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Eco di Maria Regina della Pace 155 (Gennaio-Febbraio 2001)

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Eco di Maria
Regina della Pace
155


 

Gennaio-Febbraio 2001




Messaggio del 25 novembre 2000:

"Cari figli, oggi quando il Cielo vi è vicino in modo speciale vi invito alla preghiera, così che attraverso la preghiera mettiate Dio al primo posto. Figlioli, oggi vi sono vicino e benedico ognuno di voi con la mia benedizione materna perchè abbiate forza e amore per tutte le persone che incontrerete nella vostra vita terrena e perchè possiate dare l’amore di Dio. Gioisco con voi e desidero dirvi che vostro fratello Slavko è nato al Cielo e che intercede per voi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

P. Slavko è nato al Cielo

Esistono nella nostra giornata compiti precisi, indilazionabili, spesso sempre uguali, talora anche molto umili, eppure necessari per la nostra vita terrena. Ad essi spesso dedichiamo, per libera scelta o per necessità, gran parte del nostro tempo; questa è la nostra condizione umana e da essa non è possibile prescindere. Talvolta, forse molto spesso, però dimentichiamo che l’uomo non è solo creatura, ma creatura creata da Dio a sua immagine e somiglianza (Gen 1,26-27). Il riferimento continuo a Dio non può mancare, non può essere eluso senza ledere gravemente la natura e la dignità della persona umana. Questo è tanto più vero per chi è battezzato in Cristo Gesù perché porta in sé l’immagine del Figlio e ad essa è chiamato a conformarsi (Gal 3,27). Il riferimento a Dio ha un nome, si chiama preghiera. Non può meravigliare, dunque, che Maria incessantemente ci richiami alla preghiera; Lei, che ci è Madre, ben conosce ciò di cui abbiamo bisogno e con insistenza, con amorosa pazienza, ce lo ricorda. Per tanto tempo si è detto che ciò che distingue l’uomo dall’animale è la capacità di ragionare; ora non si è più tanto certi che questa capacità sia caratteristica dell’uomo. Non è più corretto dire che sia caratteristica dell’uomo la capacità di pregare?

Oggi quando il Cielo vi è vicino in modo speciale, vi invito alla preghiera, così che attraverso la preghiera mettiate Dio al primo posto. Oggi c’è una ragione in più perché il Cielo ci sia particolarmente vicino: la nascita al Cielo di P.Slavko; i santi avvicinano la terra al Cielo. Questo è un ulteriore frutto della presenza di Maria a Medjugorje. Riconosciamo il tempo in cui siamo visitati; prendiamo sul serio i messaggi di Maria, i suoi inviti. Entriamo nella preghiera per dare a Dio il posto che gli compete nella nostra vita, il primo posto in assoluto. Accogliamo Dio con l’amore che gli consente di poter vivere in noi, di poter agire attraverso noi. Quale prospettiva più bella per il Natale che arriva? Maria è con noi: oggi vi sono vicino e benedico ognuno di voi con la mia benedizione materna. E’ una benedizione particolare che ci dà forza, che ci dà la capacità di amare tutte le persone che incontreremo nella nostra vita terrena. Occorre essere forti per resistere alle tempeste della vita, per non soccombere, per non smarrirsi. Maria ci dà questa forza; crediamole e la sperimenteremo in noi. Non è facile amare tutte le persone che incontreremo; non è facile amare chi ci reca del male, chi ci odia, chi ci perseguita, ma è questo che vuole Gesù (Lc 6, 27-35). Non è facile amare chi ci ferisce, specie se ci è caro, se ci è particolarmente vicino; ma non abbiamo scelta: Gesù ha già scelto per noi, a noi non resta che seguirlo. Dobbiamo portare a tutti non il nostro fragile ed imperfetto amore, ma l’amore che Dio ha per loro.
Maria ci benedice per renderci capaci di dare l’amore di Dio; con la sua benedizione possiamo essere messaggeri dell’amore di Dio, portare questo amore a tutti: a chi è nel dolore, a chi è nel peccato, a chi è solo, a chi è emarginato, a chi ha perso la speranza, a chi non sa più amare, ma anche a chi è nel benessere, a chi si crede autosufficiente, a chi ferisce, a chi non crede più o non ha mai creduto. Dobbiamo essere canali che permettano all’amore di Dio di scorrere puro, senza alcun nostro inquinamento, e di raggiungere tutti quelli che vengono a contatto con noi. Gioisco con voi e desidero dirvi che vostro fratello Slavko è nato al Cielo. Nato al Cielo a conclusione della Via Crucis. Dalla cima del monte Krizevac al Cielo il passo non è breve ma è nella continuità di una vita vissuta al servizio di Dio e di Maria. Ed è gioia per tutti noi che lo abbiamo conosciuto personalmente, per tutti quelli che lo hanno conosciuto attraverso i suoi scritti o i suoi interventi a Radio Maria. Ed è consolazione perché egli intercede per noi.

Nuccio Quattrocchi

 

 

Messaggio del 25 dicembre 2000

"Cari figli, oggi quando Dio mi ha concesso di poter essere con voi, con il piccolo Gesù in braccio gioisco con voi e ringrazio Dio per tutto ciò che ha fatto in questo anno giubilare. Ringrazio Dio in modo particolare per tutte le vocazioni di coloro che hanno detto "sì" a Dio in pienezza. Benedico tutti voi con la mia benedizione e con la benedizione del neonato Gesù. Prego per tutti voi affinchè nasca la gioia nei vostri cuori e perchè anche voi nella gioia portiate la gioia che oggi io ho. In questo bambino vi porto il Salvatore dei vostri cuori e colui il quale vi invita alla santità della vita. Grazie per aver risposto alla mia chiamata."

A Natale c'é la pienezza della gioia

Puntualmente, a Natale Maria si presenta con il piccolo Gesù in braccio. E’ un segno ma è anche realtà; l’eternità è ciò che permane, ciò che dinanzi a Dio non si cancella ma sussiste, continua ad esistere. Gli eventi segnati dallo Spirito non sono soggetti all’usura del tempo, si collocano fuori di esso, nella eternità di Dio. Così è dunque per l’Evento per eccellenza, per la venuta di Dio nel mondo, per la sua nascita nell’uomo. Maria è Madre in eterno. Per grazia di Dio, in particolari momenti della nostra storia, Lei ci visita, ci parla, si manifesta; ma la sua maternità sussiste sempre, in eterno, e non solo rispetto a Gesù, ma anche nei nostri confronti. Gioisco con voi e ringrazio Dio per tutto ciò che ha fatto in quest’anno giubilare. La gioia è sempre stata nella storia di Israele un modo per esprimere, come popolo e quindi pubblicamente, lode e ringraziamento a Dio. La gioia che anima questo messaggio natalizio è qualcosa di più grande. E’ uno stato esistenziale perenne e non una lieta parentesi, è una realtà immanente e non un momento della vita: prego per tutti voi affinché nasca la gioia nei vostri cuori perché anche voi nella gioia portiate la gioia che oggi io ho. La gioia di Maria non è un sentimento, è Gesù; e quell’oggi non è un momento, è l’oggi eterno di Dio. Maria prega perché questo Natale sia il nostro Natale, perché la gioia nasca nelle nostre anime. Gesù è già nato in noi nel nostro battesimo ma, per quanto possiamo ritenerci pii e fedeli, certamente abbiamo, ed avremo sempre, molto da fare per lasciargli la libertà di vivere e crescere in noi. Nessun timore ci trattenga; Dio ci dà la grazia di riprendere il cammino, di continuare, di ricominciare; basta decidersi con cuore sincero. La venuta di Dio nel mondo è fissata nell’eternità e ad essa possiamo accedere ogni giorno della nostra terrena esistenza, come ogni giorno possiamo incontrarlo nella Santa Eucaristia. In questo tempo particolarissimo per grazia, poi, è ancora più facile accoglierlo nella nostra anima: i frutti del Giubileo non sono ancora stati tutti raccolti e Maria continua a visitarci e ad istruirci.

