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Medjugorje e la Nuova Evangelizzazione

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La Nuova evangelizzazione e Medjugorje

Le prime comunità cristiane avevano una straordinaria consapevolezza della propria missione. Verso la fine del vangelo più antico, quello di Marco, il Risorto parla ai discepoli: "Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura!" (Marco 16,15). Dopo aver molto brevemente riferito dell'ascesa di Gesù al cielo, l'evangelista constata: "Essi poi se ne andarono a predicare dappertutto, mentre il Signore operava con loro e confermava la parola con i segni che li accompagnavano" (16,20). Questa sicuramente non è solo la conferma del fatto che i discepoli avessero compiuto la volontà di Gesù, ma soprattutto un nuovo stimolo ai lettori del Vangelo a farlo sempre. Anche Matteo conclude il suo vangelo con questa raccomandazione, sebbene nello spirito della concezione teologica egli l'abbia in qualche modo modificata: "Andate e fate che tutti i popoli mi seguano!" Poiché questa è una missione illimitata per tutti i tempi, della quale i discepoli non devono aver paura, aggiunge un'ulteriore promessa: "Io sarò con voi in ogni momento fino alla fine del mondo" (Matteo 28,19). Luca alla luce della sua visione storica di salvezza interpreta questo comandamento come un adempimento delle scritture che deve verificarsi a partire da Gerusalemme. Poiché, secondo la sua visione teologica, lo Spirito Santo è il principale portatore di ogni evento, i discepoli devono rimanere a Gerusalmemme fino a quando non arriverà ed essi ne saranno testimoni (cfr. Luca 24,45-49). L'opera apostolica inizia col ricordo di quella promessa (At 1,4 e seg.) e con la narrazione del suo adempimento nel cinquantesimo giorno quando la Lieta novella riecheggiò non solo a Gerusalemme ma anche tra i rappresentanti della quindicina di popoli che si trovavano a Gerusalemme (At 2,1-13).

Luca completa la sua grande opera, che possiamo definire storica per la prima Chiesa, con la esultante dichiarazione del trionfo del Vangelo a Roma, nonostante la prigionia di Paolo: "Rimase due anni interi in un ambiente preso a pigione e riceveva tutti quelli che andavano a visitarlo, annunciando il Regno di Dio e spiegando l'insegnamento del Signore Gesù Cristo con piena libertà e senza ostacoli" (At 28,30). Questa conclusione viene volontariamente lasciata aperta per poter essere una prospettiva duratura del Vangelo. Ma bisogna anche dire che questa venuta tanto rapida e di successo del Vangelo nell'enorme impero romano e l'arrivo nel suo centro, Roma, sicuramente non avvennero senza resistenze e grandi difficoltà. I cristiani giudei ebbero difficoltà nel riconciliarsi con l'evangelizzazione della Samaria (cfr. At 8; Gv 4) e con la perseveranza di Paolo nel comunicare il vangelo ai pagani senza interferire con quanto prescritto dalle Leggi (cfr. Gal. 1-2). In queste condizioni, come se l'opera promessa dello Spirito Santo non fosse stata sufficiente, Dio si è servito anche di interventi eccezionali, come la visione di Pietro nella casa di Cornelio (At 10), ma anche di sforzi esclusivamente umani come lo scontro tra Paolo e Pietro ad Antiochia, nel caso di una questione molto importante del rapporto tra il Vangelo e la legge di Mosé, che per la Chiesa aveva un significato di straordinaria portata (Gal. 2, 11-14) o attraverso l'incontro e le conclusioni del concilio apostolico a Gerusalemme (At 15).

