papa ha inviato anche un
“fraterno saluto” alla Chiesa in Cina: “Con
viva pena abbiamo sentito la mancanza dei
loro rappresentanti”, ha detto il Pontefice.
“Voglio tuttavia assicurare a tutti i Presuli
cinesi che siamo loro vicini con la preghie-
ra. Il sofferto cammino delle comunità, affi-
date alla loro cura pastorale, è presente nel
nostro cuore: esso non rimarrà senza frutto”.
La Messa, punto di incontro
“Il Burundi, paese cristiano con più del
60% di cattolici, ha vissuto conflitti tragici
tra le diverse comunità etniche del paese,
che sono degenerati in guerra civile, al pun-
to che le persone delle diverse etnie non
osavano nemmeno più incrociarsi per stra-
da. Le Celebrazioni Eucaristiche sono
diventate luoghi privilegiati dove i fedeli di
diverse etnie hanno potuto incontrarsi e
pregare per la riconciliazione”.
(Vescovo del Burundi)
Dove manca la domenica
“La celebrazione della ‘Eucaristia
domenicale’ presuppone l’esistenza della
‘Domenica’ - in particolare l’esistenza del
giorno del Signore. In alcune parti del mon-
do, ciò non è possibile: ad esempio in
Arabia Saudita o in altri paesi islamici. La
domenica è un giorno lavorativo e non si
celebra l’Eucaristia perchè non esistono
Chiese, né sacerdoti, o perché non vi è alcu-
na libertà religiosa. Molti cristiani che lavo-
rano e vivono in paesi islamici provengono
dall’Eritrea e dall’Etiopia. Prima di emigra-
re nei paesi islamici, sono costretti a cam-
biare i loro nomi cristiani in nomi islamici
e, in particolare, le donne devono indossare
indumenti secondo la tradizione musulma-
na. Una volta raggiunta la destinazione
finale, i loro passaporti vengono requisiti e
rimangono vittime di ogni tipo di abuso.
Molti di essi sono costretti dalla circostan-
ze a convertirsi alla religione islamica”.
(Arcivescovo dell’Etiopia)
I mussulmani si associano
al Mistero Pasquale
“Noi siamo Chiese particolari molto
piccole che vivono in un contesto dove
l’Islam ha influenzato fortemente la cultu-
ra. Per le necessità della nostra missione,
alcune persone vivono lontane da qualun-
que presenza sacerdotale. Di fatto possono
partecipare all’Eucaristia solo sporadica-
mente. La nostra azione di grazie si unisce
a quella dei nostri amici musulmani che
adorano Dio per l’opera della creazione e
per la misericordia. Spiritualmente, possia-
mo unire le loro preghiere ai nostri Sacrifici
Eucaristici. Alcune volte restiamo ammira-
ti per come i nostri amici musulmani ‘si
associano misteriosamente al Mistero
Pasquale’. Quando offriamo la nostra vita a
Cristo, offriamo, anche, in qualche modo,
quella dei nostri amici. Per una Chiesa par-
ticolare il modo di vivere l’Eucaristia è
inseparabile dalla storia del popolo alla
quale è stata assegnata dal Signore”.
(Vescovo dell’Algeria)
Solo pane materiale
“In Romania, i comunisti hanno cercato
di dare all’uomo soltanto il pane materiale,
ed hanno voluto cacciare dalla società e dal
cuore della persona umana il ‘pane di Dio’.
Affinché i sacerdoti non potessero più cele-
brare e parlare di Dio furono messi in car-
cere per la sola colpa di essere cattolici. Nel
famoso periodo della “rieducazione” e del
“lavaggio del cervello” nelle carceri della
Romania, per prendersi gioco dei sacerdoti,
per ridicolizzare l’Eucaristia e per distrug-
gere la dignità umana, i persecutori li han-
no obbligati a celebrare con degli escre-
menti, ma non sono riusciti a togliere loro
la fede. Mai, nessuno lo saprà. Questi mar-
tiri moderni, del XXº secolo hanno offerto
tutta la loro sofferenza al Signore per la
dignità e la libertà umana”.
(Arcivescovo della Romania)
3
Eco 184
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Maria,
donna del silenzio
Tra i tanti appellativi mariani, in cui non
sai mai se ammirare di più la fantasia dei
poeti o la tenerezza della pietà popolare, ne
ho trovato uno di straordinaria suggestione:
Maria, cattedrale del silenzio.
Maria è appunto quella cattedrale gotica
che custodisce il silenzio. Gelosamente.
Non lo rompe neppure quando parla. Ma
perché?
Intanto perché è una donna di poche parole.
Nel Vangelo parla appena quattro volte.
All’annuncio dell’angelo. Quando intona il
Magnificat. Quando ritrova Gesù nel tem-
pio. E a Cana di Galilea.
Poi, dopo aver raccomandato ai servi
delle nozze di dare ascolto all’unica parola
che conta, lei tace per sempre.
Ma il suo silenzio non è solo assenza di
voci. Non è il vuoto di rumori. E neppure il
risultato di una particolare ascetica della
sobrietà. È, invece, l’involucro teologico di
una presenza. Il guscio di una pienezza. Il
grembo che custodisce la Parola.
Uno degli ultimi versetti della Lettera ai
romani ci offre la cifra interpretativa del
silenzio di Maria. Parla di Gesù Cristo
come “rivelazione del mistero taciuto per
secoli eterni”.
Cristo, mistero taciuto. Nascosto, cioè.
Segreto.
Letteralmente: avvolto nel silenzio.
In altri termini: il Verbo di Dio nel grembo
dell’eternità era fasciato di silenzio.
Entrando nel grembo della storia, non pote-
va avere altre bende. E Maria gliele ha
offerte con la sua persona.
È divenuta così il prolungamento terre-
no di quell’arcano tacere del cielo. È stata
costituita simbolo per chi vuol mantenere
segreti d’amore. E per tutti noi, devastati
dal frastuono, è rimasta scrigno silente del-
la Parola: “Serbava tutte quest cose nel suo
cuore”.
Santa Maria, donna del silenzio, riporta-
ci alle sorgenti della pace. Liberaci dall’as-
sedio della parole. Da quelle nostre, prima
di tutto. Ma anche da quelle degli altri. Figli
del rumore, noi pensiamo di mascherare
l’insicurezza che ci tormenta affidandoci al
vaniloquio del nostro interminabile dire:
facci comprendere che, solo quando avre-
mo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Coinquilini del chiasso, ci siamo persuasi
di poter esorcizzare la paura alzando il
volume dei nostri transistor: facci capire
che Dio si comunica all’uomo solo sulle
sabbie del deserto, e che la sua voce non ha
nulla da spartire con i decibel dei nostri
baccani.