Ringrazio Dio in modo particolare per tutte le vocazioni di coloro che hanno detto "si" a Dio in pienezza; è questo un frutto del Giubileo già maturo e che ancora maturerà se sapremo aprirci a Dio, dirgli il nostro "si" in pienezza, senza condizionamenti o patteggiamenti. Ancora una volta Gesù nasce per noi, nasce in noi; unica condizione la nostra accoglienza. Molto probabilmente il ringraziamento di Maria riguarda la fioritura di vocazioni religiose e tutti noi dobbiamo rendere lode e grazie a Dio per le tante positive risposte alla sua chiamata. Ma anche noi laici siamo tenuti ad una risposta che ci coinvolga pienamente, che occupi tutti gli spazi della nostra esistenza, che investa ogni nostra attività, che informi ogni scelta, ogni decisione, ogni atteggiamento. Nella gioia portiate la gioia che oggi io ho; questa gioia che è la presenza di Gesù in noi, questa gioia che nessuno potrà toglierci (Gv 16, 23), va accolta, va portata in noi ed al mondo. Essa deve trasparire dai nostri gesti, brillare nei nostri occhi, fiorire sulle nostre labbra; va trasmessa in silenzio, testimoniata nella concretezza della vita. La gioia è uno dei frutti dello Spirito (Gal 5, 22) ed una componente del Regno di Dio (Rm 14, 17); se è assente dalla nostra vita c’è da dubitare della nostra fede. In questo bambino vi porto il Salvatore dei vostri cuori e colui il quale vi invita alla santità della vita. La santità non è una collezione di virtù o di opere buone, non è un fare ma un essere. La santità consiste nell’essere abitati da Gesù, vissuti da Lui; la santità sgorga dalla nostra adesione piena alla vita che Egli vuole vivere in noi ed esprimere per nostro tramite. Siamo santi nella misura in cui la sua vita prende il posto della nostra; questo può accadere improvvisamente, in un attimo, ma può anche richiedere un lungo cammino. Ma prima o poi questo accadrà se rimaniamo saldamente ancorati a Maria, docili ed umili servi del Vangelo e della Chiesa, ed allora sarà gioia piena alla sua presenza, dolcezza senza fine alla sua destra (Sal 15, 11)

Nuccio Quattrocchi

 

GIUBILEO

Gli atleti di Dio

"Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!" (1 Cor 9,24). Attraverso la metafora del sano agonismo sportivo, s. Paolo mette in luce il valore della vita, paragonandola ad una corsa verso una meta non solo terrena e passeggera, ma eterna. Una corsa in cui non uno soltanto, ma tutti possono essere vincitori. Ascoltiamo oggi queste parole dell'Apostolo, raccolti in questo Stadio Olimpico di Roma, che ancora una volta si trasforma in un grande tempio a cielo aperto, annuncia Giovanni Paolo II agli atleti di numerose nazioni e discipline sportive al Giubileo degli sportivi celebrato il 29 Ottobre. E' stata un'occasione di festa gioiosa e un vero e proprio inno di lode e di ringraziamento al Signore per rendere grazie a Dio per il dono dello sport, in cui l'uomo esercita il corpo, l'intelligenza, la volontà, riconoscendo in queste sue capacità altrettanti doni del suo Creatore.

Il Santo Padre nelle sua vita ha sempre destinato un posto privilegiato allo sport, affermando così che il corpo è un grande dono che va coltivato in modo armonico, a vantaggio della salute sia fisica che spirituale. Inoltre: grande importanza assume oggi la pratica sportiva - afferma il Pontefice - perché può favorire l'affermarsi nei giovani di valori importanti quali la lealtà, la perseveranza, l'amicizia, la condivisione, la solidarietà. Per questo, all'inizio di un millennio che si vuole costruito sulla pace è grande la responsabilità degli sportivi nel mondo. Essi sono chiamati a fare dello sport un'occasione di incontro e di dialogo, al di là di ogni barriera di lingua, di razza, di cultura. Lo sport può, infatti, recare un valido apporto alla pacifica intesa fra i popoli e contribuire all'affermarsi nel mondo della nuova civiltà dell'amore.

Sappiamo tutti che per riuscire nella vita bisogna perseverare nella fatica. Chi pratica lo sport questo lo sa bene: è solo a prezzo di faticosi allenamenti che si ottengono risultati significativi. E' la logica dello sport, ed è anche la logica della vita: senza sacrifici non si ottengono risultati importanti, e nemmeno autentiche soddisfazioni. Ce lo ricorda ancora una volta l'apostolo Paolo: "Ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile" (1 Cor 9,25). Ogni cristiano è chiamato quindi a diventare un valido atleta di Cristo, cioè un testimone fedele e coraggioso del suo Vangelo. Ma per riuscire in ciò è necessario che egli perseveri nella preghiera, si alleni nella virtù, segua in tutto il divino Maestro.

Con queste parole il Papa conclude il suo discorso agli sportivi sottolineando però che in effetti è Gesù il vero atleta di Dio; Cristo è l'Uomo "più forte" (cfr Mc 1,7), che per noi ha affrontato e sconfitto l'’avversario’, Satana, con la potenza dello Spirito Santo, inaugurando il Regno di Dio. Egli ci insegna che per entrare nella gloria bisogna passare attraverso la passione (cfr Lc 24,26.46), e ci ha preceduto in questa via, perché ne seguiamo le orme.

 

Solo l'amore guarisce

"Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28). E' una affermazione evangelica che la liturgia colloca nella prima domenica di Avvento e che mette in luce la paura che atterrisce gli uomini di fronte agli sconvolgimenti finali. Per contrasto, però, l'evangelista presenta con risalto ben maggiore la prospettiva gioiosa dell'attesa cristiana: "Allora - dice - vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande" (Lc 21,27).

Il Giubileo della Comunità con i Disabili, anch'esso posto all'inizio dell'Avvento (3 dicembre), vuol significare, come dice loro il Papa che: nel vostro corpo e nella vostra vita, carissimi Fratelli e Sorelle, voi siete portatori di un'acuta speranza di liberazione. Non vi è in ciò un'implicita attesa della "liberazione" che Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione? In effetti, ogni persona segnata da una difficoltà fisica o psichica vive una sorta di "avvento" esistenziale, l'attesa di una "liberazione" che si manifesterà pienamente, per essa come per tutti, soltanto alla fine dei tempi. Senza la fede, questa attesa può assumere i toni della delusione e dello sconforto; sorretta dalla parola di Cristo, essa si trasforma in speranza vivente ed operosa.

Lo dice con convinzione il Papa a quanti sono segnati da una o più forme di disabilità. Intorno a lui si sono raccolte in quei giorni 12.000 persone, di cui circa 4500 erano gli accompagnatori e i familiari. Il tempo d'Avvento, che proprio oggi inizia, ci sprona a prepararci per accogliere il Signore che verrà. Ma come prepararci? interroga il Papa.

E subito aggiunge: La significativa celebrazione che stiamo compiendo pone in luce che un modo concreto per disporci a quell'incontro è la prossimità e la condivisione con chi, per qualunque motivo, si trova in difficoltà.

E' così che la Comunità cristiana si prepara alla seconda venuta del Signore: mettendo al centro le persone che Gesù stesso ha privilegiato, quelle persone che spesso la società emargina e non considera.

Affermazioni chiarissime e inequivocabili, dirette più che altro a noi, i cosiddetti "normali". Ci abituiamo a vivere tra di loro, ma li conosciamo per questo? Li incrociamo ma non sempre li accostiamo. La disabilità fisica e soprattutto quella mentale nasconde spesso il disabile: ci impedisce di vedere il suo vero volto. La pietà può essere altrettanto offensiva del rigetto; quella che abbassa il disabile al rango di assistito, come se dovesse aspettarsi tutto da noi, come se non avessimo niente da aspettarci da lui.

Già, frettolosi o distratti, abbiamo difficoltà a prestare attenzione alla vita degli altri; ancor più ci teniamo lontani dalle vite che non sono come le altre e che rovesciano la nostra scala dei valori. E tuttavia, sono questi disabili i migliori testimoni della vita, della vera vita: il desiderio di vivere è più forte delle ferite o della disabilità. Anche se per loro è un combattimento di ogni giorno, testimoniano che la fede nella vita è un dono, l’opera di Dio che è Vita e che è Amore. Con la vostra presenza, carissimi Fratelli e Sorelle, voi riaffermate che la disabilità non è soltanto bisogno, è anche e soprattutto stimolo e sollecitazione - precisa il Papa. Certo, essa è domanda di aiuto, ma è prima ancora provocazione nei confronti degli egoismi individuali e collettivi; è invito a forme sempre nuove di fraternità. Con la vostra realtà, voi mettete in crisi le concezioni della vita legate soltanto all'appagamento, all'apparire, alla fretta, all'efficienza.

Come rimanere indifferenti di fronte a queste parole che interpellano fortemente la nostra coscienza; come non lasciarsi scuotere di fronte a un Gesù che s'incarna per venire incontro ai nostri bisogni; ci chiediamo: come Lui, siamo in grado di dimenticare noi stessi e condividere le sofferenze del prossimo? Sì, perché la disattenzione acuisce sofferenza e solitudine, mentre la fede testimoniata nell'amore e nella gratuità dona forza e senso alla vita, sottolinea il Santo Padre - La via della carità è la strada maestra per andare incontro al Signore che verrà. Solo amando in modo sincero e disinteressato potremo trovarci pronti "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi" (1 Ts 3,13).

Ancora una volta l'amore è il criterio decisivo, oggi e sempre. Allora, come afferma Mons. Sepe, questo Giubileo non riguarda solo un particolare gruppo di persone, distinto dagli altri per la professione o lo stato civile, ma tutte le componenti della società, chiamate a far sì che quanti sono colpiti dall'handicap non debbano patire, oltre alla menomazione fisica, anche l'emarginazione sociale. Stefania Consoli

 

Essere nel mondo testimoni di Cristo

Gli ultimi decenni del XX secolo hanno visto fiorire nella Chiesa i semi di un'incoraggiante primavera spirituale. Come, ad esempio, non essere grati a Dio per la più chiara consapevolezza che i fedeli laici - uomini e donne - hanno acquisito della propria dignità di battezzati divenuti "creature nuove"; della propria vocazione cristiana; dell'esigenza di crescere, nell'intelligenza e nell'esperienza della fede come veri discepoli del Signore; della propria adesione alla Chiesa?

