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Eco di Maria Regina della Pace 181 (Maggio-Giugno 2005)

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Messaggio del 25 marzo 2005:
Cari figli! Oggi vi invito all’amore.
Figlioli, amatevi con l’amore di Dio. In
ogni momento, nella gioia e nella tristez-
za, prevalga l’amore, e così l’amore
comincerà a regnare nei vostri cuori.
Gesù risorto sarà con voi e voi sarete i
suoi testimoni.
Io gioirò con voi e vi proteggerò con il
mio manto materno. Particolarmente,
figlioli, guarderò con amore la vostra
conversione quotidiana. Grazie per aver
risposto alla mia chiamata.
Testimoni del Risorto
Cari figli, oggi vi invito all’amore.
Così esordisce Maria nel Suo messaggio
del venerdì santo dell’anno 2005 e
Giovanni, l’Apostolo dell’Amore, che
insieme a Maria è ai piedi della Croce per
raccogliere l’ultimo respiro di Gesù, così ci
esorta: Carissimi, amiamoci gli uni gli
altri, perché l’amore è da Dio: chiunque
ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi
non ama non ha conosciuto Dio, perché
Dio è amore
(1 Gv 4, 7-8). L’Amore è lì, su
quella Croce, pietra di inciampo (Rm 9,32)
e segno di contraddizione (Lc 2, 34) perché
ciò che è nascosto venga rivelato. Ora sap-
piamo chi è il nostro Dio: la Morte e la
Resurrezione di Gesù ce lo rivelano. La
Luce dello Spirito che da esse piove sul
mondo illumina il mistero nascosto da
secoli nella mente di Dio
(Ef 3, 9).
Figlioli, amatevi con l’amore di Dio,
ci esorta Maria. Ed è precisazione impor-
tante perché oggi sembra smarrito il signi-
ficato originale della parola amore.
L’amore di Dio è quello rivelatoci da Gesù
con la sua vita; è quello descritto da Paolo
nel ben noto Inno alla carità (1 Cor, 13).
In ogni momento, nella gioia e nella
tristezza, prevalga l’amore e così l’amore
comincerà a regnare nei vostri cuori
.
Vivere l’amore in ogni circostanza lieta o
triste della nostra vita. L’amore che viene da
Dio, infatti, non dipende dagli eventi della
nostra esistenza, non è in loro funzione.
Anzi, è proprio tutto il contrario perché
sono gli eventi della vita che assumono
significato e valore dall’amore con il quale
vengono vissuti. Perché se viviamo gli
avvenimenti nell’amore di Dio necessaria-
mente trasfondiamo in essi questa forza sal-
vifica, ne disinneschiamo il male, vi inne-
stiamo il bene. Così l’amore comincerà a
regnare nei nostri cuori. In tal modo cre-
scerà il Regno di Dio in noi ed attorno a
noi: Gesù risorto sarà con noi e noi i suoi
testimoni
.
Essere testimoni del Risorto significa
lasciare che Gesù viva in noi. Non basta
dire di credere in Dio, bisogna specificare a
quale dio si crede. Non basta dire che si
crede al Dio di Abramo, di Isacco, di
Giacobbe e neanche che si crede al Dio
incarnato in Gesù se poi questa rimane una
dichiarazione verbale che non incide sul
nostro modo di vivere. Non basta dire che si
crede in Dio-amore se poi si dubita del suo
amore, se non si ama il prossimo con l’a-
more con cui Dio ama, se non si è capaci di
amare i propri nemici, se non si è capaci di
dare e chiedere perdono.
Certo non è per niente facile e non è alla
nostra portata. Ma abbiamo la Chiesa, i
sacramenti, le grazie ordinarie e straordina-
rie che Dio non manca di elargire. Abbiamo
Maria che ci è realmente Madre, che ci gui-
da e ci sorregge, che intercede per noi.
Decidiamo seriamente di lasciarci inabitare
da Cristo. Maria gioirà con noi e ci pro-
teggerà con il suo manto materno
.
Incamminiamoci anche con piccoli passi,
ma fondati su un grande desiderio di abban-
dono a Dio e non su calcoli meschini.
Lasciamo che sia Maria a guidare la nostra
conversione quotidiana
, a vivere giorno
dopo giorno il nostro battesimo. Lei guar-
derà con amore
a questa quotidiana opzio-
ne per il Risorto, e le piccole opere della
giornata realizzate in questo spirito produr-
ranno, sotto il suo sguardo, fiori di conver-
sione e di amore, forse poco appariscenti
per il mondo ma infinitamente graditi a Dio
perché sono fiori che matureranno frutti di
Risurrezione.
Nuccio Quattrocchi
Messaggio del 25 aprile 2005:
“Cari figli, anche oggi vi invito a rin-
novare la preghiera nelle vostre famiglie.
Con la preghiera e la lettura della Sacra
Scrittura entri nella vostra famiglia lo
Spirito Santo che vi rinnoverà. Così
diventerete insegnanti della fede nelle
vostra famiglia. Con la preghiera e il
vostro amore il mondo andrà su una via
migliore e l’ amore comincerà a regnare
nel mondo. Grazie per aver risposto alla
mia chiamata.”
Pregare e amare
Stiamo vivendo grandi eventi, eppure,
per quanto essi possano emotivamente
coinvolgerci, non riescono a modificare la
nostra vita. Così è stato per lo Tshunami,
così forse sarà per le grandi folle che hanno
riempito il Vaticano in occasione della mor-
te di Giovanni Paolo II e della elezione di
Benedetto XVI. La commozione, anche
sincera, se non porta frutto di conversione è
sterile come il seme caduto sulla strada o
sui sassi o tra le spine (Mt 13, 18-23). La
commozione da sola non basta; può inne-
scare ma non portare a compimento alcun
processo di reale promozione umana e tan-
tomeno di conversione. Così è per ogni sen-
timento, per ogni dote, anche eccelsa, del-
l’uomo che voglia prescindere dalla natura
propria dell’uomo voluta da Dio. Dio creò
l’uomo a Sua immagine; a immagine di Dio
lo creò; maschio e femmina li creò
(Gen 1,
27). Soltanto l’uomo (maschio e femmina)
è chiamato a condividere, nella conoscenza
e nell’amore, la vita di Dio
(Catechismo
della Chiesa Cattolica, tesi 356).
In questa chiamata consiste la grande
dignità dell’uomo. Cercare altrove le ragio-
ni della dignità della persona umana è sfi-
gurare l’immagine divina di cui l’uomo è
portatore e così declassare l’uomo ad una
qualsiasi creatura. Dimenticare l’origine
divina dell’uomo è alla base di ogni violen-
za pubblica o privata, di ogni sopraffazione,
di ogni ingiustizia, di ogni peccato contro
l’uomo e contro Dio.
Che fare? Occorre prendere sul serio gli
inviti di Maria: deciderci per Dio, scegliere
Lui, vivere per Lui. Anche oggi vi invito a
rinnovare la preghiera nelle vostre fami-
glie
. Anzitutto rinnovare la preghiera;
cioè non solo tornare a pregare ma pregare
in modo sempre nuovo, non stanco e dis-
tratto ma vivo. Certo non è facile ed è cosa
che si impara gradualmente: pregando si
impara a pregare.
Poi, preghiera nella
vostra famiglia
. E questo non solo perché
quando due o tre sono riuniti nel Nome di
Gesù, Egli è con loro
(cfr Mt 18, 20) ma
perché la famiglia è la cellula fondante del-
la società e dunque è da essa che deve
cominciare ogni risanamento sociale. Con
...TU SEI PIETRO!
Maggio - giugno 2005 - Edito da Eco di Maria, C.P.
27 31030 Bessica (TV)
(Italia) - Tel / fax 0423. 470331
A. 21, n. 5-6; Sped.a.p. art.2,com.20/c, leg.662/96 filiale di MN-Autor.tribun.MN: 8.11.86, ccp 14124226
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la preghiera e la lettura della Sacra
Scrittura entri nella vostra famiglia lo
Spirito Santo che vi rinnoverà
. Teniamo
bene in mente questo suggerimento, che è
anche un auspicio, di Maria. Preghiera e
lettura della Sacra Scrittura sono una
unità inseparabile perché è dalla Scrittura
che noi conosciamo il Dio al quale ci rivol-
giamo e questo vale sia per l’Antico che per
il Nuovo Testamento. Il nostro Dio è il Dio
di Abramo, di Isacco e di Giacobbe
e si è
rivelato a noi in Gesù Cristo. Chi crede in
me
– dice Gesù – non crede in me ma in
colui che mi ha mandato; chi vede me vede
colui che mi ha mandato
(Gv 12, 44-45) ed
ancora chi accoglie me, accoglie colui che
mi ha mandato
(Gv 13, 20b).
Solo in Gesù noi possiamo conoscere ed
incontrare Dio; e la Scrittura, in particolare
il secondo Testamento, ci rivela Gesù.
Entri nella vostra famiglia lo Spirito
Santo che vi rinnoverà
. Questo è l’auspi-
cio di Maria e questo avverrà. Lo Spirito ci
rinnoverà nell’amore, ci donerà Gesù, ci
porterà al cospetto del Padre. Così la fami-
glia sarà modello del mistero trinitario del-
la Vita di Dio, come dice Giovanni Paolo II
(Lettera alle famiglie, n.6). Vivificati e fat-
ti nuovi dallo Spirito saremo capaci di inse-
gnare la fede nella famiglia
e di collabo-
rare alla costruzione della civiltà dell’amo-
re
profetizzata da Giovanni Paolo II nella
Lettera dinanzi citata.