Spiegaci il senso profondo di quel bra-
no della Sapienza, che un tempo si leggeva
a Natale facendoci trasalire di meraviglia:
“Mentre un profondo silenzio avvolgeva
tutte le cose, e la notte era a metà del suo
corso, la tua Parola onnipotente dal cielo,
dal tuo trono regale, scese sulla terra…”.
Riportaci, ti preghiamo, al trasognato stu-
pore del primo presepe, e ridestaci nel cuo-
re la nostalgia di quella “tacita notte”.
Don Tonino Bello, vescovo
(da: Maria, donna dei nostri giorni)
Il grande sconosciuto
Hans Urs von Balthasar
In verità è sconosciuto solo a casa sua,
dove si tace con ostinazione quando si trat-
ta del “grande teologo svizzero Hans Urs
von Balthasar
”. All’estero però le sue ope-
re sono richieste, apprezzate e facilmente
acquistabili. Traduzioni in diverse lingue e
numerose dissertazioni sulla sua vita e sul-
la sua opera gli fanno onore. I cardinali e i
vescovi arrivati da tre continenti per parte-
cipare al suo Giubileo hanno testimoniato
l’apprezzamento di cui gode il teologo nel-
la Chiesa di oggi.
Pubblichiamo qui di seguito una breve
sintesi dell’omelia del vescovo di Basilea -
Kurt Koch - tenuta in occasione del
Centenario della nascita
di
von
Balthasar (12.08.1905) nella Chiesa par-
rocchiale di Lucerna, dove il teologo ora è
sepolto. Questa chiesa conventuale è la
stessa dove l’attuale papa e il cardinale
d’allora Ratzinger celebrò il 1° luglio 1988
il suo funerale.
TESTIMONIARE
LA BELLEZZA DI DIO
Vivere del Battesimo ed essere, attraver-
so di esso, chiamato alla sequela di Cristo è
stato il movente della vita cristiana di von
Balthasar, della sua esistenza ecclesiale e
della sua attività teologica, con quella radi-
calità che risplende nelle parole di Gesù:
“Chi ama di più il padre o la madre, non è
degno di me”. Proprio perché prendeva sul
serio questa vocazione alla sequela, il suo
sguardo sui consigli evangelici di povertà,
castità, obbedienza era informale, tanto che
egli applicava tali consigli anche ai laici.
L’obbedienza cristiana ed ecclesiale –
che fu intesa da von Balthasar come stare
in ascolto di Dio e della sua volontà – nasce
dall’ascolto della Parola di Dio. Per il teo-
logo, la bellezza dell’obbedienza nella
Chiesa consisteva nel fatto che si può obbe-
dire solo a quelle persone che sono a loro
volta obbedienti, poiché sia un laico, sia un
diacono, sia il sacerdote o il vescovo - tutti
devono obbedienza a Dio. L’obbedienza
nella Chiesa non è mai in rapporto ad
un’autorità formale.
Grazie a questo sguardo profondo sul-
l’obbedienza intesa in senso biblico, von
Balthasar rimase immune a quell’attitudine
antigerarchica presente oggi nella Chiesa,
(un’attitudine che nel suo discorso il card.
Ratzinger definì “malattia”). Von Balthasar
aveva, in sostanza, un grande rispetto per la
struttura petrina della Chiesa cattolica.
In Maria contemplava la Chiesa, nata
proprio dal suo “si”. In Lei riconosceva il
modello, il prototipo dell’obbedienza bibli-
ca, che non parte dalla propria iniziativa,
ma dal ricevere; un’obbedienza cosciente
che la vera fonte della fecondità dell’attivi-
tà apostolica è la contemplazione.
Questa fondamentale attitudine maria-
na ha dato l’impronta a tutta la teologia di
von Balthasar. Solo se il teologo si lascia
sempre di nuovo incontrare - in modo spi-
rituale - dalla Parola di Dio, può essere
voce del vangelo; questo è possibile solo
con una “teologia che sa inginocchiarsi”.
Von Balthasar sosteneva che la sua ope-
ra teologica-letteraria non voleva che esse-
re un dito di Giovanni che mostra il Cristo.
Egli desiderava aiutare gli uomini a guarire
gli occhi del proprio cuore, affinché vedes-
sero il Dio vivente come causa, centro e
scopo della vita umana. “La nostra missio-
ne” è il titolo del libro nel quale egli trat-
teggia il piano della comunità giovannea
che portava nel cuore.
Von Balthasar è stato “conservatore” nel
senso buono del termine, perchè intendeva
custodire anche nelle tempeste del mondo e
della Chiesa d’oggi il bene prezioso e inso-
stituibile del Vangelo cristiano. Nello stesso
tempo fu anche un “progressista” perché
lottò per una nuova spiritualità dei laici,
rivolta al mondo. Ha offerto molti aspetti
nuovi alla Chiesa, ma soprattutto le ha
mostrato con chiarezza che Dio non è solo
vero e buono, ma anche bello. Solo nella
bellezza di Dio risplende il vero volto di tut-
ti gli altri attributi divini. Immagine, azione
e parola si uniscono per dare lode a Dio
come Amore. Solamente in questo amore,
secondo von Balthasar, diventa visibile il
più grande mistero della fede cristiana.
Von Balthasar lottò per una “vera, cri-
stiana teologia della liberazione”. Una teo-
logia che ha la propria sorgente
nell’Eucaristia, nella quale Cristo, lo Sposo
- il più intimo alla Chiesa sua Sposa - dona
se stesso con tutto ciò che ha ed è. Perciò
chi nell’Eucaristia s’innesta nel mistero
dell’offerta della vita di Gesù, fino a radi-
carsi nella sua morte, vivrà nel quotidiano
una vita eucaristica e donerà tutto se stesso
nella sua missione. Chi incontra Cristo nel-
le poco appariscenti specie eucaristiche del
pane e del vino, nelle quali Egli ci offre la
Sua Presenza e nello stesso tempo si
nasconde, potrà scoprirlo anche nel volto
dei poveri e dei sofferenti.
Abbiamo tutti i motivi per essere ricono-
scenti a Hans Urs von Balthasar, perchè ha
indicato alla Chiesa la via della riforma deci-
siva, vale a dire il ritorno all’essenza della
fede cristiana nella sua forma cattolica.