In occasione del Giubileo dell'apostolato dei Laici (26 novembre 2000), Giovanni Paolo II ha rivolto lo sguardo al cammino svolto dai movimenti laicali dal Concilio fino ad oggi, evidenziando l'importanza della Chiesa stessa come mistero di comunione che ha origine nella vita della Santissima Trinità. E' il Corpo mistico di Cristo. E' il Popolo di Dio, - continua il successore di Pietro- che unito dalla stessa fede, speranza e carità cammina nella storia verso la definitiva patria celeste. E noi, come battezzati, siamo membra vive di questo meraviglioso e affascinante organismo. Per questo, oggi più che mai è necessario che i cristiani, illuminati e guidati dalla fede, conoscano la Chiesa quale essa è, in tutta la sua bellezza e santità, per sentirla ed amarla come propria madre. Ed a tal fine è importante risvegliare nell'intero Popolo di Dio il vero sensus Ecclesiae, unito all'intima consapevolezza di essere Chiesa, mistero cioè di comunione.

Per far ciò bisogna ritornare al Concilio, vera e propria base di partenza di una rinnovata missione dei Laici nella Chiesa. Bisogna riprendere in mano i documenti del Vaticano II per riscoprirne la grande ricchezza di stimoli dottrinali e pastorali. In particolare, occorre riprendere in mano quei documenti ai quali ai Laici il Concilio ha aperto straordinarie prospettive di coinvolgimento e di impegno nella missione della Chiesa. Non vi ha forse ricordato il Concilio la vostra partecipazione alla funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo? (Lumen gentium, 31) interroga il Papa. E per favorire una maggiore consapevolezza sul valore della missione laicale nella Chiesa di oggi il Pontefice aggiunge: Carissimi Fratelli e Sorelle, la Chiesa ha bisogno di voi e conta su di voi! La promozione e la difesa della dignità e dei diritti della persona umana, oggi più urgente che mai, richiede il coraggio di individui animati dalla fede, capaci di un amore gratuito e ricco di compassione, rispettosi della verità sull'uomo, fatto a immagine di Dio e destinato a crescere sino alla piena statura di Cristo Gesù (cfr Ef 4, 13).

Infine proprio come la Regina della Pace ci esorta nei suoi messaggi, il Papa incoraggia i suoi figli: Non scoraggiatevi di fronte alla complessità delle situazioni! Ricercate nella preghiera la sorgente di ogni forza apostolica; attingete dal Vangelo la luce che dirige i vostri passi.

 

Uomini politici: Il vostro impegno sia un servizio!

Lo scorso 5 novembre sono convenuti a Roma da varie parti del mondo per celebrare la loro giornata giubilare numerosi uomini politici e governanti. Le delegazioni più nutrite sono state la italiana, l’argentina e la polacca, ma erano presenti anche rappresentanti dei Paesi asiatici, dell’Australia, dell’Africa e delegazioni di paesi islamici.
Il Santo Padre ha rivolto loro la sua attenzione in più di un’occasione: durante l’assemblea dei "parlamentari del mondo" che si è svolta il 4 novembre in Vaticano nell’Aula Paolo VI; nel corso della celebrazione giubilare in Piazza S. Pietro; e infine durante un incontro di festa svoltosi la domenica sera.

Alcuni eventi politici come l’acuirsi del conflitto tra Israele e Palestina e l’elezione del Presidente negli Stati Uniti proprio nei giorni in cui si è svolto il Giubileo dei politici, hanno reso ancora più incisivo il messaggio di Giovanni Paolo II che ha invitato ad una politica di qualità, che sappia farsi carico delle reali attese dell’uomo e che rifugga da ogni forma di mediocrità e di interesse personale. Facendosi poi portavoce dei più poveri e dei deboli, ha rivendicato per loro non solo un po’ di attenzione, ma anche gesti concreti si solidarietà e di rispetto della dignità umana.
La preoccupazione essenziale dell’uomo politico ha detto, deve essere la giustizia: una giustizia che non si contenti di dare a ciascuno il suo, ma tenda a creare tra i cittadini condizioni di uguaglianza nelle opportunità, e dunque a favorire quelli che per condizione sociale, per cultura, per salute… rischiano di essere sempre agli ultimi posti nella società senza possibilità di personale riscatto.
Il Santo Padre ha anche rivolto un appello a tutti i legislatori a conformarsi a quel Legislatore supremo che è Dio dal quale ogni legge attinge la sua forza. A loro ha detto di non perdere mai di vista la legge naturale che è inscritta nel cuore di ogni uomo e che è il punto di riferimento normativo per la legge civile. In altri termini ha voluto ricordare ai politici cristiani che le leggi devono sempre rispettare e promuovere la persona umana, perciò, una legge che non rispetti il diritto alla vita, non è una legge conforme al disegno divino.
La legge umana infatti, non è mai contro, ma a servizio della libertà.

L’amore a Dio e l’amore al prossimo, spiega Giovanni Paolo II, dovrebbero spingere ogni cristiano a concepire l’impegno politico come un servizio e non come una pura mediazione degli interessi o, ancora peggio come una questione di demagogia o di calcolo elettorale.
A tutti ha poi indicato la figura di Tommaso Moro, la cui immagine sovrastava la piazza dal balcone centrale della Basilica, come esempio di libertà e di aderenza alle leggi della coscienza di fronte a richieste moralmente insostenibili. La sua testimonianza, ha detto, vi sia di stimolo e di incoraggiamento. Possa il vostro lavoro essere ogni giorno al servizio della giustizia, della pace della libertà e del bene comune.

Agnese Rubino

 

Siate costruttori di pace!

Chi meglio di voi, carissimi militari e membri delle Forze di polizia può rendere testimonianza circa la violenza e le forze disgregatrici del male presenti nel mondo? Voi lottate ogni giorno contro di esse: siete infatti chiamati a difendere i deboli, a tutelare gli onesti, a favorire la pacifica convivenza dei popoli. A ciascuno di voi si addice il ruolo di sentinella, che guarda lontano per scongiurare il pericolo e promuovere dappertutto la giustizia e la pace. Espressioni cariche di ammirazione e di riconoscenza da parte del Pontefice per coloro che hanno messo a disposizione la propria vita e il proprio impegno per la sicurezza degli uomini. Riuniti nell'accogliente piazza S. Pietro, i rappresentanti delle diverse Forze di sicurezza e dei Corpi militari di tutto il mondo hanno festeggiato insieme al Santo Padre il loro giubileo domenica 19 novembre: La vostra quotidiana esperienza vi porta ad affrontare situazioni difficili e talora drammatiche, che pongono a repentaglio le sicurezze umane. Il Vangelo, però, ci conforta presentando la figura vittoriosa di Cristo giudice della Storia.

Non devono dunque temere i militari e gli agenti di operare per il bene comune, ma il loro servizio sarà più efficace e gravido della giustizia di Dio se essi lasceranno che Gesù guidi la loro azione per promuovere la pace che è un fondamentale diritto di ogni uomo, tenendo conto che "gli uomini in quanto peccatori sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta del Cristo" (Lumen Gentium, 78).

A queste parole di incoraggiamento da parte del Pastore, si possono aggiungere quelle di s. Paolo che ci invita tutti a diventare santi con delle indicazioni che sembrano spingere alla battaglia ma che in realtà aprono ad una prospettiva di pace: "Prendete... l'armatura di Dio... State ben fermi, cinti i fianchi con la verità, rivestiti con la corazza della giustizia, e avendo come calzatura ai piedi lo zelo per propagare il vangelo della pace. Tenete sempre in mano lo scudo della fede... prendete anche l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio" (Ef 6, 13-17). Soprattutto "pregate incessantemente" (Ef 6, 18).

 

 

 

UNA MORTE FECONDA

Nessuno di noi può dire di non essere stato colto di sorpresa dalla morte di padre Slavko, tanto che abbiamo faticato ad accettare l’idea che la sua scomparsa corrispondesse ad un preciso progetto di Maria. Le parole che la Madonna ha riferito a Marija Pavlovic ci hanno consolato e immerso nel mistero della morte davanti al quale, ogni uno di noi, si sente un po’ straniero e confuso. Questo è un enigma che nessuna filosofia umana è riuscito a penetrare, ed è lo stesso che anche i discepoli di Gesù rifiutarono, attraverso le parole di Pietro, sino a rinnegarlo tre volte. Non solo il cuore dell’uomo desidera però vivere; anche Gesù stesso - ci dice l’apostolo Giovanni - fu turbato nell’anima davanti alla tomba di Lazzaro e pianse, in modo tale da convincere i giudei dell’amore che Cristo provava per quell’uomo (cfr. ).
La morte del nostro caro padre Slavko se, da una parte, ci priva dell’affetto di una persona dalla quale tutti ci sentivamo amati, dall’altra porta con sé tanti frutti; è lui stesso, infatti, il grano che muore e, come conseguenza, dona una messe abbondante (cfr. ). Parlando con diversi amici che hanno vissuto intensamente la sua "partenza" abbiamo convenuto che stiamo vivendo una nuova conversione; una amica mi ha detto: "Mi sembra come se ci fosse un velo in meno", vediamo ancora nel riflesso ma un po’ più chiaramente.