N.Q.
“Quando sarò elevato
da terra attirerò tutti a me”
Lo diceva Gesù per annunciare quell’in-
comprensibile e inatteso momento di salvez-
za, quando sulla croce Egli avrebbe cataliz-
zato su di sé lo sguardo di ogni uomo. Lo
sguardo pagano dei romani come quello
assassino dei crocifissori. Lo sguardo indif-
ferente o incuriosito dei passanti come quel-
lo pentito del ladrone alla sua destra. Lo
sguardo contemplativo di Giovanni come
quello di Maria, Madre addolorata. E attra-
verso questi occhi puntati su colui che “non
ha né apparenza né bellezza per attirare i
nostri sguardi”
(Is 53,2) Gesù è arrivato
fino al loro cuore e lo ha cambiato.
Lo stesso si può dire del nostro vecchio e
amato Papa, Giovanni Paolo II, che nei suoi
ultimi giorni di vita, mentre il suo corpo
veniva sempre più deformato dal male, atti-
rava l’attenzione di tutto il mondo: su di sé,
sulla sua sofferenza, sulla finestra dalla qua-
le talvolta si affacciava per concedere appe-
na un gesto, una benedizione, un sorriso, con
quelle poche forze che gli rimanevano.
Alla sua croce, portata con dignità, anzi
con quella misteriosa regalità che nasce da
un’immensa umiltà, guardavano tutti: cri-
stiani e non cristiani, credenti e agno-
stici, vecchi e bambini… Il mondo si è
quasi sospeso quando il vecchio Papa
compiva i suoi ultimi passi verso la
cima del proprio Calvario per poi spe-
gnersi in pace, totalmente abbandonato
nelle mani del Padre, sulla croce della
sua malattia.
Mistero della fede, mistero della
Croce…
Il Santo Padre questo mistero lo ha
vissuto e ce lo ha insegnato. Ai giovani
riunitisi in preparazione alla Giornata
della Gioventù, la domenica delle
Palme aveva detto: “Carissimi giovani,
questa festa contiene una grazia speciale,
quella della gioia unita alla Croce, che
riassume in sé il messaggio cristiano

Siate dovunque testimoni della Croce glo-
riosa di Cristo. Non abbiate paura!”.
Karol
Wojtyla ne è stato “dovunque” testimone,
grazie anche alle telecamere puntate costan-
temente su di lui e sulla sua sofferenza, por-
tata con fedeltà al Crocifisso. Bastava guar-
darlo il Venerdì santo quando dalla sua cap-
pella seguiva la processione della Via Crucis
con la croce stretta tra le mani e con il volto
di Gesù a pochi centimetri dal suo, quasi
aggrappandosi a Lui.
“Quando sarò elevato da terra attirerò
tutti a me!”. Lo ripetiamo, quasi a voler con
forza evidenziare il paradosso, cioè che pro-
prio nel momento di maggiore debolezza e
impotenza si è più osservati ed ammirati. E
quindi, più potenti!
“Sono lieto…”
“Sono lieto, siatelo anche voi.
Preghiamo insieme con letizia. Alla Vergine
Maria affido tutto lietamente”.
Sono queste
le ultime parole che Giovanni Paolo II, con
grande sforzo e aiutato dal segretario padre
Stanislao, ha scritto su un biglietto indiriz-
zato ai suoi collaboratori. Proprio come un
Agnello sgozzato (cfr Ap) qualche giorno
prima gli era stata aperta la gola con un
intervento di tracheotomia per consentirgli
di respirare meglio. Un’operazione che tut-
tavia lo aveva anche privato della possibilità
di parlare, o meglio, di dirci quanto ancora
ci amava.
Come “ agnello muto e” (cfr, 8,32) Così
si è lasciato condurre da Dio all’ultima sta-
zione della sua Via Crucis. Un papa mutila-
to della voce, che tuttavia è riuscito a parla-
re al mondo in modo chiaro e udibile da tut-
ti. Un silenzio eloquente il suo, un silenzio
sonoro, che ha saputo parlare direttamente
ai cuori, al di là di ogni formula e conven-
zione, nel muto linguaggio dell’AMORE.
Come Gesù, in quell’ultimo atto della sua
Passione.
“Sono lieto”, scriveva il Papa, quasi a dirci
che in quel momento stava usando la propria
croce come un trampolino per tuffarsi nelle
braccia dell’Eterno. Sua gioia e sua delizia.
Al culmine di una Pasqua di Misericordia
È morto al compimento di quel lungo
giorno pasquale celebrato della liturgia, l’ot-
tavo, culmine del Mistero cristiano di sal-
vezza che sfocia, per volere di Dio, nella
Domenica della Misericordia.
E qui vale la pena soffermarsi, perché
quella che apparentemente può apparire una
“coincidenza”, in realtà alla luce di una fede
più contemplativa si rivela un chiarissimo
segno di Dio.
Da poco erano suonati i primi Vespri
della seconda domenica di Pasqua quando il
Papa restituiva alla terra il suo ultimo respi-
ro. Da sempre egli aveva accolto il messag-
gio mandato da Dio agli uomini attraverso
sr. Faustina Kowalska - la suora polacca che
all’inizio del ‘900 per rivelazione mistica
aveva richiesto il culto alla Divina
Misericordia e l’istituzione di un giorno ad
essa dedicata: la domenica in Albis.
Il giovane Wojtyla, tornando dalla fabbri-
ca in cui lavorava, si fermava ogni giorno a
pregare nella cappella dove la suora aveva
ricevuto le rivelazioni dallo stesso Gesù. Con
fedeltà il Papa aveva portato con sé anche in
Vaticano l’amore per questa mistica e per il
messaggio da lei comunicato. Con coraggio
lo affermò, nonostante la quasi eccessiva pru-
denza della Chiesa nei confronti di una
richiesta scaturita da “rivelazioni private”.
Tenace nella sua adesione, il Santo Padre
riuscì a realizzare il suo sogno cinque anni fa:
portare agli onori degli altari sr. Faustina pro-
clamandola santa e dare alla domenica in
Albis
gli abiti solenni della Misericordia.
Per la cronaca: il Santo Padre è decedu-
to alle ore 21.37 del sabato 2 aprile. Alle ore
20 nella sua stanza era iniziata la celebra-
zione della Santa Messa della festa della
Divina Misericordia. Dopo aver ricevuto il
Santo Viatico e, ancora una volta, il
Sacramento dell’Unzione degli Infermi, ha
pronunciato il suo AMEN! ed è partito per le
dimore eterne… Come non vedere in tutto
questo la firma di Dio!
A questo proposito Joseph Ratzinger ha
poi commentato: “La luce e la forza di
Cristo risorto sono state irradiate nella
Chiesa da quella sorta di ‘ultima Messa’ che
egli ha celebrato nella sua agonia, culmina-
ta nell’Amen di una vita interamente offer-
ta, per mezzo del Cuore Immacolato di
Maria, per la salvezza del mondo”.
GRAZIE PAPA WOJTYLA!
La festa della Misericordia
Gesù parlò per la prima volta del deside-
rio di istituire questa festa a suor Faustina
nel 1931: "Io desidero che vi sia una festa
della Misericordia. Voglio che l'immagine,
che dipingerai con il pennello, venga solen-
nemente benedetta nella prima domenica
dopo Pasqua; questa domenica deve essere
la festa della Misericordia"
. Negli anni suc-
cessivi Gesù è ritornato a fare questa richie-
sta addirittura in 14 apparizioni.
La grandezza di questa festa è dimo-
strata dalle promesse: "In quel giorno, chi
si accosterà alla sorgente della vita questi
conseguirà la remissione totale delle colpe
e delle pene"
- ha detto Gesù.
Una particolare grazia è legata alla
Comunione ricevuta quel giorno in modo
degno: "la remissione totale delle colpe e
castighi".
Questa grazia - spiega don I.
Rozycki - "è qualcosa di decisamente più
grande che la indulgenza plenaria.
Quest'ultima consiste infatti solo nel
rimettere le pene temporali, meritate per i
peccati commessi. Invece nelle promesse
riportate Cristo ha legato la remissione dei
peccati e dei castighi con la Comunione
ricevuta nella festa della Misericordia,
ossia da questo punto di vista l'ha innalza-
ta al rango di "secondo battesimo".
red.
2
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Eccomi, sono il servo del Signore
Quando la salma del Papa entrava trion-
falmente in San Pietro attraversando la folla
che era venuta in piazza ad applaudirlo, la
Chiesa celebrava la festa dell’Annunciazio-
ne - giorno in cui il Verbo di Dio, entrando
nel seno della Vergine, si era spogliato della
sua divinità per assumere la nostra umanità.
In quello stesso giorno il Santo Padre
faceva ingresso nel grembo materno della
Chiesa dopo essersi spogliato della propria
umanità per entrare nella divinità riservata
ai santi. Il Verbo divino allora era entrato in
Maria per parlare agli uomini. Giovanni
Paolo ora rientra nella Chiesa, di cui Maria
è madre, dopo aver tanto parlato agli uomi-
ni. Antonio Socci scrive: “Era un impegno
di amore fedele. Ed è stato
un «totus tuus» fino alla
fine. Ogni giorno dalla sua
vita ha rinnovato la sua
dichiarazione d’amore
all’eternamente giovane
regina: Maria. Quando l’o-
perazione lo aveva amputa-
to della voce, risvegliando-
si aveva scritto su un
foglietto: «Ma che mi hanno fatto?».