Nei primi anni delle apparizioni a
Medjugorje, gli allora giovani sacerdoti p.
Slavko Barbaric e Tomislav Vlasic visita-
rono von Balthasar a Basilea e portarono a
casa, in dono, le sue parole: “Per quel che
riguarda Medjugorje può esserci solo un
errore: non riconoscere le apparizioni come
vere”.
Padre Rupcic nel suo libro “Medjugorje
- porta del cielo” scrive di un documento
nel quale von Balthasar ammonisce con
serietà il vescovo di Mostar sulla responsa-
bilità che peserà su di lui se egli continurà
a combattere Medjugorje.
(Riduzione di Rita Gervais)
“Ogni giorno che felicità! Ogni giorno io
Ti trovo nell'Eucaristia e, più fortunata
dei tuoi discepoli, posso riceverti nell'a-
nima mia, restare da sola a sola con Te,
unirmi e identificarmi con Te; nutrirmi
della Tua sostanza, incorporarmi con Te
e fare una sola cosa con Te. Quante lacri-
me ho sparse! La mia missione per i fra-
telli è stata sempre aspra e faticosa. Ma
Tu eri venuto a trovarmi al mattino e così
mi sono potuta riposare tutto il giorno
sul tuo cuore ed ho sentito appena il peso
della fatica”.
Madre M. Pia Mastena
Fondatrice delle Suore del Santo Volto
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Cantato, pregato, dichiarato. Da sempre
l’amore è oggetto dell’attenzione dell’uo-
mo. Anzi, in verità, l’amore è l’unica cosa
che cerchiamo e di cui abbiamo realmente
bisogno. E la sua mancanza è la radice di
ogni conflitto: personale, familiare e addi-
rittura mondiale. Sì, perché se ogni indivi-
duo godesse pienamente della porzione
d’amore per cui è stato creato, nessuno si
prenderebbe il fastidio di far battaglia ad
altri. Li amerebbe e basta!
Bisognosi dunque di amore, ricercatori
appassionati, difficilmente lo incontriamo
nella sua essenza più autentica, nella sua
verità e purezza. Parliamo dell’amore gra-
tuito, quello che gode solo di amare e di
essere amato. Quell’amore che libera per-
ché non ti chiede di essere diverso da te
stesso per sentirti amato. Quell’amore che
appaga, perché ti viene incontro per primo
e non ti costringe a diventarne mendicante.
Quell’amore che, in sostanza, nutre l’in-
sopprimibile bisogno annidato nell’uomo e
smorza l’assalto di diversi, nocivi, appetiti.
Più o meno coscienti di questo profon-
do anelito, consumiamo la nostra esistenza
ad attenderlo e a sperarlo, a rincorrerlo e
talvolta a pretenderlo. Qualcuno addirittura
si svende per pochi spiccioli pur di assicu-
rarsi una carezza - per quanto impastata di
egoismo e squallido vantaggio.
Ma cosa cerchiamo veramente: un sen-
timento? Una sensazione? Il piacere di un
momento? Ci siamo mai chiesti che forse
dovremmo occuparci di CHI cercare e non
di cosa trovare? Giacché l’amore non è
un’energia percepibile dai nostri sensi, ma
una persona viva e vera.
“Dio è amore” scriveva s. Giovanni
(1Gv 4,8). È da qui che occorre partire e
qui anche arrivare - il punto di approdo per
ritrovare finalmente quello che con tutto
noi stessi andiamo cercando: Dio-persona,
un essere cosciente e libero che entra diret-
tamente in relazione con noi e si comunica.
Non più, quindi, l’amore come frutto di
relazione, ma l’Amore come soggetto e
oggetto della relazione stessa.
Capito questo inevitabilmente tutto cam-
bia, poiché conosceremo con esattezza i tem-
pi e i luoghi dove incontrarlo: l’Eterno nel
nostro tempo, l’Infinito nel nostro spazio.
Egli si propone a noi in mille modi, cono-
sciuti e sconosciuti. Sempre nuovo eppure
costantemente fedele a se stesso. È amore
vivo nella Scrittura. Amore operante nei
sacramenti. Amore unico e originale nella
storia di ogni uomo, al quale Egli si adatta
per corrispondere con minuzia al più picco-
lo bisogno. E si fa riconoscere perché nes-
suno rimane indifferente al suo tocco che
riscalda, vivifica e trasforma.
Una persona, perciò, l’Amore: libera di
andare e di venire, di nascondersi e di
lasciarsi trovare. Autonomo nelle sue ini-
ziative e tuttavia disarmato di fronte al
nostro cuore supplice. Un’attrazione irresi-
stibile, che lo rende prigioniero inerme del-
le nostre attese.
È questo il senso dell’Avvento che sta
per cominciare: l’attesa di un incontro con
quello che bramiamo - l’Amore fatto bam-
bino, piccolo al punto da entrare in ognuno
di noi e trasformarci in sua culla, in sua
capanna, in suo tempio e tabernacolo per
poter essere realmente l’Emanuele.
In questo tempo santo, nella speranza
germoglia una certezza: a Natale l’Amore
nasce. Senza dubbio. Ma noi potremo acco-
glierlo solo se, come i pastori, ne ascoltia-
mo l’annuncio. Potremo amarlo se come
Maria ci lasciamo coinvolgere; ma anche
sconvolgere nei nostri progetti. Sapremo
custodirlo se come Giuseppe lasciamo la
regola per ascoltare lo Spirito. Sapremo
adorarlo se come i Magi accettiamo di
lasciare i nostri regni per chinarci sulla sua
povertà.
Egli allora entrerà nella nostra vita e ne
farà sua dimora. Noi troveremo pace e
quiete, nella sicurezza di essere amati
dall’Amore stesso, che non ci abbandona,
non ci tradisce, non ci ricatta, ma continua
a ripeterci: “Il Signore tuo Dio in mezzo a
te è un salvatore potente. Esulterà di gioia
per te, ti rinnoverà con il suo amore, si ral-
legrerà per te con grida di gioia, come nei
giorni di festa”
(Sof 3,17).
Stefania Consoli
L’Amore si fa bambino
La verginità consacrata,
un nido fecondo
“Il Signore si è scelto Giacobbe,
Israele come suo possesso”
Alla base della scelta radicale per la
verginità consacrata al Signore, sta sem-
pre l’iniziativa di Dio, la sua chiamata.
Da parte del Signore c’è una proposta d’a-
more, un invito che attrae. Egli si sceglie
quelli che vuole (cfr. Lc 6, 13) e poi si
lascia scegliere nella libertà.