Attraverso la lunga storia della Chiesa Dio ha sempre agito allo stesso modo. Tutte le volte che la Chiesa si è indebolita o si è trovata dinanzi a problemi di difficile soluzione, Dio ha inviato persone speciali o si è servito di imprese eccezionali, nella maggior parte dei casi di apparizioni della Vergine, tra le quali bisogna annoverare anche quelle di Medjugorje. L'intenzione di Papa Giovanni XXIII con la convocazione del Concilio Vaticano II era quella di trovare un modo adeguato grazie al quale l'uomo moderno potesse annunciare il Vangelo. I padri del concilio hanno analizzato minuziosamente la situazione del mondo odierno, i suoi bisogni e le sue speranze, ma anche le angosce e le paure dinanzi al futuro, mettendo in evidenza come il poderoso progresso in tutti i campi non sia riuscito a risolvere le principali questioni dell'uomo relative alla sua vera felicità ed al futuro e la nostra epoca ha prospettive sia belle che brutte. Secondo il Concilio le cause principali di tutto questo vanno ricercate nella divisione del cuore umano e nel suo bisogno insaziabile di Dio che la Chiesa intende appagare (cfr. GS n. 4-10). Non si può dire che la Chiesa di tutto il mondo dopo il Concilio non abbia dato un grande impulso all'attuazione delle conclusioni raggiunte, ma veri frutti non ce ne sono stati. Mentre alcuni dicono che non bisogna perdere la pazienza, ricordando che anche altri concili avevano avuto bisogno di molto tempo affinchè si vedessero i loro frutti, vi sono animi critici i quali sembra che puntino il dito sul punto giusto. Essi sottolineano che la Chiesa in questo poderoso rinnovamento conciliare non abbia tenuto conto dello Spirito Santo e non gli abbia dato la possibilità, raccolta in preghiera come la comunità iniziale dei discepoli di Gesù con Maria, di rinnovare la Chiesa e di donare la speranza al mondo. Papa Paolo VI ha riassunto tutto questo al meglio in una delle sue esortazioni: "Dopo la cristologia ed in particolar modo dopo l'ecclesiologia del Concilio devono giungere una nuova fase ed un nuovo culto dello Spirito Santo quale indispensabile completamento dell'insegnamento del Concilio" (Udienza generale del 6-7-1973). Yves Congar, uno dei principali teologi di questo secolo, rimprovera il Concilio il quale, sviluppando il proprio insegnamento, ha dimenticato la pneumatologia, ovvero l'insegnamento riguardante lo Spirito Santo, spiegando immediatamente come questo sia possibile solo quando e là dove lo Spirito operi già: "La pneumatologia quale teologia e dimensione dell'ecclesiologia può svilupparsi solo grazie a quello che la Chiesa già realizza e vive." Proprio in questo campo la teologia dipende fortemente dalla prassi" Così è stato dagli inizi della Chiesa. La liturgia con la celebrazione dell'Eucarestia e l'annuncio della parola di Dio è stata il locus theologicus, il luogo in cui si è realizzata la teologia del Nuovo Testamento. Oserei dire che Medjugorje abbia dato un forte impulso all'attuale teologia pastorale perchè superi lo sterile razionalismo e lasci più posto all'opera dello Spirito Santo.

La nuova evangelizzazione annunciata ed elaborata già da una quindicina di anni in numerosi documenti papali si è realizzata a Medjugorje per tutto questo tempo. Qui il Vangelo viene annunciato con tutta la serietà che ciò richiede da chi lo annuncia e poichè milioni di ascoltatori lo hanno vissuto come la Lieta Novella su Dio che ama e perdona, in esso hanno scoperto un tesoro sepolto ed hanno trovato una perla di gran valore per pagare la quale si sacrifica ogni altra cosa (cfr. Matteo 13, 44-46). Se si prendono i punti principali che emergono dal programma della Nuova Evangelizzazione, essi coincidono evidentemente con i messaggi di Medjugorje. Metteremo a raffronto solo i più importanti.

La lettera apostolica di Papa Paolo VI Evangelii Nuntiandi (8 dicembre 1975) mette in evidenza, quale principale e decisivo cammino della Nuova evangelizzazione, la testimonianza di una vera vita cristiana, il che presuppone un uomo nuovo, possibile solo in seguito alla conversione ed alla trasformazione interiore nello spirito del Vangelo. Sullo stesso piano è anche la lettera apostolica di Papa Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae (16 ottobre 1979), come pure il sinodo Episcopale straordinario del 1985. La stessa cosa viene espressa anche dai documenti conclusivi del sinodo eccezionale per l'Europa (1991) dal significativo titolo: "Siamo testimoni di Cristo che ci ha liberati". Oggi non è più sufficiente solo predicare il Vangelo, ma sono necessari dei testimoni autentici, poichè la Chiesa ha in gran parte perso la sua credibilità nei confronti dell'uomo contemporaneo. Uno dei vescovi, al quale sta a cuore il futuro della cristianità nel suo paese ed il destino della nuova evangelizzazione, mette in guardia: "Quello che la Chiesa ha da dire può sicuramente essere corretto, ma ciò non rende l'uomo felice e libero". In altre parole, il Vangelo ha perso la sua forza persuasiva perchè quanti lo annunciano non sono sufficientemente felici e liberi, non sono testimoni. La sovracitata lettera apostolica dice che questa testimonianza di vita cristiana deve essere caratterizzata dal "donarsi a Dio nella comunità, che non deve per alcun motivo essere eliminata, ed al tempo stesso donarsi al prossimo in un impegno illimitato" (Evangelii Nuntiandi, n. 41). Ciò altro non è che il ricordo del duplice comandamento dell'amore di Cristo nelle condizioni del mondo di oggi, che a Medjugorje è in modo evidente all'opera. La spiritualità di Medjugorje ha sin dall'inizio messo in evidenza un tratto caritativo, essa rende gli uomini sensibili di fronte ai bisogni del fratello e tutto questo si è manifestato nei meravigliosi esempi di generosità nel momento della recente guerra in Croazia e Bosnia ed Erzegovina.

 


 

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