«Comunque» aveva aggiunto «io sono sem-
pre totus tuus».
Dicono i sei ragazzi veggenti di
Medjugorje che un giorno la Madonna
davanti a loro ha baciato teneramente la foto
che ritraeva Karol Wojtyla (l’immagine era
su un muro di quella stanzetta) e ha detto
che era stata lei stessa ad averlo scelto per la
Chiesa e per il mondo”.
Il chicco di grano che muore porta frutto
Molti hanno pregato. Forse tutti. Chi in
un modo e chi un altro. Anche un pensiero
di stima e di affetto rivolto in quei giorni al
Santo Padre risuonava come una preghiera
nel cuore di Dio. Ecco il primo grande frut-
to della sua morte: la gente prega, il mondo
prega… Si parla di Dio, del Vangelo, dell’e-
sempio che il Papa polacco ci ha dato nel
viverlo con estrema fedeltà e coraggio, sen-
za compromessi e mezzi termini. Lui diceva
Cristo. Lui portava a Cristo…
Mercoledì: che udienza!
Questo il titolo stampato a caratteri cubi-
tali nell’Osservatore Romano (il giornale
della Santa Sede) che accompagnava la foto
della salma. Accanto ad essa un’altra foto
che ritraeva il fiume di pellegrini accorsi a
rendergli omaggio, e che per giorni si è
riversato nella Basilica vaticana. Venivano
da ogni parte e, incuran-
ti della fatica, sopporta-
vano per molte ore una
lunghissima fila pur di
stargli accanto. Anche
quel mercoledì - giorno
in cui solitamente
Giovanni Paolo II teneva
la sua pubblica udienza.
Era un'"udienza univer-
sale", che aveva come aula il mondo e come
uditorio l'intera umanità. Questa volta l’ha
fatta a bocca chiusa. Ma non poteva essere
più chiaro di così. “Non sarà mai pubblicata
sui giornali. Per leggerla occorre sfogliare il
vocabolario del cuore. Per comprenderla, c'è
bisogno della grammatica della fede”, scri-
veva il giornale.
Ricapitolati in Cristo
Due milioni di persone hanno partecipa-
to ai suoi funerali. Stipavano ogni via adia-
cente il Vaticano, oltre che le maggiori piaz-
ze romane provviste di maxi schermi. 200
delegazioni straniere di sovrani e capi di sta-
to, insieme ai rappresentanti di diverse reli-
gioni facevano corona alla nuda bara, spo-
glia di qualsiasi orpello e poggiata diretta-
mente in terra.
Sul coperchio solo un Vangelo aperto, le
cui pagine il vento sfogliava liberamente
fino a chiuderle, quasi a voler dire: tutto è
compiuto, ogni parola è detta.
Il mondo era raccolto attorno a lui.
Anche i grandi e i poten-
ti della terra apparivano
piccoli e indifesi di fron-
te al vero "Grande". Ma
non era un corpo esanime
ad attirare la gente, seb-
bene appartenesse ad un
uomo tra i più grandi del
Novecento. No, il mondo in lui vedeva un
Altro, quello che Giovanni Paolo II per tutta
la vita ci ha indicato: “aprite le porte a
Cristo!”
, ci continuava a dire. E alla fine ci
è riuscito. Ha “ricapitolato tutti in Gesù”
mentre essi, attenti, vegliavano il suo corpo
senza vita.
Santo subito!
Molti striscioni quel giorno riportavano
la scritta: “Santo subito!”, quasi a voler
“costringere” la Chiesa a canonizzare il
Santo Padre, saltando così ogni prassi. Per
acclamazione. Naturalmente questo è possi-
bile. Ma il Card. Ratzinger, che oggi è il
nuovo Papa, nella sua omelia ha in qualche
modo anticipato un esito quasi scontato:
Possiamo essere sicuri che il nostro ama-
to Papa sta adesso alla finestra della casa
del Padre
, ci vede e ci benedice. Sì, ci bene-
dica, Santo Padre. Noi affidiamo la tua cara
anima alla Madre di Dio, tua Madre, che ti
ha guidato ogni giorno e ti guiderà adesso
alla gloria eterna del Suo Figlio, Gesù
Cristo nostro Signore. Amen”
Stefania Consoli
La Madonna a Mirjana:
“Vi chiedo di rinnovare
la Chiesa!”
La mattina di quel sabato
quando il Santo Padre è morto,
come il 2 di ogni mese, Mirjana
Soldo
ha ricevuto la sua appari-
zione ed ha pregato con Maria
Santissima per i non credenti.
L’atmosfera era carica di emozio-
ne, sapendo che il Santo Padre
era tra la vita e la morte.
L’assemblea ha pregato con gran-
de fervore proprio nel momento
dell’apparizione, affidandolo alla
Madre di Dio.
Finita l’apparizione, Mirjana
ha condiviso con tutti queste parole: “La
Gospa ci ha benedetto tutti con la sua
Materna Benedizione. La Gospa ha detto
che la più grande benedizione che possia-
mo ricevere sulla terra è quella di un pre-
te.
Ha anche benedetto tutti gli oggetti che
avevamo portato. Poi la Gospa ha detto: “In
questo tempo vi chiedo di rinnovare la
Chiesa”
. Io (Mirjana) le ho risposto:
‘Questa è un grande richiesta! Sarò capace
di svolgerla? Ne saremo capaci?’ Allora la
Madonna ha detto: “Ma cari figli, io sarò
con voi! Miei apostoli, io sarò sempre con
voi e vi aiuterò! Prima di tutto rinnovate voi
stessi, rinnovate le vostre famiglie e poi tut-
to sarà più facile”.
Io allora ho risposto:
“Madre, solo resta con noi!”. Poi Mirjana
ci ha detto di aver fatto una domanda sul
Papa alla Madonna, ma che Lei non le ha
risposto. Invece hanno pregato
insieme per Lui.
Il Papa
appare a Ivan
insieme alla Gospa
Ivan Dragicevic il 2 Aprile, si
trovava in una parrocchia del New
Hampshire negli Stati Uniti, e per
la differenza di fuso orario con l’Europa,
ebbe l’apparizione poche ore dopo la morte
del Papa. Spiegò che quando la Vergine gli
apparve, era come al solito sola, ma subito
dopo apparve anche il Santo Padre alla
sinistra della Madonna
! Era vestito con
una lunga veste bianca ed un manto d’oro.
Ivan disse che sembrava molto giovane e
che sia Lui che la Madonna erano molto
gioiosi (si sorridevano). Secondo Ivan, tutto
era di una bellezza indescrivibile. Maria
Santissima disse a Ivan: “Egli è mio figlio;
è con me!”
.
Sappiamo che il Santo Padre deside-
rava venire a Medjugorje, se fosse stato
invitato nella diocesi. Ciò che Ivan ha visto
è solo un barlume di quello che sarà il Suo
ministero a Medjugorje. In una lettera auto-
grafa del Papa ad una sua amica di
Cracovia, in risposta alla testimonianza che
lei gli aveva inviato dopo un pellegrinaggio,
a proposito dei frutti che Medjugorje aveva
prodotto nella sua vita, il Papa rispose che
ogni giorno anche lui nel suo cuore faceva
un pellegrinaggio a Medjugorje, unendo le
sue preghiere a quelle dei pellegrini che vi si
radunavano numerosi.
Vicka a Roma per il funerale
Vicka è andata a Roma per il funerale
del Santo Padre e dalle 8.00 della mattina
fino alle 13.00 la veggente ha pregato inin-
terrottamente. Ricordiamo che lo aveva
incontrato diverse volte accompagnando
malati ed handicappati bosniaci per ricevere
la Sua benedizione. Il Santo Padre l’aveva
anche benedetta quando si era recata a
Roma con il marito Mario subito dopo il
matrimonio avvenuto a Medjugorje. Vicka
ci ha sempre invitato a pregare molto per il
Santo Padre e per la Chiesa.
sr. Emmanuel
Notizie dalla terra benedetta
3
Eco 181
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Voler a tutti i costi trovare delle attinenze
con la presenza della Regina della Pace a
Medjugorje potrebbe apparire forzato.
Eppure erano le 18:43 - ora dell’apparizio-
ne della Gospa
- quando il Cardinale
Protodiacono ha dato il solenne annuncio al
popolo: Habemus Papam! E dopo pochi
minuti il card. JOSEPH RATZINGER
appariva al mondo per la prima volta in abiti
papali e con un’evidente emozione che
lasciava trasparire la sua profonda sensibilità.
E non solo. Era il 1981 l’anno in cui il
cardinale tedesco era stato nominato da
Giovanni Paolo II, Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede
,
un incarico che lo avrebbe visto per 24 lunghi
anni accanto al Santo Padre come fedele
custode della fede cattolica in un periodo in
cui delicate questioni morali ne minacciava-
no l’integrità. E come tutti sanno quello era
anche l’anno in cui Maria appariva per la
prima volta
nel piccolo centro Erzegovino.
Lasciamo al Cuore di Dio l’interpretazione,
ma dopo un Papa che si è sempre detto “tut-
to della Madonna” è consolante individuare
ancora tracce di Lei nel suo successore.
Umile lavoratore nella vigna del Signore
“Cari fratelli e sorelle, dopo il grande
Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali
hanno eletto me, un semplice e umile lavo-
ratore nella vigna del Signore”.