La verginità consacrata è sempre in fun-
zione dell’amore sponsale tra Dio-Sposo e
la persona vergine-sposa. Secondo la logica
di questa terra, non c’è ragione di essere ver-
gini, la motivazione della verginità è tutta
celeste. Essa è la risposta generosa di chi è
stato incantato dalla persona di Gesù Cristo
e vuole far parte della sua opera di salvezza.
Chi risponde alla chiamata viene
introdotto nel pensiero di Dio. Dio stesso
investe sempre di più in questa persona,
svela il suo disegno d’amore che pur essen-
do un disegno universale, comincia a rea-
lizzarsi nei singoli individui che si sono
messi la sua totale disposizione: “Quelli
che ha scelti, li ha anche predestinati per
essere i suoi figli adottivi…”.
Questo è il volere di Dio; rendere tutti
suoi figli. Ma bisogna generare questi figli
in Dio e per Dio. La missione dei “prescel-
ti” va in questa direzione. Sono loro i “pre-
destinati” a trasmettere e diffondere a tutti
il meraviglioso progetto del Padre di far
ritornare ogni uomo nel suo seno paterno.
Come la coppia nell’amore
reciproco concepisce e genera
la vita terrena, così la vergine,
in unione allo Sposo celeste,
concepisce e genera la vita
divina ed eterna. Come ciò
accada, lo vediamo in Maria
che, dopo il suo consenso,
fecondata dallo Spirito Santo,
diventa Madre di Dio.
Per capire il senso profon-
do e la fecondità della vergi-
nità consacrata è necessario
riferirsi a Maria e agli avvenimenti della
sua vita.
Dio la chiama e le promette la
fecondità in condizioni particolari. Essa
risponde: “Come è possibile?”.
Ugualmente anche noi ce lo chiediamo e
se lo chiedono quelli che ci circondano. La
risposta, per Maria e per ogni anima chia-
mata all’opera del Signore, viene data dal-
l’angelo mandato da Dio: “Lo Spirito Santo
scenderà su di te, su te stenderà la sua
ombra la potenza dell’Altissimo
” (Lc 1,35).
Quando Dio intraprende un’opera, è
Lui stesso ad assicurare il suo compimento,
la sua fecondità. L’angelo continua e dice a
Maria che quel Frutto non sarà suo, ma sarà
Figlio di Dio (cfr. Lc 1, 35). Maria è tutta al
servizio di Dio, dei suoi piani e progetti,
spesso inspiegabili ai nostri occhi. Lei
genera il Figlio di Dio, lo presenta e offre a
Dio con la consapevolezza piena che non le
appartiene. Lo stesso vale per una persona
vergine: porta in sé una fecondità misterio-
sa che solo il suo Autore vede e conosce
fino in fondo.
Come ogni rinuncia e sacrificio, così
anche la verginità non può essere fine a
se stessa. È il mezzo per
aprirsi ai beni più grandi, più
desiderati ed amati. Ci porta
ad appartenere al Signore con
tutta la nostra esistenza e l’in-
tegrità della nostra persona,
consacrandogli tutte le facol-
tà e potenzialità, sapendo che
nelle sue mani non possono
restare né inutili né sterili.
Anzi, si sviluppano piena-
mente.
Solo Dio sa quanti bambi-
ni abortiti, quanti violentati,
sfruttati e non desiderati hanno trovato
madri nelle vergini consacrate. Quanti sono
stati raggiunti dalla loro preghiera ed offer-
ta, accolti ed accompagnati nel loro cam-
mino verso l’eternità. Questo è il progetto
di Dio misericordioso e giusto, che ha i
suoi mezzi infiniti per raggiungere tutti gli
uomini di tutti i tempi, tutte le situazioni,
per offrire un nido da Lui preparato, pieno
di calore e del suo amore. Lì passa la sua
potenza salvifica e porta alla pienezza.
Fecondo è chi trasmette e fa conosce-
re Dio come fonte e amante della vita.
Fecondo è chi fa innamorare altri di Dio, il
Quale “non impone nulla all’anima, neppu-
re il suo amore. Ci cerca continuamente ma
non ci costringe. Ci ama ma non ci oppri-
me. Ci desidera, ma non ci possiede. Ci
lascia liberi di scegliere e di capire, nel fon-
do della nostra anima, dove sta la vita”
(anonimo).
Solo dalla prospettiva di Dio tutto si
vede meglio, anche la fecondità di un seno
verginale a Lui consacrato.
sr. Ana Simic
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Nella vita
dell’Immacolata
di p. Tomislav Vlasic
La consacrazione al Cuore immaco-
lato di Maria echeggia in tutta la spiritua-
lità mariana, soprattutto in quest’ultimo
secolo. Ma cosa significa veramente consa-
crarsi a Maria? Vuol dire entrare nel suo
Cuore immacolato, dal quale dipende
anche la nostra immacolatezza.
È un po’ come se ci trovassimo
nel grembo materno. Noi cristia-
ni, infatti, abbiamo accolto la
vita immacolata e incorrutti-
bile nel sacramento del
Battesimo, e ancora oggi ne
possediamo la grazia. Essa
è già una realtà dentro di
noi ma è anche una promes-
sa: il germe di uno stato
immacolato ancora da rag-
giungere. Ogni battezzato
insieme alla Chiesa è proteso
verso quello che Maria ha raggiunto
per arrivare alla sua stessa unione mistica
con Dio attraverso una donazione completa.
Maria ha ricevuto tale grazia fin dal
concepimento, ma in modo misterioso ne
ha partecipato attivamente all’efficacia
sino alla fine della sua esistenza terrena.
Quello che possiamo cogliere dalla sua vita
- attraverso le parole del Vangelo e dall’e-
sperienza dei santi - sono le sue virtù, che
coincidono perfettamente con i frutti dello
Spirito Santo. In esse si esprime molto bene
la risposta di Maria, che si è elevata nell’u-
nione con Dio per vivere la presenza dello
Spirito Santo. Una presenza che continua-
mente “feconda” il suo grembo e la sua ani-
ma (come ha fatto nel momento
dell’Annunciazione) per generare tutti i
membri del Corpo Mistico di Cristo.
La consacrazione al Cuore immacolato
oltre ad essere una preghiera (formulata in
un modo o in un’altro) è quindi l’ingresso
nelle virtù di Maria. Così la nostra anima si
trasforma in un grembo capace di accoglie-
re lo Spirito Santo, per essere a sua volta
resa feconda.