In questo senso abbiamo compreso che stavamo incontrando il misterium mortis; stavamo vivendo la "luminosa" morte di un altro che è stato non solo obbediente fino alla morte come un fine, ma anche come parte integrante del progetto che Dio ha avuto su di lui. La sua morte ci ricorda in alcuni tratti quella di Cristo. Come il suo Signore Slavko aveva appena terminato una via crucis ed e morto come Lui verso le tre, nell’ora della Sua misericordia.
Quindi questa morte cristiana si incorpora nella nostra vita interiore. L’abbiamo vissuta come necessaria, e non causale. Nessuno di noi, anche so lo possiamo pensare, sarà una eccezione dato che essa è parte integrante della sequela Cristi. È da sottolineare che non è solo un passaggio alla nuova vita, che in un certo senso abbiamo già vissuto nel nostro battesimo e nei sacramenti, ma fa parte della prova dell’amore in un doppio senso.
Ognuno di noi vive già questa morte, direi, anche nel corpo; basta vedere le nostre malattie che sono una sorta di morte, anche se non piena. Il Signore ci invita a deporre del tutto l’uomo vecchio e non risparmia il corpo al quale siamo cosi affezionati, forse perché è la nostra casa, la nostra cella, e lo viviamo in maniera cosi immediata. Ci chiede quindi non solo di passare passivamente alla nuova vita, ma di consegnare a Lui ciò che abbiamo ricevuto per averlo in pienezza.
Tutto ciò lo possiamo già vivere intensamente anche nello spirito che viene toccato dalla separazione del corpo e, in qualche modo, soffre finché non sarà riunito ad esso nella forma "gloriosa". Però vivere la morte di Cristo dentro di noi significa soprattutto diventare semplici e orientarsi verso l’essenziale. La nostra vita è davvero e un "soffio". Dio ci può chiamare nel pieno della nostra attività come ha chiamato padre Slavko, per un dono totale di sé. Quindi non permettiamo al nostro spirito di diventare aggravato dalle preoccupazioni superficiali; pensiamo solo alla carità, perché è l’unica cosa che alla fine resterà. Questa vita ci è data per conquistare il cielo, la vita eterna è il premio che ci aspetta. Dobbiamo quindi stare attenti a non lasciarsi incatenare dalle debolezze degli uomini, dal loro giudizio e dal loro dominio.
La morte è il segno che ognuno di noi appartiene solo a Cristo e che il giudizio finale spetta solo a lui. Per anticipare questo momento e per prepararsi a questo esame ci può aiutare l’esame di coscienza ogni sera prima di andare al letto come un piccolo giudizio universale. Infine la morte la troviamo che pende nelle nostre case sul crocifisso. Quel corpo è il corpo morto di Cristo, sotto il quale la Madonna ci a chiesto di meditare i misteri gloriosi, perché il vangelo - ci dice il Padre - ha glorificato il Figlio sua croce, la morte è stata vinta. Uniti a questo mistero, che è anche nostro, perché alla fine si rivelerà anche la nostra gloria sino ad allora nascosta in Cristo. Adoriamo la Croce come la Madonna ci chiede e preghiamo per la virtù della pazienza che, dice l’apostolo, genera la speranza e, da questa, l’oggetto della vita beata. Chiediamo infine alla Madonna di pregare per noi adesso e nell’ora della nostra morte.

Jelena Vasilj

 


Ci uniamo al dolore di quanti amavano fra Slavko. Sentiremo la sua mancanza, non solo come uomo ma anche per il prezioso servizio che prestava a Medjugorje. Siamo riconoscenti per la stima e l'affetto che egli ha sempre dimostrato verso don Angelo e verso l'Eco di Maria, e per tutte le volte che abbiamo potuto pubblicare le notizie e gli scritti relativi la sua attività pastorale.

Contemporaneamente sentiamo di gioire con tutto il Cielo, con i Santi e con gli Angeli, con la nostra cara Gospa per la nascita di fra Slavko nel Regno dell'Amore eterno. Siamo sicuri che egli aiuterà tutti coloro che si adoperano affinché il messaggio di Medjugorje arrivi ai cuori di tutti gli uomini del mondo. Anche noi quindi ci mettiamo nella sua intercessione perché anche il nostro lavoro con Eco di Maria possa dare sempre frutti di conversione e di pace nelle anime dei lettori. A voi tutti e a coloro che proseguiranno l'opera di fra Slavko un forte abbraccio in unione di preghiera, nel cuore della Regina della Pace

Redazione ECO DI MARIA - ITALIA

 


 

Padre Slavko ci manca già

Slavko è deceduto subito dopo la Via Crucis del venerdì 24 novembre. E' morto sotto gli occhi dei presenti. Di colpo. Malgrado il suo stile di vita ascetico che sembrava promettergli una lunga vita. Ma probabilmente egli ha abusato delle proprie forze fino al corto circuito per il Signore. I veggenti, per i quali egli era la guida e il riferimento spirituale, ne sono profondamente afflitti perché, ognuno con la propria personalità, non sempre venivano influenzati dalla parrocchia, come si desiderava. Era Slavko ad essere lo stabile collegamento sacerdotale e spirituale.
Medj. perde il suo ambasciatore internazionale (poliglotta nei cinque continenti), e il principale interprete presso i pellegrini. Stavano per vietargli quei viaggi che prolungavano il suo flessibile raggio d'azione. Durante e dopo la guerra, aveva creato delle considerevoli opere umanitarie: un villaggio di bambini e di vedove nella stessa Medj., con attigua una scuola.
Organizzava mensilmente dei ritiri vissuti in profondità, nei quali si dava spazio al digiuno. Dopo aver ideato il Festival per i giovani (che aveva termine all'alba del 6 agosto, giorno della trasfigurazione, sul Monte Krizevac), p. Slavko aveva dato avvio ai seminari per i sacerdoti previsti per il mese di giugno.

Psicologo di formazione, era un uomo creativo, modesto e spirituale. Si rimprovera al messaggio di Medj. di essere povero e ripetitivo, ma ogni mese Slavko sapeva irradiarne il raggio essenziale: un'eco del vangelo; come sacerdote cercava di trasmettere la sua fiamma, arricchita nel corso della sua lunga vita. Coloro che pensavano che egli non serviva una buona causa oseranno gioire di questa morte, una morte che assesta un colpo di più alla sfera spirituale e ai quotidiani frutti del vangelo.
Ci sono pervenute delle precisazioni circa la morte di Slavko. Aveva modificato le sue abitudini. Terminava la sua via Crucis non in cima al Krizevac, come prima, ma vicino al pannello della Resurrezione, presso la XIV stazione: la deposizione nel sepolcro. In questa fine d'anno giubilare, un "24" del mese, giorno della prima apparizione, egli termina il suo intervento con queste parole profetiche: "Che la Gospa preghi per noi nell'ora della nostra morte". Benedice il gruppo. E' il suo ultimo gesto, ma appena cominciava a discendere dovette sedersi. Lo stesso 24 novembre, dopo la morte di Slavko, Marija ebbe la sua apparizione. Ci si aspettava che la "Gospa" ne parlasse, ma non fu così. Lei dava solo una consegna che continuava il messaggio abituale di Slavko: "Nastavite dalje!" (Andate avanti!).

La salma, esposta nella Cappella dell'Adorazione, con la bara aperta, secondo l'uso di questa regione, ha attirato la folla e la preghiera in un'atmosfera profonda e calma, dove si mescolavano le lacrime e il desiderio del Cielo. Il 25, giorno del suo messaggio, Marija era presente a Medj. e ha trasmesso queste parole della Madonna con un sorriso colmo di lacrime: Slavko u nebu! Slavko u nebu!" (Slavko in Cielo!). E' la prima volta che un messaggio riporta il nome di una persona. La Gospa si è dichiarata a suo favore come egli si era dichiarato per lei, conclude sr. Emmanuel, alla quale dobbiamo queste commoventi notizie.
E' stato sepolto il giorno dopo alla presenza di una grande massa di gente locale e straniera. Mons. Peric, che cercava già da un anno di farlo andar via da Medj., ha celebrato il funerale. E' stato un segno di pace e di comunione, a lungo sperate con pazienza ed ubbidienza da p. Slavko.
Fedele al digiuno e alla preghiera mattutina, (la sua ora di tranquillità), ha consumato le sue forze in un'attività su tutti i fronti: locale e internazionale, su scala dei cinque continenti. La sua successione sarà onerosa per l'attuale equipe parrocchiale, rinnovata con un nuovo parroco. Possa Slavko continuare dal cielo il raggio che fu suo sulla terra.

René Laurentin

(per Eco di Maria e Chrétiens Magazine)

 

 

 

Il racconto di chi c'era

Ecco alcune testimonianze che descrivono dal vivo le impressioni vissute dai presenti.

Una sorella della Comunità delle Beatitudini, che ha partecipato all'ultima Via Crucis di p. Slavko, così racconta: "Abbiamo pregato tutta la Via Crucis fermandoci ogni volta parecchi metri prima delle stazioni, perché, sin dall'inizio, abbiamo trovato un gruppo di pellegrini che ci precedeva; così p. Slavko, per non disturbarli, ci faceva arretrare tutti. Mi è piaciuto questo suo rispetto. Infatti, non ha concluso la Via Crucis sotto la croce come al solito, ma all'ultima stazione, quella di Gesù Risorto, sempre per lo stesso motivo. In seguito, dopo la benedizione finale, si è intrattenuto un attimo con i pellegrini e poi ha fatto un giro intorno alla croce raccogliendo, come faceva sempre, cartacce e bottiglie di plastica dimenticate, per tenere pulito il Krizevac".