Queste le
parole con cui il nuovo Pontefice ha saluta-
to le migliaia di fedeli, accorsi velocemente
in Piazza S. Pietro dopo che la “fumata
bianca” era sbuffata dal comignolo della
Sistina, seguita dallo scampanio festoso di
tutte le campane romane. “Mi consola il fat-
to che il Signore sa lavorare ed agire anche
con strumenti insufficienti e soprattutto mi
affido alle vostre preghiere. Nella gioia del
Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto per-
manente, andiamo avanti. Il Signore ci aiu-
terà e Maria sua Santissima Madre starà
dalla nostra parte. Grazie”.
Un esordio umile e sereno, che non dà
ragione a quell’appellativo che il cardinale
aveva attirato su di sé a causa della sua fer-
mezza nell’affrontare le spinose questioni
dottrinali: “il grande inquisitore”, lo chia-
mavano. Da molti era infatti temuto e non
sempre apprezzato, soprattutto in quegli
ambienti in cui si aspirava ad una Chiesa più
liberale ma che in realtà rischiava di diven-
tare solo “libertina”.
Braccio destro di Wojtyla
Eppure Giovanni Paolo II si fidava cie-
camente di lui per far fronte a quello che
minacciava l’ortodossia della fede. Nella
stesura di numerosi documenti apostolici la
sapienza del teologo bavarese forniva la
struttura sulla quale la vena creativa e uma-
na del Papa polacco intesseva importanti
messaggi destinati alla Chiesa. Un binomio
che ha dato parecchi frutti, sebbene per il
suo atteggiamento misurato e poco comuni-
cativo Ratzinger è stato anche definito “il
frigorifero delle idee di Wojtyla”.
Ma così non era. Lo dimostra il fatto che
nei giorni in cui il Papa morente stava pre-
parandosi a varcare la soglia dell’eternità,
Ratzinger - decano del collegio cardinalizio
- orchestrava con sicurezza ma anche con
estrema dolcezza e discrezione sia gli ultimi
atti del Pontefice e le sue esequie di fronte al
mondo attento e commosso, sia i giorni fati-
dici del Conclave, che lo ha poi visto uscire
con le vesti bianche del successore di Pietro.
Preghiamo affinché il conclave duri
poco”
Ebbe occasione di dire ai giornalisti. E
così è stato. Il suo nome già rimbalzava tra i
diversi pronostici ma non ci si aspettava che
già al quarto scrutinio egli avrebbe guadagna-
to un così largo consenso dai cardinali eletto-
ri (erano necessari almeno 77 voti su 115). È
stato quindi eletto Papa in poco più di 24 ore!
Chi è veramente quest’uomo che tiene
oggi in mano le redini di una Chiesa biso-
gnosa di rinnovarsi e acquistare vigore, lo
vedremo nel tempo. Lo abbiamo conosciuto
come eccellente teologo, scrittore, inse-
gnante. Ora lo guarderemo come un padre di
cui abbiamo profondamente bisogno dopo
aver vissuto la tremenda sensazione di sen-
tirci orfani con la morte di Giovanni Paolo
II. Credo tuttavia che il nuovo Pontefice ci
sorprenderà, tirando fuori delle qualità che
il suo ruolo di “guardiano” in questi anni
non gli ha permesso di esprimere in pienez-
za: la già menzionata dolcezza, la gentilezza
e la semplicità nei modi, l’attenzione al sin-
golo, la comprensione, l’amabilità, la sensi-
bilità alla bellezza che egli esprime con la
sua passione per il pianoforte. E poi la bon-
tà, un attributo che Papa Wojtyla apprezzava
moltissimo, oltre che alla sua fede e all’in-
telligenza superiore.
Mi chiamerò Benedetto XVI
Ha stupito la scelta del nome.
Impensabile. Eppure conoscendolo bene di
può comprenderne le ragioni. Vittorio
Missori così lo spiega: “Paolo VI proclamò
san Benedetto da Norcia patrono
dell’Europa e, dunque, la scelta di quel
nome è un ribadire quali siano le radici cri-
stiane dell’Europa
che la Costituzione
dell’Unione non ha voluto riconoscere”.
Altre voci riferiscono la scelta ad altri
suoi predecessori. Come l’ultimo che lo
portò, Benedetto XV, al secolo Giacomo
Della Chiesa (Papa dal 1914 al 1922) che è
passato alla storia come il Pontefice del no
alla guerra e del sì alla speranza dopo le tra-
gedie da essa prodotta.
Coincidenza o profezia?
Si svolgerà in Germania, precisamente a
Colonia, la prossima Giornata Mondiale
della Gioventù
. La sua terra lo accoglierà,
mentre lui accoglierà i giovani che vi si
raduneranno da tutto il mondo.
L’appuntamento gliel’aveva dato il vec-
chio Papa che per tutti questi anni ha così
amato i giovani, tanto da desiderare per loro
questo importante meeting. Ma sarà un altro
Papa ad incontrarli. Uno che “gioca in casa”
e che saprà sicuramente trovare il modo di
conquistare i loro cuori con la sua originali-
tà personale e con il desiderio di non abban-
donare una fetta di mondo così preziosa,
come quella giovanile.
I perseguitati e persecutori
Sappiamo tutti quanto gli orrori del seco-
lo scorso abbiano lasciato un solco profondo
nella memoria di molti popoli. Soprattutto il
nazismo ha inferto ferite mortali in chi ne ha
subito la folle prepotenza, in particolare la
Polonia. Ma Dio nella sua estrema bontà ha
voluto riscattare i perseguitati in modo
inconsueto chiamando agli altari per un così
lungo pontificato un Papa polacco, protago-
nista della storia in quegli anni oscuri.
Tuttavia la giustizia di Dio non si separa
mai dalla misericordia. E così oggi il
Signore ha voluto riscattare anche i persecu-
tori scegliendo un Pontefice nato proprio in
terra tedesca e che in quel tempo ha soffer-
to, come tanti suoi coetanei, i contraccolpi
della furia nazista. In tal modo il Signore ha
elevato alla stessa dignità entrambi i popoli,
ribadendo la sua paternità universale, che
non tiene conto di meriti e demeriti e che è
pronta a chinarsi su tutti i suoi figli.
Il mondo ha pianto. Il mondo ride…
Avevamo visto riempire Piazza San
Pietro per giorni interi da gente composta e
addolorata, giunta da ogni parte per salutare
il vecchio Pastore appena deceduto.
Un’altra espressione marcava invece il
volto delle persone che vi accorrevano il
pomeriggio del 19 aprile per accogliere
l’annuncio del nuovo Pontefice
: un’espres-
sione colma di gioia e di attesa, di speranza
e di nuove nascite. E tutto questo nel Tempo
di Pasqua
e di primavera, cioè tempo di
risveglio e di novità.
Giovanni Paolo II come chicco di grano
è morto per portare ancora molto frutto.
Benedetto XVI è il primo tra tanti di questo
ramo fecondo. Ci è stato donato perché
ognuno di noi se ne possa nutrire.
Il mondo lo applaude!
Sì lo applaude mentre egli già stupisce
tutti immergendosi in veri “bagni di folla”
imprevisti dal protocollo, distribuendo timi-
di ma felici sorrisi, salutando con le mani e
congiungendole davanti a sé con il gesto di
esultanza degli sportivi vittoriosi. Sta con-
quistando i cuori, con gesti semplici e misu-
rati ma carichi di tenerezza per le pecore a
lui affidate.
Il giorno dell’insediamento era rag-
giante, presente a se stesso, aristocratico e al
tempo stesso umilissimo. Come un mendi-
cante, il nuovo Pontefice continua a chiede-
re preghiere, sostegno e amicizia per svolge-
re con responsabilità la sua nuova missione,
sottolineando sempre la sua inadeguatezza.
Eppure le parole delle sue omelie sono net-
te, talvolta quasi taglienti e non lasciano
spazi a falsi compromessi.
È per il nostro bene. Papa Wojtyla per
molti anni ha attirato e aperto i cuori di tan-
ti uomini. Oggi questo Papa li formerà attra-
verso la sua dotta sapienza che sa trasmette-
re in modo comprensibile a tutti.
Accogliamolo nel nostro cuore per
sostenerlo in questo incarico così intenso ed
importante. Preghiamo per lui e amiamolo.
Sarà il nostro modo di dire grazie a Dio per
non averci lasciati soli.
S.C.
Habemus Papam!
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Benedetto XVI
“ Sostenetemi!”
DALLA PRIMA OMELIA:
“Non avere paura!”
Nel mio animo convivono in queste ore
due sentimenti contrastanti: un senso di ina-
deguatezza e di umano turbamento per la
responsabilità che ieri mi è stata affidata e
una profonda gratitudine a Dio, che non
abbandona il suo gregge, ma lo conduce
attraverso i tempi. Questa intima ricono-
scenza per un dono della divina misericor-
dia prevale malgrado tutto nel mio cuore. E
considero questo fatto una grazia speciale
ottenutami dal mio venerato Predecessore,
Giovanni Paolo II. Mi sembra di sentire la
sua mano forte che stringe la mia; mi sem-
bra di vedere i suoi occhi sorridenti e di
ascoltare le sue parole, rivolte in questo
momento particolarmente a me: “Non avere
paura!”.
Cristo supplisca alle mie povertà
Sorprendendo ogni mia previsione, la
Provvidenza divina mi ha chiamato a succe-
dere a questo grande Papa. Se è enorme il
peso della responsabilità che si riversa sulle
mie povere spalle, è certamente smisurata la
potenza divina su cui posso contare. Il
Signore mi ha voluto suo Vicario. Chiedo a
Lui di supplire alla povertà delle mie forze,
perché sia coraggioso e fedele Pastore del
suo gregge, sempre docile alle ispirazioni
del suo Spirito.