Maria è immacolata in vista della
morte e resurrezione di Gesù. Ella ha
potuto ricevere questa grazia e collaborare
pienamente, elevandosi in continuo e unen-
dosi con il Figlio, fino a raggiungere la
massima unione nella passione e resurre-
zione. Questo è l’atteggiamento fondamen-
tale che noi dovremmo vivere in tutti i
sacramenti.
Il punto di partenza per seguire la vita
immacolata è perciò la nostra disponibilità
ad essere uniti a Gesù attraverso Maria;
perché la sua immacolatezza è un dono di
Dio per tutti noi e non solo per Lei. Dio
glielo ha affidato affinché Maria sia madre
nostra, una madre che porta i figli nel
grembo e nel cuore.
S. Paolo nella lettera agli Efesini scrive:
“In lui ci ha scelti prima della creazione
del mondo, per essere santi e immacolati al
suo cospetto nella carità”
(Ef 1,4). In
sostanza l’Apostolo parla d’immacolatezza
e di incorruttibilità in vista della santità, per
cui la nostra santità presuppone questo sta-
to, seminato in noi dal Battesimo ma anco-
ra in sviluppo. Ma cosa lo alimenta in noi e
cosa lo impedisce?
Lo alimenta tutto quel cibo che Gesù
Cristo ha lasciato nella Chiesa, in modo
particolare la partecipazione all’Eucaristia e
alla Parola di Dio. Però il discorso non si
esaurisce qui, perchè è necessario entrare
nel termine “partecipare alla Parola di Dio”.
La Parola divina, infatti, ha tutta la potenza
di cambiare la nostra vita. L’Eucaristia ha
tutta la potenza di sfamare i profondi desi-
deri dell’uomo. Ma non basta accoglierle,
bisogna entrare nel loro dinamismo.
Gli impedimenti sono tanti. Sarebbe
meglio dire che essi costituiscono gli ele-
menti di una vera e propria battaglia con-
tro il demonio, contro tutto il male
presente nell’universo. Sarebbe
molto facile elevarsi a Dio per
proprio conto. In realtà noi
portiamo con sé tutte le gene-
razioni passate, le conse-
guenze del peccato originale.
Da qui nasce la battaglia, ma
anche la consapevolezza che
arriveremo a quello che Maria
ha raggiunto. Non più indivi-
dualmente, ma insieme, come
Chiesa. In caso contrario la vita trini-
taria sarebbe una contraddizione. Noi sap-
piamo difatti che la vita divina nelle
Persone della SS. Trinità si esprime con un
continuo donarsi l’una all’altra. Allo stesso
modo anche noi possiamo entrare nella vita
di Dio donandoci in tutto a tutti. Ecco per-
ché la battaglia si fa sempre più ampia e non
ci è dato di chiuderci in noi stessi.
Da questo punto partiamo per esami-
nare la nostra giornata. Cosa facciamo
quando ci alziamo? Ci laviamo e ci prepa-
riamo per poter affrontare meglio il nostro
giorno. Nella vita spirituale vige la stessa
legge. Occorre risvegliarsi, ma in Dio, nel-
lo Spirito Santo. Come si risveglierebbe
oggi Maria? Si risveglierebbe tutta per Dio;
si eleverebbe tutta a Dio.
La preghiera mattutina dovrebbe aiu-
tarci a risvegliarci per contemplare il volto
di Dio: guardarlo, sentirlo, palparlo.
Naturalmente con la fede, la speranza e l’a-
more. Con questo risveglio dell’anima noi
possiamo affrontare bene la giornata per
compiere i nostri doveri, la nostra missio-
ne. Di sera saremo pronti ad immergerci di
nuovo in Dio per eliminare tutto quello che
ci ha appesantito, e preparare così la notte
dove incontrare Dio nel sonno.
Il Magnificat è un’ottima conclusione
della nostra giornata. Se ci impegniamo a
vivere la vita immacolata in un processo
continuo, in noi crescono la gioia e la lode.
E chi è attento alla grazia della giornata e
scalda il rapporto con Dio con piccole pre-
ghiere, di sera raccoglierà i frutti della lode
e la sua anima spontaneamente sarà portata
ad esclamare: “L’anima magnifica il
Signore!”.
Non come una recita composta
da altri, ma come un canto che nasce dal
cuore sempre più puro e immacolato. *
Pellegrini di preghiera
e di carità
L’anno scorso scrissi su Eco che anche i
pullman di pellegrini possono aiutare i pro-
fughi, almeno quelli più vicini a
Medjugorje: presso Capljina e presso
Grude. Alcuni amici mi hanno telefonato
per avere telefoni e indicazioni precise, han-
no poi comprato nei supermercati vicino a
Medjugorje (carne, polli, latte, uova, for-
maggio, tonno, ... frutta, verdura… detersi-
vi…) e hanno portato nelle baracche di
Tasovcici (387 profughi tra cui 104 minori
da 0 a 17 anni), a Domanovici nel vecchio e
fatiscente ex manicomio (170 profughi, di
cui 46 anziani allettati in una specie di infer-
meria), a Dubrava di Grude, pure in barac-
che sconnesse e senza acqua con 87 profu-
ghi (tra i quali 7 bambini e 5 ragazzi) che
spesso hanno solo una minestra di verdure
da mangiare…e a volte neanche quella. In
questi tre campi i profughi sono croati-cat-
tolici della Bosnia centrale.
Nella vicina città di Mostar ci sono però
altre realtà bisognose di aiuto. Nella parte
croata segnalo in particolare: il Centro per
disabili “Nostra famiglia” con le Suore
Ancelle di Gesù Bambino, il pensionato per
anziani, la mensa popolare, le anziane sole e
malate ospitate dalle Suore di S. Vincenzo.
Nella parte musulmana (più disastrata e più
povera): orfanotrofio “Egitto” con 50 bam-
bini, pensionato anziani, Centro Merhamet
con poliambulatorio per i poveri.
Col prossimo pellegrinaggio di carità
ritorniamo al nord della Bosnia dove, anco-
ra ammassati in tanti centri profughi, vivo-
no (o sopravvivono) migliaia di vedove e
orfani di Srebrenica e di altre città in cui
dieci anni or sono massacrarono decine di
migliaia di uomini.
Stiamo ricevendo offerte anche per i tre
casi segnalati sul n. 182 di ECO: pensiona-
to anziani di Stup/Sarajevo; Paolo Gozzo-
Romania; Chiesa di Jasenovac.