Intorno poi alla sua salma, esposta durante tutto il venerdì e il sabato, abbiamo visto arrivare uomini e donne d'ogni età e nazionalità e soprattutto moltissimi giovani del posto. Parecchi dicono di essersi commossi alle parole pronunciate dall'attuale parroco, p. Ivan Seser, sulla tomba di p. Slavko, domenica pomeriggio. Una persona riferisce: "P. Ivan ha iniziato il suo discorso facendo un po’ la biografia di p. Slavko e allegando anche dei ricordi personali: come, ad esempio, lo vedeva andare a letto sempre tardi e alzarsi molto presto al mattino... Ma la cosa che più mi ha colpito è quando il parroco ha detto: hai lasciato molti progetti e sarà difficile realizzarli senza di te, ma ti prometto che in tutto continueremo". E' di questi giorni la notizia che p. Ljubo, un giovane francescano da qualche mese presente a fianco del nuovo parroco, ha ricevuto l'incarico che era di p. Slavko per i compiti in parrocchia. Preghiamo di cuore per sostenerlo in quest'apostolato.
Toccanti anche le parole di p.Ivan Landeka, il precedente parroco che meglio ha conosciuto p.Slavko: Ti abbiamo spesso detto che morirai su quei monti. E veramente sei morto "nel tuo ufficio". Il monte delle apparizioni e il Krizevac erano il tuo ufficio. Negli ultimi tempi hai ricevuto molte percosse che ti hanno ferito. Perdonaci se spesso non ti abbiamo capito. Sei sempre andato avanti a noi e, prima che capissimo di cosa si trattasse, tu eri già a metà strada. Avevi talenti che hai messo completamente a disposizione, hai utilizzato tutti i tuoi doni…

Un corteo innumerevole di gente ha poi salutato la tomba di questo francescano che ha speso la vita per fare amare Maria, Regina della Pace, e suo Figlio Gesù. P. Slvako era, con p. Jozo e p. Tomislav, uno degli apostoli, chiamati ad essere testimoni delle apparizioni fin dal loro inizio.

Nicola Bertani

 

La sua opera proseguirà

Come già accennato, p. Ljubo, un francescano residente a Medj., ha ricevuto l'incarico di sostituire p. Slavko nel suo servizio al Santuario. Inoltre egli si occuperà di commentare al messaggio mensile della Madonna, che generalmente viene diffuso in tutto il mondo. Lui stesso racconta i suoi sentimenti:

"Vorrei pregare prima di tutto la Madonna perché mi aiuti e perché apra i cuori di tutti coloro che ascolteranno, perché il suo messaggio possa portare la salute fisica e spirituale e la tanto desiderata pace dei cuori e pace nelle nostre famiglie, che ci manca tanto. Desidero pregare la Madonna perchè Lei ripari a tutto quello in cui io mancherò o sbaglierò a causa delle mie limitatezze.
La morte del nostro fratello Slavko è stata improvvisa ed inaspettata. E' dolorosa perché ha lasciato il vuoto in tante persone per le quali è stato un vero padre, servendo fedelmente la nostra Madre Celeste e i suoi inviti e consigli per tanti anni.
Sono cosciente che nessuno lo può sostituire perché era fedele, dedito e instancabile nell’amore verso la Madonna che amava tanto. Amando Lei, poteva e aveva forza di amare tanti che non hanno sperimentato né l’amore umano, nè l’amore divino. Nei suoi lavori, nelle confessioni, nelle predicazioni e negli incontri con le persone era proprio dedicato totalmente; sembra come se avesse finito la sua vita in un giorno, perché sempre era in movimento, non si poteva vedere che non facesse qualcosa.

Ricordiamo infine la riflessione di p. Slavko a Radio Maria il 25 luglio quando la Madonna ci disse: "Non dimenticate che qui sulla terra siete in cammino verso l’eternità e che la vostra dimora è in cielo".
Commentava p. Slavko: Maria ci invita a diventare e a rimanere sempre coscienti che noi sulla terra siamo pellegrini e che veniamo dall’amore di Dio. Dio ci ha voluti in questo tempo, in questo secolo, in questo paese, in questa famiglia, là dove siamo con i doni che ci ha dato, ma ci ha lasciato anche la libertà di fare poi la nostra scelta per la vita eterna. Per giungere a formare questa coscienza, la Madonna fissa due condizioni: "Figlioli, siate aperti all’amore di Dio e lasciate l’egoismo e il peccato".

(da: registrazione)

 

 

Il ricordo di sr. Emmanuel

È tra le lacrime, ma anche nella gioia che vi scrivo oggi, nella settimana in cui il nostro caro p. Slavko è tornato alla casa del Padre. Le circostanze della sua morte sono così belle e sorprendenti! Esse ci colmano di meraviglia per le vie del Signore su questo servo fedele che Egli ha trovato vigilante nella preghiera, nell'ora del ritorno del suo Padrone. Il nome Slavko viene dalla parola croata "slava" che significa gloria. C'è soltanto un pannello della Gloria sulla montagna del Krizevac, proprio al di sotto della grande croce sulla cima, ed è stato proprio lì che il Risorto è venuto a portare via il suo servo per un abbraccio eterno.
Subito dopo il suo decesso, le nuvole da cui prima era scesa la pioggia, si aprirono un poco lasciando intravedere il sole, che rifulse per un attimo proprio in quel punto della montagna. Il gruppo vide quindi apparire, nel pianoro, un arcobaleno che sembrava partire dalla chiesa di Medj.

Dopo il funerale un lungo corteo si è snodato lungo le vie di Medj. per accompagnare il feretro del suo sacerdote ed apostolo, per rendergli omaggio. Grazie ad un permesso speciale, p. Slavko ha potuto essere sepolto nel cimitero di Kovacica che si trova dietro la chiesa. A nome di tutti i veggenti, Jakov lo ha ringraziato di essere stato accanto a loro in tutti questi anni, nei momenti migliori come in quelli peggiori.
Lasciatemi condividere con voi una battuta di p. Slavko che descrive così bene la sua personalità, la sua determinazione ed anche il suo humour. Era il 1987. La mia amica Kate si apprestava a salire con lui le scale del presbiterio, quando egli si fermò un momento per ascoltare un gruppo di attempate signore americane che chiacchieravano in fondo alle scale. Egli aveva l'aria divertita e chiese a Kate se aveva sentito quello di cui stavano parlando quelle signore. "No, Padre, non vi ho posto attenzione", lei rispose.
-"Ebbene, ognuna di loro, stava spiegando alle altre come fare per risparmiare energie! Una fa il bucato in tal modo per risparmiare tanta e tanta forza, un'altra cucina così, un'altra ancora fa la spesa cosà ecc. Ognuna voleva descrivere il modo migliore in cui svolgere il proprio lavoro spendendo minori energie così da avere più tempo libero e più forze".

Poi aggiunse con aria birichina: "Mi chiedo proprio cosa faranno di tutta questa forza quando saranno nella tomba?! Sai, quando morirò potranno torcermi e spremermi quanto vorranno (e qui accompagnò il gesto alle parole!), e spero bene che nessuno potrà cavarmi fuori la minima goccia di forza!". Salì gli scalini a quattro a quattro poi, voltandosi, disse: "E tu?"
È una vera domanda per ognuno di noi! Padre Slavko ha lasciato questo mondo dopo aver donato tutto se stesso e questo è l'esempio che ci lascia.

(dal Diario di Suor Emmanuel)

 

Fra Slavko Barbaric è venuto a mancare il 24 novembre 2000 alle ore 15.30, a causa di un infarto dopo aver completato il rito della Via Crucis, che come ogni venerdì eseguiva insieme ai pellegrini ed ai parrocchiani.
P. Slavko è nato l’11 marzo 1946 a Dragicina. E'stato ordinato sacerdote il 19 dicembre 1971. Dopo cinque anni di attività pastorale nella provincia dell’Erzegovina, nella parrocchia di Capljina, nel 1982 aveva ottenuto il dottorato in pedagogia religiosa, conseguendo il titolo di psicoterapeuta. Dal 1982 fino al 1984 ha lavorato a Mostar come catechista degli studenti. Grazie alla sua opera fruttuosa con i giovani ed ai corsi di preghiera, accolti entusiasticamente dagli studenti, il regime comunista dell’epoca iniziò a perseguitare p. Slavko.
Grazie alla sua conoscenza delle principali lingue europee ed agli impegni nelle parrocchie in cui aveva operato, p. Slavko lavorò instancabilmente con i pellegrini a Medj., dove fu trasferito ufficialmente a Medj. nel 1983. Sin dall’inizio della sua attività a Medj., egli si è dedicato alla scrittura di libri di contenuto spirituale, che sono stati tradotti in venti lingue, con oltre 20 milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Ogni anno organizzava incontri speciali con i sacerdoti ed i giovani e, presso la casa di preghiera della provincia "Domus pacis", teneva seminari di digiuno e preghiera. In seguito alle enormi sofferenze del periodo della guerra, aveva fondato e guidava l’associazione di istruzione e formazione "Majcino selo", presso la quale vivono attualmente piu di 60 persone (orfani di guerra, bambini di famiglie separate, ragazze-madri, persone anziane sole e bambini malati). Se qualcuno sapeva amare i bambini, questi era proprio p. Slavko ed anche i bambini lo adoravano: gli stavano sempre intorno e lui sapeva sempre come fare per raccoglierli intorno a sé, proprio come Gesù! E’ difficile evidenziare qualcosa in particolare nella vita di questo uomo grande ed unico, ma se dovessimo farlo sarebbe sicuramente il periodo della sua vita trascorso a Medj. Fra Slavko Barbaric aveva girato tutto il mondo diffondendo il messaggio di pace e riconciliazione della Madonna. Egli era l’anima ed il cuore del movimento di pace nato a Medj. diciannove anni e mezzo fa.