Non risplenda la mia luce
Nell’intraprendere il suo ministero il
nuovo Papa sa che suo compito è di far
risplendere davanti agli uomini e alle donne
di oggi la luce di Cristo: non la propria luce,
ma quella di Cristo.
A voi giovani il mio abbraccio
Nell’attesa di incontrarvi a Colonia in
occasione della Giornata Mondiale della
Gioventù. Con voi, cari giovani, futuro e
speranza della Chiesa e dell’umanità, conti-
nuerò a dialogare, ascoltando le vostre atte-
se nell’intento di aiutarvi a incontrare sem-
pre più in profondità il Cristo vivente, l’e-
ternamente giovane.
NEL GIORNO DELL’INSEDIAMENTO
La V Domenica di Pasqua Benedetto
XVI ha presieduto, con la partecipazione di
mezzo milione di fedeli, la Santa Messa per
l’inizio ufficiale del Suo ministero petrino:
È inaudito, ma non sono solo
In questo momento, io debole servitore
di Dio devo assumere questo compito inau-
dito, che realmente supera ogni capacità
umana. Come posso fare questo? In me si
ravviva questa consapevolezza: non devo
portare da solo ciò che in realtà non potrei
mai portare da solo. La schiera dei santi di
Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta.
La Chiesa è viva!
Proprio nei tristi giorni della malattia e
della morte del Papa questo si è manifestato
in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la
Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane.
E è viva, perché Cristo è vivo, perché
egli è veramente risorto. Nel dolore, presen-
te sul volto del Santo Padre nei giorni di
Pasqua, abbiamo contemplato il mistero del-
la passione di Cristo ed insieme toccato le
sue ferite. Ma in tutti questi giorni abbiamo
anche potuto, in un senso profondo, toccare
il Risorto. Ci è stato dato di sperimentare la
gioia che egli ha promesso, dopo un breve
tempo di oscurità, come frutto della sua
resurrezione”.
Il mio governo sarà: fare la Sua volontà
In questo momento non ho bisogno di
presentare un programma di governo, per-
ché in realtà quello vero è di non fare la mia
volontà, di non perseguire mie idee, ma di
mettermi in ascolto, con tutta quanta la
Chiesa, della parola e della volontà del
Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché
sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa
ora della nostra storia.
DUE SIMBOLI
TIMBRANO IL PAPATO: Il PALLIO
Il Pallio è un’antichissima insegna epi-
scopale che indica l’autorità del Vescovo e
la sua unione con la Sede di Pietro. È intes-
suto della lana di agnelli e di pecore. Reca
impresse in rosso cinque croci – simbolo
delle cinque piaghe del crocifisso – e tre
spilloni – come i chiodi che la avevano con-
fitto alla sua croce.
Lo accolgo come il giogo di Cristo
Questo antichissimo segno, che mi viene
posto sulle spalle può essere considerato
come un’immagine del giogo di Cristo, che
il Servo dei Servi di Dio prende sulle sue
spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio,
che noi accogliamo. E questa volontà non è
per noi un peso esteriore, che ci opprime e
ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio
vuole, conoscere qual è la via della vita -
questa era la gioia di Israele e questa è anche
la nostra gioia: la volontà di Dio non ci alie-
na, ci purifica - magari in modo anche dolo-
roso - e così ci conduce a noi stessi.
Mi faccio carico delle pecore
La lana d’agnello intende rappresentare
la pecorella perduta o anche quella malata e
quella debole, che il pastore mette sulle sue
spalle e conduce alle acque della vita.
L’umanità - noi tutti - è la pecora smarrita
che, nel deserto, non trova più la strada. Egli
è il buon pastore, che offre la sua vita per le
pecore. Il Pallio dice innanzitutto che tutti
noi siamo portati da Cristo. Ma allo stesso
tempo ci invita a portarci l’un l’altro.
Troppi deserti
Tante persone vivono nel deserto. E vi
sono tante forme di deserto. Vi è il deserto
della povertà, il deserto della fame e della
sete, vi è il deserto dell’abbandono, della
solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il
deserto dell’oscurità di Dio, dello svuota-
mento delle anime senza più coscienza del-
la dignità e del cammino dell’uomo. I deser-
ti esteriori si moltiplicano nel mondo, per-
ché i deserti interiori sono diventati così
ampi.
La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori
in essa, come Cristo devono mettersi in
cammino, per condurre gli uomini fuori dal
deserto, verso Colui che ci dona la vita, la
vita in pienezza.
Non redime il potere ma l’amore!
Questo è il segno di Dio: Egli stesso è
amore. Quante volte noi desidereremmo che
Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpis-
se duramente, sconfiggesse il male e creas-
se un mondo migliore. Tutte le ideologie del
potere si giustificano così, giustificano la
distruzione di ciò che si opporrebbe al pro-
gresso e alla liberazione dell’umanità.
Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice
che il mondo viene salvato dal Crocifisso e
non dai crocifissori. Il mondo è redento dal-
la pazienza di Dio e distrutto dall’impazien-
za degli uomini.
Pregate perché impari ad amare Dio
In questo momento io posso dire soltan-
to: pregate per me, perché io impari sempre
più ad amare il Signore e il suo gregge - cia-
scuno di voi singolarmente e voi tutti insie-
me. Pregate per me, perché io non fugga,
per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni
per gli altri, perché il Signore ci porti e noi
impariamo a portarci gli uni gli altri.
E L’ANELLO DEL PESCATORE
L’Anello reca l’immagine-sigillo di San
Pietro e la barca con la rete, ha il significa-
to particolare dell’anello-sigillo che autenti-
ca la fede e significa il compito affidato a
Pietro di confermare i suoi fratelli.
In un mare di sofferenza
Noi uomini viviamo alienati, nelle acque
salate della sofferenza e della morte; in un
mare di oscurità senza luce. La rete del
Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte
e ci porta nello splendore della luce di Dio,
nella vera vita.
Nella missione di pescatore di uomini
occorre portare gli uomini fuori dal mare
salato di tutte le alienazioni verso la terra del-
la vita, verso la luce di Dio. È proprio così:
noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini.
Solo quando incontriamo in Cristo il Dio
vivente, noi conosciamo che cosa è la vita.
Non abbiate paura che vi tolga qualcosa!
Non abbiamo forse tutti in qualche
modo paura - se lasciamo entrare Cristo
totalmente dentro di noi, se ci apriamo total-
mente a lui - paura che Egli possa portar via
qualcosa della nostra vita? Non rischiamo di
trovarci poi nell’angustia e privati della
libertà?
No! chi fa entrare Cristo, non perde nul-
la, nulla - assolutamente nulla di ciò che
rende la vita libera, bella e grande. No! Solo
in quest’amicizia si dischiudono realmente
le grandi potenzialità della condizione uma-
na. Solo in quest’amicizia noi sperimentia-
mo ciò che è bello e ciò che libera.
Così, oggi, io vorrei, con grande forza e
grande convinzione, a partire dall’esperien-
za di una lunga vita personale, dire a voi,
cari giovani: non abbiate paura di Cristo!
Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si
dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spa-
lancate le porte a Cristo - e troverete la vera
vita!”.
Rinnovo la mia promessa di fedeltà
Lui solo intendo servire dedicandomi
totalmente al servizio della sua Chiesa. A
sostegno di questa promessa invoco la
materna intercessione di Maria Santissima,
nelle cui mani pongo il presente e il futu-
ro della mia persona e della Chiesa.
Intervengano con la loro intercessione
anche i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti
i Santi. Amen.
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cercatori del Mistero, appassionati ed asse-
tati mendicanti dell’assoluto. Allora la teolo-
gia non è una dottrina fredda, vuota. Non è
l’aristocratico amore della sapienza, come è
la filosofia.
La teologia è la sapienza dell’amore, il
tentativo di portare alla parola il vissuto del-
la carità, di contagiare, di suscitare nella sto-
ria degli uomini umili e quotidiane storie
d’amore a partire da quel santo racconto
dell’Amore Crocifisso in cui il Dio Santo,
tre volte santo, ha rivelato a noi il Suo
Cuore.
Il teologo è colui che parla di Dio rac-
contando l’amore. È colui che tiene accesa
nel cuore della Chiesa la memoria della sto-
ria dell’amore che si è detta nel silenzio del
Venerdì Santo. Ecco perché la teologia si
svolge nel clima del silenzio, dell’adorazio-
ne, dell’ascolto e accende il desiderio delle
cose venienti e nuove.
San Giovanni della Croce scrive in uno
dei suoi testi minori queste parole: “Il Padre
pronunciò una Parola che fu il suo Figlio e
sempre la ripete in un eterno silenzio. Perciò
in silenzio essa deve essere ascoltata dall’a-
nima”. La teologia si fa nel silenzio dell’a-
dorazione, nell’umile accoglienza dello
Spirito nel cuore dei credenti.
Teologia in questo modo - e soltanto in
questo modo - schiude gli orizzonti nella
notte del mondo, segnala quella Patria futu-
ra di cui essa è conoscenza, come diceva san
Tommaso, vespertina, cioè la conoscenza
della penombra della sera perché la chiara
luce del giorno, il Giorno pieno dell’amore,
deve ancora venire.
Noi attendiamo un altro tempo e
un’altra Patria. Noi siamo pellegrini verso
la città di Dio e questo illumina il nostro
cuore di infinita speranza. Chiudo con la
definizione che Kierkegaard, un grande
testimone della fede nel tempo della moder-
nità, ha dato del professore di teologia: “Il
professore di teologia è uno che è tale perché
un altro è morto crocifisso per lui”.