Ringraziamo di cuore tutti gli offerenti
e speriamo che il flusso continui ancora per
poter dare a queste tre destinazioni un aiuto
sostanzioso e possibilmente risolutivo.
Resto sempre a disposizione per infor-
mazioni e approfondimenti su tutte queste
realtà. Compatibilmente con gli impegni e le
distanze, segnalo che posso mettermi a dis-
posizione per incontri di sensibilizzazione.
Alberto Bonifacio
Bonifacio Alberto - Centro Informazioni
Medjugorje
Via S. Alessandro, 26 – 23855 PESCATE
(LC)
Tel. 0341-368487 – Fax 0341-368587 – e-
mail: b.arpa@libero.it
Eventuali offerte a:
A.R.PA. Associazione Regina della Pace
Onlus (stesso indirizzo): conto corrente
postale n. 46968640
NOTA DELLA REDAZIONE di ECO:
Vi preghiamo di NON usare il bollettino di
conto corrente postale intestato all’Eco di
Maria per le offerte destinate all’A.R.P.A.
perché si tratta di due realtà separate.
Grazie.
Notizie dalla terra benedetta
Sacerdoti per la Comunità
Il 30 ottobre Mons. Bruno Forte,
Arcivescovo di Chieti-Vasto ha ordinato i
primi due sacerdoti della Comunità
“Regina della Pace, completamente tuoi -
a Gesù attraverso Maria”
fondata nel 1997
da p. Tomislav Vlasic. Ai due novelli pre-
sbiteri i migliori auguri di un ministero san-
to a servizio della Chiesa e dei fratelli.
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I bimbi in pellegrinaggio
a Medjugorje
È il terzo anno che si svolge il pellegri-
naggio di famiglie con bambini a
Medjugorje, nato dal grande cuore di “non-
na Clotti”, originariamente in ringrazia-
mento alla Vergine Maria per la guarigione
di una sua nipotina, ma che subito lo
Spirito Santo ha esteso, coinvolgendo in
quest’esperienza di grazia tanti bambini
con le loro famiglie.
Un centinaio i partecipanti di cui 50 i bam-
bini da 1 a 15 anni, partiti da Milano con
due pullman il giorno della Visitazione.
Accompagnati da due sacerdoti, il pro-
gramma era fatto a misura dei piccoli,
affinché lasciasse spazio all’incontro con
l’amore di Gesù, attraverso la Madre Maria
e l’amicizia.
Un lungo viaggio, accompagnato da gio-
chi, preghiere e canti e con una pausa per
l’ormai consueto tuffo nel mare di
Croazia… una sorta di battesimo!
All’arrivo a Medjugorje le ragazze della
Comunità “Cenacolo” ci hanno accolto con
uno spettacolo sul tema delle apparizioni, e
il 2 del mese i bambini erano tutti intorno
alla veggente Mirjana per assistere all’appa-
rizione straordinaria, preparandosi con ben
due ore di preghiera e canti. Naturalmente
non è mancata la salita sui monti, e proprio
sul Podbrdo, sostando intorno alla statua, un
profondo silenzio ha unito nel Cuore
Immacolato della Madre, i suoi figli con il
Cielo, tra di loro e con tutto il creato.
Nella loro semplicità, i bimbi hanno
colto il grande dono che racchiude
Medjugorje, innanzitutto con il loro vivo
desiderio di tornare ogni anno, e poi espri-
mendo apertamente le loro TESTIMO-
NIANZE
.
Così ha scritto col computer Rosa, una
bambina autistica:
“Dico Vergine c’era. Io unita con Maria ero
sue braccia, ero con Lei, amata. Tenera
figlia ero…Sono felice di avervi conosciu-
ti, con fede si diventa più in fretta amici.
Maria ci ama se i cuori sono aperti”.
Pietro, 10 anni:
“Abbiamo fatto la via Crucia sul Krizevac
a piedi nudi per fare un sacrificio per le ani-
me del Purgatorio”.
Filippo, 9 anni:
“Quando è apparsa la Madonna ho sentito
il mio cuore aperto e qualcosa di fresco e
leggero che passava nei polmoni e veniva
nel cuore”.
Giovanni, 10 anni:
“Sentendo le preghiere dei bambini più pic-
coli ho pensato che i piccoli sono i più
grandi!”.
Luca, 11 anni:
“Ogni ragazzo della Comunità “Cenacolo”
mi ha donato un po’ di gioia, felicità, amo-
re che mi hanno riempito il cuore. Questa
felicità insieme alla gioia penso di averla
donata alle persone tristi e sconfortate,
mentre l’amore l’ho donato alle persone
escluse e rifiutate dagli altri. Da parecchi
anni vengo a Medjugorje, e il momento più
bello è l’apparizione della Madonna a
Mirjana. Un grazie a tutte le persone che mi
hanno aiutato nei momenti di tristezza di
questo pellegrinaggio”.
Paolo, 7 anni:
“È la seconda volta che vado e ho sentito
nel cuore Gesù che mi chiamava e così
anche Maria so che mi vuole bene”.
Emanuel, 9 anni:
“La Madonna ha il cuore d’oro e lo stesso
è per Gesù. Essi vogliono che nel regno ci
sia pace e amore. Cristo si è sacrificato per
noi, e noi per lui dobbiamo mettere la pace
nel mondo”.
Pietro, 12 anni:
“Tu, mamma mi hai detto che da
Medjugorje tornano tutti con qualcosa nel
cuore. Io torno con la voglia di ritornare”.
Andrea, 9 anni:
“Per me il momento più bello è stato anda-
re a fare la recita dai bambini orfani perché
li abbiamo fatti felici”.
Francesco, 11 anni:
“Per me invece quando eravamo riuniti tut-
ti in silenzio sul Podbrdo. Sentivo un gran-
de amore e una grande pace”.
Giorgio, 12 anni:
“Si parte con il cuore un po’ triste e si tor-
na con il cuore più armonioso”.
Samuele, 8 anni:
“Maria, ti amo con tutto il cuore. Amen.”
Teresa, 7 anni:
“è già da un po’ di anni che vengo a
Medjugorje e ogni volta il mio cuore è pie-
no di gioia”.
Giovanni, 12 anni:
“Consiglio a tutti questa esperienza e spero
di partecipare anche l’anno prossimo”.
Elena Ricci
Che potenza la benedizione!