 

 

* ALLA COMUNITA’ "CENACOLO": una casa per le ragazze

Alla presenza di un gran numero di giovani e ragazzi, dei loro genitori e degli amici di questa comunità, l’1 novembre 2000 è stata solennemente inaugurata e benedetta una casa per le ragazze tossicodipendenti nella parrocchia di Medj. Si tratta di una delle 60 case, la seconda nella parrocchia di Medj., le cui porte la comunità Cenacolo ha aperto ai giovani con problemi di tossicodipendenza.
Questa comunità basa l’uscita dall’inferno della droga e l’ingresso in una nuova vita sulla preghiera e sul lavoro e dunque non stupisce che un gran numero di ragazzi trovi la guarigione al suo interno. Ricordiamo che la comunità Cenacolo è stata fondata da suor Elvira Petrozzi nel 1983, alla ricerca di una via uscita dalla droga per numerosi tossicodipendenti. Le ragazze vengono accolte nella comunità dopo colloqui con i loro genitori e loro stesse, che hanno luogo presso l’Ufficio Parrocchiale a Medj., tutti i sabato alle ore 9.00. (Press Bulletin)

* Uno dei francescani della parrocchia, p. Philip Pavic, americano di origine croata, ha lasciato Medj. ed ha fatto ritorno negli Stati Uniti. Il suo ministero si rivolgeva soprattutto ai pellegrini di lingua inglese che giungono qui. Che il Signore benedica il suo nuovo incarico (nella provincia francescana di Chicago), con il sostegno delle nostre preghiere.

 

"Sento la gioia di esistere!"

Nel nuovo linguaggio non si usa più il termine handicappato, viene usata l'espressione "persona con disabilità". La persona disabile non è una macchina rotta da aggiustare ma una creatura da aiutare a vivere; tuttavia la sua vita è immensamente più importante della sua disabilità. Lo scoprire l'altra persona è sempre un entrare in un mondo nuovo anche perché la disabilità, in fondo, non è altro che un manifestare un'abilità in modo diverso.
La Chiesa chiama i disabili ad essere maestri: il Santo Padre ha confidato alle persone disabili: "Contiamo su di voi per insegnare al mondo intero che cos'è l'amore".
Per comprendere meglio, attingiamo dalle lettere di un uomo costretto all'immobilità fisica, che tuttavia non ha permesso che la malattia paralizzasse la sua voglia di vivere e il suo desiderio di "contagiare" la gioia.

"Ho 41 anni. Dicono che da piccolo fossi molto bello, ma ero già segnato da un male terribile che mi avrebbe portato all'immobilità più assoluta. Se fossi un tipo che ama lamentarsi, direi tutte le sofferenze patite, tutte le umiliazioni... Ma non vorrei rattristare nessuno, anzi, mi piace ridare la gioia che Dio mi ha messo dentro. Sarebbe ingiusto che la tenessi tutta per me!
Non amo la croce per la croce... ma quando c'è, bisogna farne un mezzo di salvezza, una fonte di misericordia e di perdono. E ciò è possibile solo se uniamo le nostre sofferenze a quelle di Gesù e se con lui trasformiamo la croce del dolore in croce dell'amore... Non sono un eroe, né un santo. Sono soltanto uno che si è messo nelle mani di Dio e si è lasciato guidare... La misericordia del Signore mi ha fatto sperimentare una cosa meravigliosa: più il mio corpo va giù, più il mio spirito sale e prende coscienza di quanto la vita sia gioia, sia dono. Insomma di quanto sia meravigliosa. Molti perdono tempo a cercar prove sull'esistenza di Dio e dell'anima, ma la vita non è una prova grande?
...Vorrei che fossi l'ultimo a soffrire. Ma purtroppo così non è. Però sono contento di "essere" perché niente mi impedisce di voler bene, di amare. E per questo benedico il buon Dio che mi ha fatto per l'amore... Come è generoso Gesù quando ti visita di Amore. Tutto ciò che si è sofferto per lui e con lui lo vedi trasformato in un canale, dove precipita giù un diluvio di gioia e di grazia. Si scopre allora quanto siamo minuscoli eppure come siamo amati!
La mia condizione materiale è tale che ogni gioia sembrerebbe bandita. Non ho davvero nessun motivo per essere contento, pressato come sono da tante necessità e sofferenze. Eppure sento la gioia di esistere, perché non sento solo di vivere ma di possedere la vita: il mio corpo vive; ma la mia anima possiede la Vita!
Quante volte mi hanno detto cercando di consolarmi: "Figliolo caro, che ci vuoi fare? Il tuo destino è stato questo. Ognuno nasce con il suo destino: tu hai avuto un brutto pianeta". Pensano di consolarmi, invece mi umiliano: mi tolgono anche la libertà, mi riducono a un burattino, vittima semmai di un burattinaio crudele che si diverte, o che ha decretato di farmi soffrire. Invece ogni uomo è chiamato alla sofferenza perché ogni uomo è chiamato all'amore. Anzi, è nella sofferenza che uno mostra se ama o no.
Tante volte mi chiedo il perché di tanto dolore e di tanto patire. Ma Gesù stesso non ha voluto chiarire questo mistero. Egli non è venuto per chiarire o spiegare il dolore, né per toglierci la sofferenza. Egli ci insegnato solo il modo di utilizzarla per farne un mezzo di salvezza e di conversione. Ed io credo che, più importante di capire, è amare. E' proprio in questo abbandono che la sofferenza si traduce in gioia, e questo sì che è il più grande di tutti i misteri.
Ma di questa sofferenza che vogliamo farne? Ne faremo un fardello pesante che amareggia il nostro cuore? Ne faremo un paraocchi che ci impedirà di vedere le sofferenze degli altri? Oppure diremo a Gesù: "Senti, Gesù, io ho qui un grosso mucchio di sofferenza. Sta ingombrando la mia anima e soffocando il mio cuore. Perché non lo prendi tu, perché non lo fai tuo? Se lo tengo per me, mi diventa un mucchio di immondizia, e a me non piace stare su un mucchio di immondizia. Se lo dono a te, se lo unisco alla tua sofferenza, allora so che non andrà perduto e la mia non sarà una sofferenza inutile, perché tu ne farai un mezzo di redenzione e di salvezza.
In se e per sé la mia sofferenza è buio e angoscia, tu ne farai luce e letizia; è prigionia, e tu ne farai libertà. Gesù una cosa ti chiedo: non permettere che il mio cuore si rinserri in se stesso e che io giri sempre attorno al mio dolore, come un cane alla catena che gira sempre attorno al gancio che la fissa al suolo. Sollevami, Gesù, sulle tue braccia, sollevami tanto in alto da vedere le sofferenze del mondo."

(Luigi Rocchi - Un uomo con il vizio della vita e della gioia )

 

 

"Purificazione della memoria" ...Ma cos'era l’inquisizione?

Uno degli aspetti più significativi del Giubileo è la purificazione della memoria per le colpe commesse in questi due millenni di storia.

Tra le sette invocazioni di perdono pronunciate durante la Celebrazione eucaristica della prima Domenica di Quaresima, presieduta dal Papa, il cardinale Ratzinger ha chiesto perdono perché in certe epoche della storia i cristiani hanno talvolta accondisceso a metodi di intolleranza e non hanno seguito il grande comandamento dell’amore, deturpando così il volto della Chiesa. In questi metodi non evangelici rientra l’esperienza lunga e complessa dell’Inquisizione, per la quale più volte Giovanni Paolo II ha manifestato il pentimento della Chiesa.
Spesso l’Inquisizione è accostata ad una serie di luoghi comuni che nell’immaginario collettivo diffondono l’idea di una struttura violenta, oppressiva, arbitraria.
Non è qui possibile riassumere sinteticamente la storia dell’Inquisizione (per chi volesse farlo rimandiamo agli Atti del Simposio internazionale di studio sull’Inquisizione celebrato in Vaticano il 29-31 ottobre 1998), ci proponiamo però di offrire alcuni spunti per una valutazione più corretta, alla luce delle ricerche storiografiche degli ultimi decenni che ridimensionano la lugubre immagine tramandataci.

L’Inquisizione abbraccia un periodo di circa sei secoli, dal suo sorgere nei secoli XII-XIII alla sua scomparsa verso gli inizi dell’Ottocento. Essa si configura come una struttura ecclesiastica che in collaborazione con lo Stato agiva per la difesa della fede e l’eliminazione dell’eresia. Era considerata eresia un errore volontario e pertinace contro la fede cattolica professato da un cristiano. Col tempo però furono perseguiti anche quei comportamenti morali considerati illeciti: apostasia, bestemmia, magia, bigamia, infrazione dell’obbligo di astenersi dalle carni, omosessualità.
Un discorso a parte meriterebbe il problema dei conversos (ebrei) e dei moriscos (mussulmani), che per interesse o per costrizione, dicevano di essersi convertiti al cristianesimo ma continuavano a praticare i loro riti religiosi. Verso di loro l’Inquisizione spagnola agì con particolare durezza, entrando persino in conflitto con Roma che interveniva per moderarne gli eccessi.