Il Maestro è Cristo, vivente nella sua
Chiesa, nella comunione dei suoi pastori.
Il teologo è un cercatore del Mistero in que-
sta Chiesa che amiamo, per testimoniare
quello che gratuitamente gli è stato donato -
anzi ci è stato donato - e per accendere il
desiderio di cercare ancora e ancora scrivere
le storie della carità nella vicenda degli
uomini.
Amiamo sempre la Chiesa. Allora, la
storia della nostra carità contagerà tanti e
trasformerà il cuore del mondo. Rimaniamo
sempre nella storia dell’amore, nella comu-
nione povera e crocefissa con questa Chiesa
che, nonostante tutte le sue colpe e mancan-
ze, è la Sposa bella del Signore.
Concludo con una immagine che a prima
vista sembrerà strana, ma che è tanto antica
e tanto bella. I padri della Chiesa dicevano
che la Chiesa è la luna... Sì, la luna. Perché?
Perché come la luna non risplende di luce
propria ma brilla dell’unica luce del solo
sole, così la Chiesa non deve risplendere di
luce propria, ma deve brillare nella notte del
mondo della luce di Cristo. La Chiesa è tut-
ta relativa a Lui. Noi non indichiamo noi
stessi. Noi non annunciamo noi stessi, ma
Lui, il Signore della nostra vita, l’Amore
crocifisso di Dio che ha convertito il nostro
cuore e ci ha reso testimoni di Lui. Nel silen-
zio lo contempliamo e lo adoriamo. Ecco la
Chiesa-luna… La storia della luna è la storia
della Chiesa!|
Bruno Forte
(da registrazione)
Fra cielo e terra
Sospesi a mezz’aria. Né su né giù. Né
in cielo né in terra. Misteriosamente collo-
cati in quella dimensione dove manca ogni
appoggio terreno, ma dove è assente anche
la lievità delle cose celesti. È un punto vita-
le staccato da tutto, in cui ogni cosa inter-
rompe il suo corso.
È quello lo spazio in cui si abita la croce.
È lì che ci troviamo quando la realtà si pre-
senta diversa dai nostri desideri e dalle atte-
se. Dalle logiche o dai bisogni. Lì, “tra cielo
e terra”. Sorprendentemente sospesi
Che cosa allora ci mantiene in quella
strana altezza? Cosa rende possibile quel-
l’improbabile equilibrio? Sono forze nasco-
ste e sconosciute? Macchè, è solamente un
unico, piccolo e potente “sì”. Un’adesione
libera ma decisiva a quella scomoda posizio-
ne. Una sorta di “gancio” che tiene su.
Ma perché? Per quanto? Per chi? - gri-
da il profondo disagio che in quei momenti
ci stringe le viscere. È difficile infatti resi-
stere quando la propria “normalità” è inter-
rotta e non si è ancora approdati ad un
“oltre”, cioè in quella dimensione di pace
che nasce mirabilmente dalla morte.
È una condizione di malessere che non pos-
siamo controllare. Né determinare. È cosa di
Dio. Solo Lui può farlo. Noi possiamo sola-
mente attendere e sperare. Invocare e crede-
re. Piangere ed amare…
In questo stato di sospensione, infatti,
pare che l’unico organo in movimento sia
il cuore.
Tutti gli altri si sono fatti improvvi-
samente assenti e silenziosi. Come paraliz-
zati. Un senso di profonda solitudine ci cir-
conda, mentre con afflizione avvertiamo il
distacco dagli altri uomini, che chissà per-
ché ci appaiono con i piedi ben piantati per
terra. Guardiamo in alto, e anche il cielo ci
appare più lontano del solito…
È a quel punto che una sottile desola-
zione si affaccia sull’orlo della nostra ani-
ma
, come un avvoltoio pronto a strappare i
brandelli dell’unica pace che forse c’è rima-
sta. Che fare? Cedere alla tristezza ed al
rammarico? O con uno sforzo di fede getta-
re lo sguardo oltre i limiti del nostro pensie-
ro ed oltre ogni sentimento?
Sì, perché basta spostare l’attenzione di
qualche centimetro, per accorgersi che a
quell’altezza - sospeso a mezz’aria - c’è
anche Qualcun’altro.
È lì, anche Lui “tra cielo e terra”. Ci
guarda e ci ama. O meglio si offre, nell’atte-
sa che il Padre raccolga i suoi intimi sospiri
e li trasformi in gocce di salvezza. Per noi e
per gli altri. È il perenne Crocifisso. La
Vittima immacolata e senza macchia. Colui
che in ogni Messa sale sul quel podio di glo-
ria per innescare sempre nuovi processi di
resurrezione. Ogni volta da capo. Ogni volta
da solo, in un lungo ed eterno memoriale.
Uno strano sollievo ci circonda, mentre
la fitta che tagliuzzava il cuore diviene stra-
namente dolcezza. Un sottile piacere in cui
indugiare.
Ed è allora che scorgiamo un altro appi-
glio. È il Suo costato - aperto e generoso.
L’iniziale timore si fa consolazione. La pena,
incomprensibile diletto. Non è mutata la
nostra posizione, ma ora acquista un senso.
Ed ogni cosa perde il suo contorno, mentre il
cuore si dilata all’infinito.
Stefania Consoli
Fu lui a ordinarmi vescovo
Ricorda ancora con affetto e riconoscen-
za quel giorno in cui il card. Ratzinger
impose le mani sul suo capo: “Fu capace di
parlare toccando il cuore di tutti, ed era l’im-
mensa folla di popolo semplice che si senti-
va raggiungere dalla bellezza e dalla verità
di una parola di fede vissuta. Mi venne spon-
taneo dirgli, quella sera - racconta l’arcive-
scovo Bruno Forte -, che se in quel momen-
to ci fosse stata un’elezione per acclamazio-
ne, quel popolo di migliaia di persone lo
avrebbe acclamato Papa”.
Teologo come lui e docente stimato,
Mons. Forte, attuale Vescovo di Chieti
–Vasto, commenta: “Sarà il Papa della veri-
tà dell’amore
, di cui il mondo ha oggi
immensamente bisogno. Di verità perché il
relativismo dilagante, specie in campo
morale, è il tarlo delle coscienze. Di amore,
perché la folla delle solitudini, che è spesso
la società post-moderna, ne ha grandissima
nostalgia e necessità”.
Lo stesso Ratzinger nell’omelia in pre-
parazione del Conclave ha evidenziato que-
sti due elementi, quasi come una bandiera
del suo imminente (e impensato) pontifica-
to: “Il Card. Ratzinger è stato totalmente se
stesso, continua Bruno Forte, senza mini-
mizzare nulla di quanto lo caratterizza:
anche in questo, onesto fino in fondo. Le
due parole chiavi di quel discorso sono sta-
te: verità e misericordia! Non si proclama
la verità contro qualcuno, ma per amore
di tutti.
Non si amano veramente gli altri se
si fanno sconti sulla verità che libera e salva.
Questo è il teologo, il pastore, l’uomo e il
credente cui la Provvidenza ha voluto affi-
dare oggi le chiavi di Pietro. Chi non lo
conosce, potrà fermarsi agli aspetti più
esteriori.
Chi lo conosce, sa che la verità
che tanto ama si irradierà da lui per tanti: e
sono certo che non sarà difficile riconoscer-
la per i cuori che siano liberi da paure o pre-
giudizi”.
Questo il giudizio del discepolo, del
figlio e dell’amico Mons. Forte, che negli
anni ha potuto apprezzare da vicino le quali-
tà di papa Benedetto, poste oggi poste sotto
lo sguardo di tutti: “Il Dio che lo ha chiama-
to per amore a tutti noi, lo sostenga e lo
accompagni in ogni passo. Il mare della sto-
ria ha bisogno della barca di Pietro, il cui
timone è in mani tanto sicure, quanto libere,
perché perdutamente affidate all’Eterno”.
Redazione (Da notizie ANSA)
Chi è il teologo?
Che cosa è la teologia? Se volessi
descrivere qual è il compito del teologo non
riuscirei a trovare immagine più bella di
quella degli esploratori che furono mandati
da Mosè a osservare la terra della promessa
di Dio e tornarono dalla terra di Canaan por-
tando i grappoli d’uva, il melograno, il fico,
accendendo nel cuore del popolo del
Signore il desiderio della conquista e non
nascondendo la difficoltà dell’impresa.
Il teologo è in qualche modo colui che
nella comunità dei credenti, in profonda
fedeltà alla Chiesa che lo ha generato in fede
e che gli dona le parole della fede, deve
scrutare l’orizzonte, segnalare la Patria,
accendere nel cuore degli uomini la nostal-
gia dell’eterno e spingerli ad essere sempre
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Il Sacro Cuore:
fornace di misericordia
Provengo dall’Alto Adige, una regione a
nord dell’Italia, che è “terra consacrata al
Sacro Cuore”. Così è definita per un voto
fatto dagli abitanti del posto circa due seco-
li fa, e che io percepisco forte in me come
dono di grazia, come fonte di protezione,
come profonda appartenenza mia, della mia
terra, delle mie radici a questo Cuore tra-
boccante di misericordia.
Questo voto è stato fatto
per implorare la protezio-
ne divina contro l’immi-
nente pericolo di un’inva-
sione e consiste nella
promessa di celebrare
sempre solennemente la
ricorrenza annuale di
questa festa.