Il 2 ottobre una grande folla era presen-
te all’apparizione a Mirjana, alla quale la
Madonna ha trasmesso il seguente messag-
gio:“Vengo a voi come Madre. Vi porto mio
Figlio, la pace e l’amore. Purificate i vostri
cuori e prendete mio Figlio con voi. Date
agli altri la vera pace e la felicità”.
A que-
ste parole Mirjana ha aggiunto: “La Gospa
ha benedetto ciascuno di noi come pure gli
articoli religiosi che avevamo. Poi ha insi-
stito nuovamente sull’importanza della
benedizione di un sacerdote
”.
Ci sono varie forme di benedizione; non
bisogna fare confusione. Quando un prete
benedice (o un vescovo, un cardinale o il
Papa), è Gesù stesso che benedice attra-
verso l’ordinazione sacerdotale. Allora è
Cristo che riversa su di noi la sua divina
santità. Prende del suo per farne parte a noi.
Questa benedizione è una grazia immensa e
non dipende dalla santità del sacerdote. Se
l’anima che la riceve è aperta e raccolta,
allora Gesù apre i tesori del suo Cuore e li
riversa con abbondanza, a seconda della
disponibilità di quest’anima e della sua
fede. Le anime umili ne ricevono di più.
Poiché la benedizione raggiunge l’ani-
ma direttamente, spesso l’intelligenza non è
cosciente di questa effusione che supera le
sue facoltà; per questo facilmente si è dis-
tratti e si corre il rischio di perdere il regalo
donato. È una grave mancanza, perché l’a-
nima quando è raccolta si trova arricchita,
fortificata, protetta e appagata da ogni bene-
dizione; ed il frutto più bello è che l’anima
può unirsi a Dio più intimamente. I frutti
della benedizione sono tali che appartengo-
no già all’eternità, e donano all’anima una
bellezza particolare. Come per tutti i doni di
Dio, più zelo si mette a dare o a ricevere la
benedizione, più essa è efficace.
A Medjugorje la Madonna ha detto: “Se
i sacerdoti sapessero cosa danno quando
benedicono, benedirebbero giorno e notte!”.
E ancora: “La benedizione del sacerdote è
più grande della mia”
(messaggi privati a
Marija non datati),
perché il sacerdote ha
ricevuto il sacramento dell’Ordine.
Anche i laici possono benedire e la
Chiesa raccomanda ai genitori, ad esempio,
di benedire ogni giorno i propri figli. La
Vergine chiede che i bambini siano bene-
detti la mattina e la sera (messaggio non
datato degli anni ’80).
Ma anche i bambi-
ni possono benedire i loro genitori
! La
potenza di tale benedizione dipende molto
da colui che la dà, per questo la benedizio-
ne di Maria è particolarmente forte. Se una
madre terrena può benedire suo figlio, tan-
to più lo può fare la nostra Madre celeste!
A Medjugorje la Gospa dà la sua
benedizione a tutti i presenti dopo aver
salutato dicendo: “Gesù sia lodato, miei
cari figli” e prima di pregare per noi con le
mani stese. Un giorno ho domandato a
Marja perché la Gospa ci donava sia la sua
“benedizione di gioia”, sia la “benedizione
materna”, sia la sua “benedizione solenne”
ecc… e che differenza c’è tra queste bene-
dizioni. Marja mi ha risposto: “La Gospa
non lo ha spiegato…”, dobbiamo allora
ricevere il dono con fiducia e gratitudine e
la nostra Madre celeste farà il resto secon-
do le nostre necessità!
sr. Emmanuel
(Enfants de Medjugorje)
Sacerdoti a Medjugorje:
un ruolo importante e delicato
Mons. Issam John Darwish, Eparca del-
la Chiesa Cattolica Melchita di Austria e
Nuova Zelanda, si è recato in pellegrinaggio
privato a Medjugorje, come lui stesso rac-
conta: “Il giorno prima di partire ho incon-
trato il Papa, al quale ho chiesto di benedire
il gruppo di pellegrini che stavo per accom-
pagnare. Con un sorriso pieno di bontà il
Santo Padre ha detto: “Che Dio vi protegga
e benedica”. Maria gioca un ruolo importan-
te nella vita della Chiesa bizantina; ci guida
a Gesù e approfondisce la nostra fede.
Il numero di pellegrini che vengono a
Medjugorje è un segno di Dio. L’atmosfera
di preghiera è molto profonda. Credo che
Medj. sia un luogo di attesa e pone una
domanda a tutti noi: Come approfondire la
fede? La preghiera davanti alla Croce,
l’Adorazione, l’Eucaristia donano ai pelle-
grini una profonda spiritualità. Ma perché
ci siano dei veri frutti penso che il ruolo dei
Sacerdoti sia molto importante. Il loro com-
pito è quello di aiutare le persone ad anda-
re oltre la ricerca di segni e a trovare nei
Sacramenti quello che cercano. Non è
necessario vedere la Gospa: possiamo
vederla con gli occhi interiori, con gli occhi
della fede! Scriverò un opuscolo sulle mie
impressioni su Medjugorje. Incoraggerò i
fedeli a venire in pellegrinaggio, a vivere
qualche giorno di preghiera e di conversio-
ne interiore. Incoraggerò anche i Sacerdoti
a venire con loro. Ho però nel cuore un
desiderio: che Medjugorje si apra ai vicini:
agli ortodossi e ai musulmani, che diventi
un centro di dialogo con loro”.
7
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Villanova M., 1° novembre 2005
Resp. Ing. Lanzani - Tip. DIPRO (Roncade TV)
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Ci benedica Dio Onnipotente,
il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Amen.
La Regina della Pace
e l’Australia
La Madonna ha sempre dimostrato un
amore particolare per i suoi figli.
Nell’estremo nord dell’Australia vive una
remota comunità aborigena chiamata Port
Keats che conta circa 3000 anime. La gente
è povera, mal sistemata in case troppe pic-
cole e povere, e soffre per malattie croniche
e cattiva sanità. Alcuni membri della
Comunità Cattolica Aborigena S. Martino
de Porres, con il loro Cappellano, P. David
Tremble, e un altro Fratello della comunità
religiosa dei Missionari dell’Amore di Dio,
da tempo aspettavano di recarsi in quel luo-
go per incontrare la comunità cattolica. Per
vari motivi a loro estranei, la missione veni-
va più volte bloccata. Padre David racconta
come la strada si è aperta grazie alla pre-
ghiera
, e sentimenti di rivalità e rancore
sono stati spazzati via per fare posto alla
pace e riconciliazione.