Gli inquisitori - spesso frati francescani o domenicani - agivano come delegati della Santa Sede e nell’esercizio delle loro mansioni non dipendevano da nessuna autorità civile o religiosa: questo per evitare condizionamenti di vario genere. Tuttavia ben presto i sovrani vollero affermare il loro potere sull’Inquisizione, tanto che talvolta essa divenne anche uno strumento politico per eliminare gli avversari.
Se al termine di una serie di interrogatori una persona denunciata come eretica era riconosciuta colpevole, poteva ritrattare i suoi errori subendo così una condanna al carcere (che poteva essere secondo la gravità stretto, cioè duro, o largo, cioè più mite). Talvolta i condannati ottenevano la libertà provvisoria, ma dovevano portare sui vestiti una striscia di stoffa gialla o rossa come segno distintivo. Altre volte invece la pena consisteva nella fustigazione, in pellegrinaggi o nella partecipazione a qualche cerimonia religiosa.
Se invece un imputato riconosciuto colpevole si rifiutava, anche sotto tortura, di confessare la propria colpevolezza e ritrattare i suoi errori, l’inquisitore lo "abbandonava" (formalmente non lo consegnava, ma semplicemente lo "abbandonava") all’autorità civile, il che significava pene molto severe sino alla condanna al rogo.
La caratteristica delle pene era che si voleva salvare l’anima del condannato attraverso la penitenza e la sofferenza: la stessa morte al rogo era considerata una forma di purificazione dell’anima per salvarla dalla dannazione eterna.

Contrariamente a quanto solitamente si dice, solo una piccola parte di processi si concluse con la condanna a morte (meno del 2%) e in genere l’Inquisizione cercava di conciliare la giustizia con la misericordia attraverso un'interpretazione benigna della legge. Era preferibile incappare nelle mani della giustizia ecclesiastica piuttosto che cadere nelle mani dello Stato, poiché in confronto agli altri tipi di processo civile, il procedimento inquisitorio offriva all’imputato molte più garanzie e si teneva conto delle condizioni mentali, psicologiche, fisiche e materiali degli imputati. Il sistema giudiziario si presentava più evoluto di certe forme di intolleranza oggi presenti in alcuni paesi.
Nell’incertezza riguardo alla colpevolezza di un imputato, si preferiva solitamente lasciare impunito il colpevole che non rischiare di condannare un innocente. Purtroppo però non mancarono gli abusi che, tuttavia, in un periodo di seicento anni costituirono l’eccezione e non la regola.
Per una corretta valutazione del fenomeno occorre inquadrare l’Inquisizione nel suo tempo, inserendoci nella mentalità di una società profondamente diversa dall’attuale dove non esistevano il diritto alla libertà religiosa, il principio di tolleranza e la libertà di pensiero: soltanto la verità aveva diritto di esistere, e la verità, nell’Europa cattolica, era quella insegnata dalla Chiesa. Non c’era poi la moderna distinzione tra Stato e Chiesa, perciò il dissenso religioso era automaticamente considerato anche dissenso civile, un attentato all’intera società, un crimine che lo Stato doveva perseguire.
Tutta la cristianità fu coinvolta nell’intolleranza religiosa: sia gli stati cattolici (specialmente Spagna, Portogallo con le loro colonie e Italia) e sia quelli protestanti, che ebbero la loro forma di "Inquisizione". Tuttavia la polemica anticattolica degli illuministi del XVIII secolo prese particolarmente di mira l’Inquisizione spagnola, trasformandola in una leggenda nera, un mito che ancora resiste nonostante il ridimensionamento degli studi più obiettivi. Anche i protestanti si servirono della leggenda nera nelle polemiche confessionali; questo contribuì a distogliere l’attenzione da un altro più reale e drammatico genocidio che li vide tristemente protagonisti: quello contro i pellerossa del Nord America.
Il ricorso alla violenza (compresa la pena di morte) per difendere la purezza della fede e l’ordine sociale era un concetto generalmente accettato, che trovava i suoi riferimenti tanto nella Bibbia che nei Padri della Chiesa nonché in alcuni più illustri teologi come san Tommaso d’Aquino. Gli stessi inquisitori agivano in buona fede, per la gloria di Dio e per la salvezza delle anime: solamente pochi, anche tra i santi, riuscirono a sottrarsi ai condizionamenti culturali di un epoca violenta che aveva canoni di moralità per noi distanti.
Oggi si riconosce che la principale colpa dell’Inquisizione fu di aver voluto con la forza imporre la fede, che per essere tale deve necessariamente essere libera: Gesù nel suo insegnamento non ha mai obbligato nessuno alla sua sequela, egli ha subìto la violenza ma non l’ha mai praticata né predicata.

Ma per arrivare alla maturità della fede, alla piena comprensione del mistero rivelato da Cristo, all’affermazione della libertà di coscienza e alle attuali conquiste sulla dignità dell’uomo, anche la Chiesa - pur nella sua santità - ha dovuto percorrere un cammino lungo e faticoso in cui non sono mancati i peccati, gli errori, le ombre e gli squilibri che spesso caratterizzano anche il cammino di ogni singolo uomo nella sua travagliata ricerca della Verità. Riflettere sulla nostra storia aiuterà tutti - uomini ed istituzioni - ad essere più tolleranti e a confidare nell’infinita misericordia di Dio al quale chiediamo di perdonarci con la stessa misura con cui noi siamo disposti a perdonare.

Mirco Trabuio

  

 

La "Donna" combatte il "dragone"

(cont.)

La Madonna non sottovaluta affatto il potere di Satana, come sembrano fare con tragica leggerezza anche molti spiriti di buona volontà all’interno della Chiesa, ma, con salutare realismo, ne mette decisamente a nudo le trame occulte e le perverse intenzioni: "Cari figli! Oggi come mai prima vi invito alla preghiera... Satana è forte e desidera distruggere non solo la vita umana, ma anche la natura e il pianeta su cui vivete. Perciò, cari figli , pregate per poter essere protetti attraverso la preghiera con la benedizione della pace di Dio. Dio mi ha mandato tra voi per aiutarvi. Se volete, afferrate il Rosario, già solo il Rosario può fare miracoli nella vostra vita" (Mess. 25.01.1991).
La Regina della Pace tuttavia non si limita semplicemente a denunciare la nefasta azione di Satana sulle anime, ma assai concretamente indica le armi spirituali più efficaci per sconfiggerlo. Anzitutto invita i suoi figli alla preghiera: "Vi invito ad impegnare il combattimento contro Satana attraverso la preghiera. Conoscete già le sue trame, ed egli intensificherà la sua azione" (Mess. 08.08.1985). "Solo con la preghiera vincerete l’influsso di Satana, dovunque siate"(Mess. 07.08.1986). A questo proposito la Madonna sottolinea il valore di una partecipazione più attiva all’Eucarestia: "Vi invito ad una preghiera più attiva, soprattutto durante la Santa Messa. Desidero che la Santa Messa sia per voi un’esperienza di Dio" (Mess. 16.05.1985). In più occasioni ribadisce con sicurezza che la preghiera intensa e perseverante mette in fuga l’avversario: "…Pregate incessantemente. Pregate di più. Così Satana verrà allontanato da qui" (05.09.1985).

La Madonna indica in particolare nella preghiera del Rosario un mezzo potente per piegare la testa orgogliosa del Nemico: "Cari figli! Oggi vi invito ad entrare in lotta contro Satana per mezzo della preghiera….Cari figli rivestitevi dell’armatura contro Satana e vincetelo con il Rosario in mano (Mess. 08.08.1985)…"Se pregate Satana non può intralciarvi minimamente, perché voi siete figli di Dio e Lui tiene il Suo sguardo su di voi. Pregate la corona del Rosario sia sempre nelle vostre mani come segno per Satana che appartenete a Me" (Mess. 25.02.1988).
Maria, sospinta da autentico fuoco d’amore per le anime, esorta anche a rinnovare l’uso, in spirito di fede, dei sacramentali della Chiesa, che, per effetto della grazia che s’irradia dal mistero pasquale di Cristo, realizzano un’efficace protezione contro lo spirito del male: "Vi supplico mettete più oggetti benedetti nelle vostre case. Ognuno abbia addosso un oggetto benedetto. Così Satana vi tenterà di meno, perché avete un’armatura contro di lui" (Mess.18.07.1985).

La Madonna afferma ripetutamente che l’obbiettivo centrale dell’attività di Satana a Medj. è di contrastare con ogni mezzo il grande piano di grazia per il mondo, che in questo tempo Dio vuole realizzare per mezzo di Maria: "Io sono con voi anche in questi giorni inquieti, nei quali Satana vuole distruggere tutto quello che io e mio Figlio stiamo costruendo…. Satana vuole distruggere tutto quello che è santo in voi e attorno a voi. Perciò figlioli pregate, pregate, pregate… (Mess. 25.09.1992). "…in questi giorni Satana cerca di ostacolare i miei progetti" (Mess. 12.07.1984). "Cari figli! Pregate perché Satana persiste nel voler mandare a monte i miei progetti. Pregate con il cuore e, nella preghiera offrite voi stessi a Gesù" (Mess. 11.08.1984).