Fin da bambino ho vis-
suto come qualcosa di molto significativo il
fatto che l’intero mese di giugno sia dedi-
cato al Sacro Cuore
e mi piace pensare che
non per caso questo mese segua il mese
mariano di maggio che in qualche modo lo
prepara. La Madre di Dio ci porta sempre al
Figlio suo, contemplando le sue virtù, la sua
bellezza, i misteri della sua vita siamo por-
tati a contemplare i misteri di Colui che L’ha
concepita ed è stato de Lei generato.
Parlo di misteri perché il Cuore di Cristo
è una realtà da contemplare alla luce della
fede, un mistero che racchiude in sé innume-
revoli sfumature di quella sublime verità che
ci sarà svelata in tutta la sua bellezza soltanto
in cielo. Ma fin d’ora è necessario alimentare
in noi la sete di Lui ed il desiderio di cono-
scere Dio, poiché Egli per primo desidera
rivelarsi alle creature che ama.
Per questo voglio provare a meditare
brevemente su come quell’amore infinito ed
eterno che era in Dio dall’eternità ha deside-
rato trovare la sua dimora in mezzo agli
uomini, essere tra di noi, su questa terra, abi-
tare in mezzo a noi, rendersi percettibile,
visibile.
Il Cuore di Cristo è quel luogo in cui ha
potuto riversarsi tutto quell’incontenibile
fuoco di carità che prima che il mondo fosse
scorreva in continuo dal Padre al Figlio e dal
Figlio al Padre, nella persona divina dello
Spirito, che in questo amore si identifica. Il
Sacro Cuore è quel tabernacolo in cui tutta
la pienezza del vortice trinitario ha preso ad
ardere, dimorando per la prima volta nello
spazio e nel tempo.
L’amore ha preso forma, l’amore ha
preso vita, si rende visibile per tutti! È
questo amore ardente e vivo che ha dato a
Gesù la forza di vivere la sua passione, è sta-
to questo amore a spingere il Cristo a dona-
re Se Stesso a coloro che amava, a rimanere
per sempre tra gli uomini nelle sembianze
del pane e del vino.
La ricorrenza di questo mese santo nel-
l’anno dell’Eucaristia ha inoltre un signifi-
cato del tutto particolare.
Nell’Eucaristia è pienamente presente il
mistero del Sacratissimo Cuore, ed il miste-
ro è quello di un amore infinito ed illimita-
to, prima racchiuso e nascosto nel Cuore
dell’Uomo-Dio, ed ora per i secoli racchiuso
e nascosto nella fragile ostia consacrata.
Per quanto si possa scrivere non si potrà
mai illuminare in modo degno una sì grande
verità e nella nostra incapacità soltanto la
preghiera può venirci in aiuto.
Francesco Cavagna
“Venite adoriamo!”
Sono certamente molti i momenti par-
ticolari che si vivono a Medjugorje ma,
contrariamente a ciò che si potrebbe pensare,
il più importante di essi non è l’apparizione,
ma la celebrazione della Santa Messa e
l’Adorazione Eucaristica. Fin dai primi anni,
infatti, la Gospa ha guidato la Parrocchia a
mettere al centro Gesù Eucaristico, vero cuo-
re della Chiesa tutta. Si può senza dubbio
dire che Medjugorje è diventato da molti
anni un grande cenacolo Eucaristico
, in
cui l’Adorazione viene riscoperta come
esperienza viva di Dio. Questa riscoperta
avviene in modo del tutto naturale e sempli-
ce, senza alcun sensazionalismo, semplice-
mente aprendo il cuore a Gesù.
Maria ci introduce
Il Papa nella sua ultima Enciclica dice
che è proprio Maria che ci introduce a con-
templare Gesù Eucaristico; e il momento
dell’Adorazione Eucaristica chiarisce molto
bene il ruolo di Maria nella nostra vita: por-
tarci a Gesù e insegnarci a vivere di Lui! La
Regina della Pace ha educato progressiva-
mente la Parrocchia e tutti i pellegrini.
È impressionante notare come già il ter-
zo messaggio della Gospa alla Parrocchia
sia dedicato all’Adorazione del Santissimo
Sacramento: possiamo dire tranquillamente
che, se Medjugorje è divenuto un centro così
grande centro di preghiera, è perché si è sco-
perta la grazia immensa contenuta nel pic-
colo Tabernacolo: la Presenza viva, reale e
sostanziale del Salvatore del mondo.
“Di Medjugorje non voglio solo fare un
luogo di preghiera, ma realizzare l’incontro
dei cuori”
ha detto Maria in un messaggio.
Lei certamente è con noi e dice al suo Figlio:
“Vedi, non hanno più vino!” e certamente lo
accompagna mentre Egli tocca ciascuno dei
nostri cuori e ci dice: “D’ora in poi fa’ ciò
che lui ti dirà”.
Quella sera a Medjugorje
Questa è la mia testimonianza, un gio-
vane come altri che ha vissuto parecchie
di queste Adorazioni. Proviamo a riviver-
la insieme.
Il canto “Kumbaya” inizia sottovoce e
poi sempre più sostenuto, man mano che il
Santissimo si avvicina all’altare. Ecco,
finalmente il Santissimo è sulla Mensa; ora
Lui è davanti a ognuno di noi: il Sole di
Giustizia
ci visita sorgendo dall’alto.
In poco tempo si crea un’atmosfera di
grande raccoglimento e preghiera profonda:
ad uno ad uno gli occhi si chiudono e i cuo-
ri si fanno più attenti ad ascoltare la voce
dello Sposo Divino; sempre più il mio cuore
comprende che quando Adoriamo
l’Eucaristia è proprio come se ognuno di noi
fosse solo con te, Gesù, in un dialogo inti-
mo, da Padre a figlio: un figlio che con fidu-
cia si abbandonava pienamente nelle mani
grandi e amorose di suo Padre!
Lo Spirito ci accompagna…
“O Luce di Sapienza, svelaci il grande
mistero…” canta un Inno Liturgico dedicato
allo Spirito Santo. Sì, Gesù questa sera, in
questo momento è davanti a noi vivo e vero,
ma noi per crederlo fortemente abbiamo
bisogno del Dono dello Spirito Santo che ci
renda capaci di vedere oltre le apparenze:
ecco il motivo per cui l’Adorazione prose-
gue sempre con un canto di invocazione allo
Spirito Divino.
Il canto si svolge in tutte le lingue e la
mia mente va istintivamente all’episodio
narrato negli Atti degli Apostoli in occasio-
ne della Pentecoste “Ciascuno li sentiva
parlare la propria lingua, come lo Spirito
dava loro il potere di esprimersi”
: anche
questa sera stiamo invocandoti, Dito della
mano di Dio, perché tu tocchi e svegli i
nostri cuori! Tra una lingua e l’altra si alter-
nano pause solo strumentali, in cui il cuore
si può sprofondare completamente
nell’Amore di Dio e lasciarsi riempire della
sua soave presenza. In quei momenti senti
che il tuo spirito viene dissetato dall’ “Acqua
viva” che Gesù ci dona senza misura e capi-
sci in profondità cosa sia la preghiera del
cuore a cui la Gospa ci invita instancabil-
mente!
…e ci guarisce
Gli strumenti iniziano a suonare la melo-
dia dolce del canto, mentre improvvisamen-
te sento vicino a me che una ragazza comin-
cia a piangere dolcemente: è proprio vero, lo
Spirito ci tocca e ci guarisce nel nostro pro-
fondo, lì dove non può arrivare nessun medi-
co umano e noi ci sentiamo amati, ci sentia-
mo figli di Dio! Ho sperimentato che pro-
prio lì sta la pienezza e il senso profondo
della nostra esistenza.
Stando davanti al Signore e cercando di
adorarlo con tutto me stesso, mi sento accol-
to, amato e protetto: Gesù non è più un nome
lontano, ma una Persona che inizio a cono-
scere e sento il desiderio di conoscere sem-
pre di più! Comincio a considerare la Sua
grandezza, la Sua fedeltà, la Sua presenza
nella mia vita perché tu, fra Slavko, mi invi-
ti a farlo, mi inviti a ringraziare, che poi
significa adorare Dio!
Nella luce dello Spirito Santo mi si
schiude un mondo nuovo, o meglio, inizio a
vedere gli interventi d’Amore di Dio nella
mia vita: come a San Paolo per la preghiera
di Anania caddero le squame dagli occhi,
così gli occhi dei nostri cuori cominciano a
scorgere i passi di Dio nella nostra vita.
Gesù è la nostra vita!
Sì, stando davanti a Gesù, Luce che illu-
mina, ci rendiamo conto di quanto Egli ci
ami e cresce in noi, allora, la fiducia in Lui.
Sperimentiamo che per Gesù nulla di ciò che
noi viviamo è insignificante e che Lui desi-
dera essere il nostro più grande amico e con-
fidente. Così la preghiera non sarà mai ripe-
titiva perché ogni giorno abbiamo qualcosa
da portare e confidare al Signore! E piano
piano, parlando con Lui, Egli ci dona i suoi
occhi e le nostre difficoltà si ridimensionano
perché sappiamo di non doverli affrontare da
soli: c’è Lui, il Dio Onnipotente con noi!
Dopo aver pregato, la Benedizione
Eucaristica suggella quell’incontro di gioia
col Signore in mezzo a noi: Egli ci riempie
di Pace e ci manda ad annunciare al mondo
che Lui è risorto e presente oggi fra noi!
Ecco la fonte delle conversioni a
Medjugorje: il cuore riscaldato e guarito dal-
l’incontro profondo con il più grande amico
dei nostri cuori, che ha voluto darci
l’Eucaristia per condividere ogni momento
della nostra vita con noi. Non ci resta che
esclamare: Venite, adoremus! M.R.