“Dopo tre false partenze - la strada era
stata chiusa per cerimonie locali, funerali e
istanze di lotta tra bande di giovani rivali –
il team dalla Comunità S. Martino stanziata
a Darwin ha finalmente ricevuto il “via”. Era
l’8 settembre, giorno in cui la Chiesa celebra
la nascita di Maria!”
A Medjugorje la Gospa ci ricorda costan-
temente l’importanza della preghiera e il
digiuno, particolarmente in preparazione alle
feste speciali. Lei, Mediatrice delle Grazie,
poi ripaga i sacrifici dei suoi figli con abbon-
danza di grazie e benedizioni. “Ogni ritardo
incentivava a pregare e digiunare più intensa-
mente per questa missione,” continua Padre
David, “anche quando il vecchio pullman
andò in panne dopo i primi 100 km. Bastò
una piccola riparazione e di nuovo ci met-
temmo in cammino.
Al nostro arrivo, dopo le 7 ore di cammi-
no, ci comunicarono che durante le prime ore
di domenica una banda di giovani del paese
stava armandosi con catene e barre di ferro
per insorgere contro una banda rivale. Alcune
donne della comunità cattolica hanno saputo
della cosa mentre erano in preghiera. D’un
tratto tre di questi giovani videro una donna
con le braccia estese in gesto di supplica - un
po’ come le Madonna della Medaglia
Miracolosa. Stupefatti da quella bella visione
nel cielo scuro, abbandonarono le armi di fer-
ro e da lupi che erano, diventarono miti
come agnelli.
Convinsero gli altri uomini a
fare altrettanto.
Durante le seguenti sere della missione
questi tre giovani – molto timidi com’è tipi-
co per la gente aborigena – hanno sorpreso
tutti testimoniando del fatto in pubblico. E,
ancora più sorprendente, l’ultima sera dei
nostri incontri, dedicata allo Spirito Santo,
molti dei membri dell’altra banda sono arri-
vati chiedendo preghiere di guarigione e
liberazione. Non dimenticherò mai il privi-
legio di aver visto negli sguardi di molti
uomini, donne e bambini un’apertura all’a-
more di Dio che viene per guarire”.
L’Australia, conosciuta anche come la
Grande Terra del Sud dello Spirito Santo, è
stata scelta per ospitare la prossima Giornata
Mondiale della Gioventù (a Sydney nel
2008), un’opportunità per tutta la Chiesa di
crescere in grazia. Preghiamo tutti uniti per
l’Australia e il suo popolo, antico e nuovo,
in modo che possa rispondere con cuore
aperto all’amore e alla grazia che Dio Padre
vorrà loro donare.
Beverley K. Drabsch
In un film le apparizioni
della Vergine in Ruanda
L’Opera di Diritto Pontificio “Aiuto alla
Chiesa che Soffre” (ACS) sta sovvenzio-
nando un progetto per la realizzazione di
una pellicola su Kibeho – meta di pellegri-
naggi in Ruanda – e le apparizioni della
Vergine Maria nel Paese africano.
“Anche se Kibeho non è un santuario
molto conosciuto nel mondo, è l’unico luo-
go di pellegrinaggio in Africa in cui ci siano
state apparizioni della Vergine riconosciute
dalla Chiesa. Potrebbe, quindi, paragonarsi a
Guadalupe, Lourdes o Fatima”, ha afferma-
to giovedì Christine du Coudray, a capo del-
la sezione africana di ACS, di ritorno da un
viaggio in Ruanda.
“Nostra Signora dei Dolori è apparsa lì
tra il 1981 e il 1983 e quanti l’hanno vista
sono ancora vivi e hanno già più di quaran-
t’anni”, ha ricordato. Il film che ACS sta
finanziando “sarà un regalo per la Chiesa
bisognosa del Ruanda, dove fino ad oggi la
violenza ha fatto parte della vita quotidia-
na”, ha constatato. “Nonostante la crudeltà
che domina il Paese”, la du Coudray ha
aggiunto che “Kibeho è un luogo di preghie-
ra e riconciliazione. Questo è un messaggio
per l’Africa e per il mondo”.
In presenza di tutti i Vescovi del Ruanda,
del Nunzio apostolico, delle autorità civili e
di numerosi sacerdoti, religiosi e fedeli,
poco più di due anni fa il Prefetto della
Congregazione per l’Evangelizzazione dei
Popoli, il Card. Crescenzio Sepe, ha consa-
crato a Kibeho il santuario mariano dedicato
a Nostra Signora dei Dolori.
Il luogo, dove dal 1981 la Vergine Maria
è apparsa in varie occasioni, è meta di pelle-
grinaggi nazionali, ma anche internazionali.
In base al racconto dei veggenti, la Vergine è
apparsa e si è presentata in lingua locale
come “Nyina wa Jambo” “Madre del
Verbo”
–, invitando alla conversione, alla
preghiera e al digiuno. In una sola occasione
ha mostrato immagini forti: un fiume di san-
gue, persone che si uccidevano e cadaveri
abbandonati senza che nessuno li seppellisse.
Negli anni successivi la terribile visione
è stata collegata al genocidio che ha scon-
volto il Ruanda dal 1994 al 1995, e che ha
visto in Kibeho uno degli scenari più san-
guinosi.
Secondo i responsabili di ACS per
l’Africa, in questo momento “ciò di cui la
Chiesa ruandese ha più bisogno è l’aiuto
nella formazione di sacerdoti, religiosi e
catechisti laici, così come nella costruzione
di edifici ecclesiali e, in particolare, di una
nuova cattedrale per i pellegrinaggi a
Kibeho”.
(ZENIT)
I lettori scrivono
P. Lino Gallina, Kenya: Molte grazie
per il dono di ECO che per noi arriva come
una benedizione. Tramite Eco molte hanno
avuto la possibilità di conoscere Maria, il
suo amore per ognuno di noi, e il piano di
Dio per ciascuno. Per questo vi ringrazio a
nome di molti che la leggono. Maria è al
lavoro qui, perchè anche i pazienti dell’o-
spedale di Wamba mi chiedono copie di
Eco. Se fosse possibile, ne avrei bisogno di
riceverne di più. A nome di questi figli di
Dio, ringrazio e invoco la benedizione di
Dio su voi tutti.
Rina, Roma: La prima volta che ho let-
to ECO fu circa tre anni fa. Da allora è
diventato un compagno e un aiuto nella
fede specialmente nei momenti di difficol-
tà. Vi ringrazio di cuore e prego affinché
possiate portare avanti questa missione che
è di aiuto a tante persone.
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