La Madonna perciò esorta i suoi figli a farsi strumenti attivi nella lotta contro l’avversario, a passare risolutamente all’offensiva contro le opere del maligno, utilizzando le armi di luce che lei mette nelle loro mani e nei loro cuori: la preghiera profonda, il digiuno e il sacrificio: "…Satana è forte e vuol disturbare i miei progetti di pace e di gioia e farvi pensare che mio Figlio non sia forte in ciò che ha deciso. Perciò vi invito, cari figli, a pregare e a digiunare ancor più intensamente…" (Mess. 25.08.1991).

Ma l’arma spirituale veramente risolutiva, capace di stroncare alla radice ogni azione satanica, è tuttavia l’amore, quell’ "amore divino…che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo della Spirito Santo" (Rm.5,5): "…L’amore sia l’unico vostro mezzo. Con l’amore convertirete in bene tutto ciò che Satana cerca di distruggere e di cui vuole appropriarsi. Solo così sarete completamente miei e io potrò aiutarvi.." (Mess. 31.07.1986).

Di fronte alla inaudita violenza satanica che in questo tempo si avventa rabbiosamente sul mondo, la Madonna non esita, in piena consonanza con il Vangelo, a chiedere ai suoi figli la testimonianza più alta e perfetta dell’amore: l’offerta della vita a Dio, per la salvezza dei fratelli, "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come Io vi ho amato. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici." (Gv 15,12-14). Questo è l’apice della chiamata di Maria, a Fatima e a Medj. ed è anche il sigillo della definitiva vittoria del suo Cuore Immacolato su ogni potenza di tenebra presente nel mondo: "…Cari figli Satana è forte e per questo chiedo le vostre preghiere e che me le offriate per quelli che stanno sotto il suo influsso, perché si salvino. Testimoniate con la vostra vita. Sacrificate le vostre vite per la salvezza del mondo…" (Mess. 25.02.1988).
Questo è il cammino regale che Maria ha percorso vittoriosamente sino ai piedi della Croce, la fonte viva da cui fluiscono incessantemente fiumi di grazia e di luce, capaci di raggiungere il cuore di tutti gli uomini, di ridonare vita e speranza a immense moltitudini di nostri fratelli, che pur gemendo sotto il giogo del peccato, sono affamati dell’amore di Dio e bruciano della sete di quell’acqua viva che sgorga incessantemente dal costato aperto di Cristo, oggi offerta senza misura al mondo attraverso il Cuore Immacolato della più tenera delle madri.

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    Anche il demonio organizza la sua "chiesa"

    Le riflessioni sull'azione di Satana nella nostra vita, non possono non gettare uno sguardo su quella realtà "organizzata" attraverso la quale il demonio agisce per diffondere nel mondo il suo piano di morte: le sette sataniche. A questo proposito continuiamo a pubblicare alcuni stralci di un'intervista rilasciata da don G. Amorth alla rivista "30 GIORNI" (n. 7/8 2000 - vd. Eco 154).
    "Quello che so sulle sette sataniche mi viene detto dalle persone che con enorme fatica e con grave rischio personale decidono di uscirne. Ne escono sempre estremamente segnate, con influenze diaboliche che provocano loro grandi sofferenze, ed hanno bisogno di esorcismi per esserne liberate. Chi decide di uscire dalle sette sataniche vive in uno stato di grande terrore. In America viene ucciso, in Italia ancora no. Ma le sette sataniche fanno malefici, cioè compiono riti satanici contro le persone che le abbandonano.

    D. Lei ha l'impressione che le sette sataniche si stiano diffondendo molto in Italia?

    R. In Italia ritengo che siano sei-settecento. Si tratta sempre di gruppi molto piccoli, perché così si possono riunire con maggior facilità e sono difficili da individuare. Sono solo quattro le grandi sette sataniche in Italia, le altre sono formate da una decina di persone ciascuna.
    Ma in Italia c'è una grande diffusione del satanismo che va oltre le sette. E coinvolge un grandissimo numero di persone. Basti pensare al rock satanico. Non accuso assolutamente - sarebbe ridicolo - la musica rock. Ma c'è una sua forma, appunto il cosiddetto rock satanico, che predica il nichilismo più assoluto, combatte la religione cattolica e qualsiasi ordine sociale. Insegna che tutto è permesso e che l'individuo è dio. Esso porta a odiare la Chiesa.
    Ci sono tuttavia molte altre forme di diffusione del satanismo. Recentemente ho visto un libretto posseduto da una ragazzina in cui si insegna sia la consacrazione a Satana sia tutti i modi per suicidarsi. E i suicidi tra gli adolescenti sono sempre più diffusi. Del resto, Dio è il Dio della vita, Satana è il Signore della morte. Sant'Agostino diceva che se Dio non lo bloccasse il demonio ci ucciderebbe tutti.

    D. Perché proprio in questo periodo si diffonde così tanto il satanismo?

    R. Perché non esiste più un motivo per vivere. I giovani ricevono dai genitori tutto, tranne la fede. Quando scompare la fede dalla vita di un popolo, ci sai abbandona alla superstizione e, oggi, soprattutto all'occultismo.

    D. Molti hanno l'immagine delle sette sataniche come un gioco...

    R. Purtroppo è vero. E infatti molti ci entrano per vincere la noia. Occultismo e satanismo hanno sempre destato grande curiosità. Avere esperienze ed emozioni nuove, imparare cose nuove affascina: chi entra in sette sataniche ha l'attrattiva di acquistare poteri che altri non hanno. E Satana li dà davvero i suoi doni: ricchezza, piacere e successi. Sono le stesse tentazioni subite da Cristo: "Ti do tutto il mondo se prostrato mi adorerai". E sapesse quanti si inginocchiano, al giorno d'oggi, di fronte a Satana!

    D. Siamo di fronte a una pericolosa esclation del satanismo?

    R. Credo proprio di sì. C'è colui che leggendo queste cose ne inorridisce, ma anche chi ne trae esempio da imitare. E oggi il satanismo viene sempre più reclamizzato. Del resto, le sette sataniche, si diffondono anche per mezzo di internet. E' sufficiente mettere in ricerca "Satana" o "sette sataniche" e si riceve un'istruzione completa, anche sulla maniera di prendere contatto con loro. Non a caso stanno aumentando i furti di ostie consacrate che voi vengono messe in vendita... Bisogna dire che i satanisti credono davvero alla presenza reale di Gesù nell'eucaristia. Più di tanti cattolici."

    (don G. Amorth - da intervista)

     

    I LETTORI SCRIVONO

    Fratel Piero dall'Uganda - "Carissimo Eco..." Pace e bene secondo i tuoi desideri... Grazie perché arrivi sempre puntuale, ti leggo subito! Grazie anche per il tuo prezioso servizio che fai a tanti fratelli e sorelle. Sono un missionario comboniano con 67 "primavere" sulle spalle, 40 delle quali passate e vissute magnificamente in Africa del sud, nel Sudan e in Uganda. MI voglio unire alla preghiera di milioni di fedeli per intercedere presso Maria per la pace nel mondo, che purtroppo non c'è. In particolar modo per l'Africa e più ancora per la mia martoriata Uganda. Solo un mese fa è avvenuto il martirio del comboniano p. Raffaele di Bari: sparato, derubato e bruciato. Maria, Regina della Pace, interceda per tutti presso il buon Padre eterno. Un caro saluto e un incoraggiamento per tutti voi. Il vostro lavoro sia ricco di tanto bene per il regno di Dio già presente in mezzo a voi, e ricco anche di meriti per noi tutti lassù in Paradiso.

    Suor Franca dell'Albania - Carissimi amici dell'Eco, prima di tutto vi ringrazio di cuore per l'assiduità con la quale mi inviate Eco. Quando arriva per me è una festa, perché con le notizie mi allieta il cuore e mi aiuta nel mio apostolato, specialmente in questa terra dove il popolo fa tanta fatica a credere. Sento molto il vostro sforzo che fate per mantenere la rivista e non vi dimentico nella preghiera perché la Madonna vi protegga e vi dia sempre i mezzi per andare avanti.

    Un sacerdote dalla Colombia - Grazie di cuor per il regolare invio dell'Eco in lingua spagnola. Mi è molto utile, non solo a me ma a tutte le persone che vengono alla S. Messa che celebro e alle quali leggo con profitto la rivista.

    Maria di Torino (I) - Innanzitutto: Grazie... per la grande gioia che date a tutti noi con l'inviarci Eco. E' una fonte di Grazia questo Eco! Solo il Signore conosce le vostre fatiche ma "rallegratevi dice il Signore, i vostri nomi sono scritti nel cielo". La vostra perseveranza porta nelle nostre case tanta luce, gioia e, di conseguenza, più pace. Grazie di tutto!

    Le missionarie francescane dell'Eucaristia da Los Angeles (USA) - Mille grazie per la rivista. La attendiamo sempre con trepidazione. Dio la benedica e la sostenga, e doni entusiasmo al vostro lavoro di far conoscere e amare la sua Madre Purissima.

    Rosina dall'Ohio (USA) - Vi scrivo per ringraziarvi per le copie di Eco che leggo tanto volentieri. negli articoli trovo nutrimento per il mio spirito.

     


     

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