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Villanova M., 1° maggio 2005
Resp. Ing. Lanzani - Tip. DIPRO (Roncade TV)
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di indirizzi scrivere alla Segreteria dell’Eco
CP 27 31030 BESSICA (TV)
E-mail: info@ecodimaria.net
Avendo le parole di Dio nel cuore
e con timore e tremore
annunciamo con il nostro sguardo
la presenza del Signore Gesù.
Diventeremo benedizione
così saremo benedetti.
I lettori scrivono
Stefania Errico da Lecce - Italia:
Grazie per il vostro lavoro e per il bene che
spargete con un piccolo foglio. Voce di uno
che grida nel deserto: preparate la via del
Signore. Questo misembra sia il vostro cari-
sma, portare l’acqua all’assetato, fasciare le
piaghe del cuore alle persone che sono nel-
l’ignoranza.
Francesca Pana dalla Papua Nuova
Guinea: Gradisco moltissimo L’Eco di
Maria. Lo leggo e con esso prego e vedo
cosa desidera la Madre da noi. Questo aiuta
me e la mia famiglia. Possa il Signore Gesù
guidarvi sempre!
Dom Ernest Troshani da Scutari -
Albania: Vi scrivo con grande piacere rin-
graziandovi moltissimo per la pubblicazione
dell’Eco di Maria, così preziosa per me e per
il popolo albanese.
Sr. M. Klaretta dalla Germania: Eco è
un periodico di profonda spiritualità, attra-
verso il quale parlano lo Spirito Santo e la la
Sua SS Sposa Maria. È quasi impossibile tro-
vare un foglio di tale profondità e devozione.
IMPORTANTE: Chi desidera ricevere
l’Eco per posta lo richieda direttamente alla
Segreteria. Non sono previsti invii da altri
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Nora Künzli, Rancate
È ancora disponibile presso
la segreteria la RACCOLTA DEI
PRIMI 100 NUMERI DELL’ECO !!!
Riflettendo sull’amore
Il nostro sforzo di incontrare Dio risulte-
rebbe vano se non fosse Dio stesso ad aver
deciso, nella sua infinita misericordia, di
manifestarsi a noi, nonostante le nostre
miserie ed i nostri limiti. Per l’essere uma-
no l’esperienza di Dio è molto soggettiva e
si differenzia da persona a persona. Tuttavia
penso si possano verificare delle situazioni
comuni simili a tappe attraverso cui ognuno
deve passare nel suo percorso verso Dio. Un
passaggio obbligato è quello di imparare ad
amare il prossimo, non con il nostro amore
umano che è sempre imperfetto, ma nel
modo in cui ama Dio, o meglio con l’amore
stesso di Dio.
L’esperienza fondamentale per il cristia-
no è quella di permettere all’amore divino di
entrare in lui, farsi riempire dallo Spirito
Santo per poter poi riversare la sua Grazia
sugli altri. Personalmente, qualche volta
sono riuscito a vincere me stesso e mi sono
comportato verso il fratello in modo “nuo-
vo”, ho agito come in precedenza mai e poi
mai avrei pensato di poter fare. In quel fran-
gente ho sperimentato Dio dentro di me per-
ché ho capito di essere riuscito a tenere quel
comportamento non in virtù delle mie forze
ma grazie alla forza che Dio mi aveva dato
dopo che gliel’avevo chiesta nella preghiera.
Quando si sperimenta dentro di sé questa
“forza” tutti i dubbi sull’esistenza di Dio
Padre, sull’amore infinito di Gesù e sulla
potenza dello Spirito Santo svaniscono e la
nostra fede si rafforza perché sentiamo in
noi la vicinanza e l’amore di Dio. Capiamo
infatti che non siamo noi ad agire ma è Lui
che agisce in noi, è Lui che ci dà la forza di
assomigliargli nell’amore, che ci ama così
tanto da farci amare gli altri col suo stesso
amore. Divenendo un tutt’uno con Lui, ci
sentiamo figli del Padre in Gesù Cristo nel-
la forza dello Spirito Santo. Il modo di ama-
re di Dio poi, lo conosciamo bene perchè è
stato Gesù a rivelarcelo “Io vi dico: amate i
vostri nemici e pregate per i vostri persecu-
tori”
(Mt 5,43) “Chi non prende la sua cro-
ce e non mi segue, non è degno di me. Chi
avrà trovato la propria vita la perderà e chi
avrà perduto la propria vita per causa mia,
la troverà”.
(Mt 10,38-39)
Possiamo affermare allora che Dio si
incontra quando perdoniamo, quando pre-
ghiamo per gli antipatici, quando ci sacrifi-
chiamo per gli altri, quando moriamo a noi
stessi ecc. Per riuscire a comportarsi così è
necessario però guardare gli altri con gli
occhi di Dio che ci vede come sue creature
amatissime così come siamo, nelle nostre
miserie e nelle nostre disubbidienze. Egli
vede in noi il suo timbro, la fiammella del
bene accesa nonostante tutto. Se noi guar-
diamo i fratelli con gli occhi di Dio, li ame-
remo incondizionatamente e indipendente
dai loro difetti perchè è così che Dio ama
noi. Riusciremo allora a sentire Dio dentro
di noi ed il suo amore, attraverso di noi,
potrà arrivare a tutti loro.
Massimo Bigotto
Non dire “sono giovane...”
Una delle affermazioni più positive della
nostra esistenza: l’essere nel pieno dell’en-
tusiasmo e delle forze, è usata dal profeta
Geremia quando è chiamato da Dio per esse-
re suo strumento. Dio infatti, lo sappiamo
dalla Scrittura, si è sempre servito di uomini
per annunciare la sua Parola e realizzare il
suo disegno di salvezza. Sempre, gli uomini
chiamati hanno avuto un primo momento di
titubanza, di timore perché si rendevano
conto della loro inadeguatezza e, soprattutto,
della loro indegnità. Geremia dicendo “sono
giovane” si riferisce alla propria inesperien-
za, alla fragilità e, forse al fatto che i giova-
ni hanno nel cuore grandi desideri.
“Sono giovane, non ce la faccio, è troppo
per me, e poi.. ho in mente altre cose per la
mia vita... Avrei bisogno di prepararmi, fre-
quentare un corso...” Noi siamo così davanti
a Dio. Desideriamo la Grazia del Signore, la
sua consolazione, il suo perdono, ma faccia-
mo fatica a pensare che Dio abbia bisogno di
noi. Lui però non si scoraggia e continua a
chiamarci. Soprattutto se siamo giovani.
Ma va’...
Se siamo giovani, se abbiamo respirato
la sua presenza attraverso l’intervento di
Maria sua Madre siamo chiamati ad andare.
Andare, dove? Il papa ci ha sempre invitati
ad andare, nella forma di pellegrini, alle
Giornate Mondiali della Gioventù e ha sem-
pre parlato al nostro cuore. In particolare, a
Colonia ci ha consegnato questa parola
“Siamo venuti per adorarlo”. Se ripercorria-
mo il cammino dei Magi ci rendiamo conto
che essi hanno vinto la loro titubanza con
giovanile entusiasmo: “Essi partirono”.
L’entusiasmo per la verità che cercavano ha
fatto superare l’inesperienza. La stella e la
conseguente gioia nel vederla sono il segno
di quegli aiuti, piccoli ma significativi che il
Signore concede a chi si mette in cammino.
Se chi legge queste righe è giovane ed è
stato conquistato da Maria riconosce nella
sua vita questi tratti essenziali. C’è bisogno
di andare, di uscire dall’ordinario per incon-
trare la grazia.
Se tu leggi questo giornalino, ti renderai
conto della sua povertà, della sua essenziali-
tà. Eppure esso è nato così, nella inadegua-
tezza di mezzi, nell’inesperienza professio-
nale. Ma ci sembra che il Signore abbia pro-
prio voluto accompagnare con i suoi sempli-
ci segni il cammino di questo strumento.
Ora io non ho timore nel chiedere a te, che
sei giovane, di “metterti in moto”, di “darti
una mossa” e di andare. Da chi?
Da coloro a cui ti manderò
Ci sono persone che non possono riceve-
re Eco perché sono anziane, o malate o per-
ché non lo conoscono. Chi è distributore, da
anni ormai, deve fare i conti con il tempo
che passa e non sempre le forze fisiche soc-
corrono. Vai tu, giovane, per diventare pic-
colo strumento di quella grazia che ha salva-
to anche te.
Dai concretezza all’entusiasmo che
spesso ti prende e trasfigura la tua giornata.
Se i tuoi sogni sono grandi.. da cambiare il
mondo, comincia concose piccole come il
portare questo numero a una persona che
secondo te può gradire il dono. Mettiti in
contatto con chi già distribuisce per speri-
mentare la gioia semplice e discreta di chi si
mette a servizio. Come Maria al seguito di
Gesù.
don Alberto Bertozzi
Raduno internazionale di tutte le
Associazioni e Movimenti
di ispirazione Mariana
Basilica di san Pietro a Roma 4 e 5 giugno 2005
Per tutti i consacrati a Maria del Movimento e
non solo, rappresenta una straordinaria occasio-
ne per dare seguito alla promessa fatta al
momento del loro atto di consacrazione.
Per prenotare rivolgersi a Giselda e Imperio
Tel. 055 22 33 58 - 0573 64 348
Cell. 347 9943017 - 348 8584131
8
 


 

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